Dottor Disney e Mister Hyde. Il crimine nelle favole di Marta Senesi, Danila Pescina e Monica Calderaro

La Sirenetta? Un’accumulatrice seriale. Belle? Soffriva della sindrome di Stoccolma nei confronti della Bestia che la teneva prigioniera. Biancaneve è una favola di narcisismo patologico (la regina cattiva) e necrofilia (il principe azzurro). Mulan pativa una disforia di genere, e Alice nel Paese delle Meraviglie è un vero e proprio campionario di psicopatologie: dalle allucinazioni visive ai disturbi dissociativi. Il lato oscuro delle favole cercatelo in un saggio unico nel suo genere.

Si intitola “Dottor Disney e Mister Hyde. Il crimine nelle favole” (Armando Editore, 2017) e rivela tutto quello che avremmo voluto sapere sul genio cattivello di Walt Disney e non avevamo mai osato chiedere. Cioè quanto di autobiografico, di crudelmente autobiografico, alligna dietro il mondo confetto delle principesse, e gli occhioni dolci-lacrimevoli di Bambi e Co. La caccia al perturbante dietro la patina (finto)soap dei cartoons disneyani, comincia sin dall’incipit di questo studio monografico curato da tre esperte del settore psico-criminologico: Marta Senesi, Danila Pescina e Monica Calderaro:

“Lo schermo si colora di un celeste cielo, e comincia a delinearsi un castello sotto la cui bianca aurea si staglia la sigla “Walt Disney Pictures”, un semiarco corona il tutto e le porte della fantasia sono pronte a schiudersi per gli spettatori (…) Ma cosa ci aspetta dietro quel castello? Affascinanti incantesimi e scintille di magia? Senz’altro. Principesse da salvare e principi azzurri da sognare? Assolutamente si. Animali parlanti e un’isola che non c’è? Tutto questo e molto di più. Se guardassimo, però, quel castello da una prospettiva diversa, e se spostassimo l’attenzione dal vestito prezioso della protagonista, a ciò che motiva in profondità le sue scelte e alle dinamiche che la circondano, potremmo notare delle sfumature oscure, celate da sfavillanti gioielli e innaturali tramonti” (p. 13)

Forte del suo focus originale, il lavoro si presenta come accurato e di piacevole lettura: sbagliato credere, inoltre, che il crimine afferisca soltanto ai “classici” dell’animazione disneyana. La differenza con i moderni cartoni Disney Pictures si limita infatti al contesto patogeno, estraneo a quello familiare privilegiato dalla “tradizione” da che Cenerentola e Biancaneve sono state Cenerentola e Biancaneve. Decidete voi se tirare o meno un sospiro di sollievo.

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