Eremita a Parigi
- Autore: Italo Calvino
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2023
Conoscevamo Italo Calvino come grande scrittore e raffinato saggista, ma sapevamo anche che custodiva gelosamente la sua vita privata e infatti è solo nel 1994 che il pubblico conosce postume queste pagine autobiografiche.
Eppure questo libro, Eremita a Parigi, serve per capire molto di più dello scrittore, anche se il periodo parigino sembra abbia influito solo a livello inconscio sul suo stile e sulle sue opere, ma bisogna anche tener presente che questo suo eremitaggio incessante, questo suo andirivieni continuo tra l’Italia e la Francia sia rimasto sottotraccia nella costituzione del suo immaginario.
In quest’opera sono raccolti da Esther Calvino dodici scritti, che fanno ulteriore chiarezza su Calvino e servono sicuramente da approfondimento. È per così dire un libro che spiega molto su Italo Calvino, che ci dice cose che non sapevamo, che ci svela degli arcani, che è addirittura propedeutico ai saggi e ai romanzi successivi. Certamente c’è uno stretto legame tra biografia, autore, opera senza per questo ricondursi necessariamente alla critica biografica di matrice psicoanalitica. Già nell’introduzione Calvino accenna a come sia singolare la sua condizione esistenziale di torinese d’adozione, dato che sono in pochi, mentre molti sono i "milanesi d’adozione". Quest’opera comunque inizia con le risposte dello scrittore a un questionario di Vicari per “Il Caffè”.
Sempre all’insegna della biografia il libro finisce con un’intervista rilasciata a Maria Corti. Quindi abbiamo il diario americano: i suoi incontri con i poeti della beat generation, con l’editoria statunitense, con le studentesse del college; abbiamo l’incontro con James Purdy, la visita a Wall Street, la conoscenza di Ferlinghetti, le osservazioni brevi sulle auto, sul Village, sugli ebrei, sull’alcol, sulle auto, sulle borse di studio agli scrittori. Calvino chiede anche spiegazioni in giro sul mistero di Salinger, che dopo il successo strepitoso de Il giovane Holden non si fa vedere e non scrive più, cercando di capire se dietro la crisi creativa ci sia una nevrosi.
Molto probabilmente Calvino non subiva solo la fascinazione della splendida città parigina, che non gli incuteva timore reverenziale ma che lo arricchiva intellettualmente, ma forse a Parigi più che in Italia poteva muoversi indisturbato, godere dell’anonimato, fare insomma un eremitaggio proficuo a livello spirituale e culturale, perché essere per un certo periodo di tempo a tutti gli effetti uno straniero causava solitudine e quindi raccoglimento interiore, opportuni per scrivere, ma anche sradicamento e quindi la sensazione permanente di essere cittadino del mondo.
Forse essere a Parigi significava essere al centro dell’Europa in una città molto più cosmopolita e aperta delle metropoli italiane e allo stesso tempo sentirsi al centro del suo mondo interiore. Probabilmente è per queste ragioni che ritornava sempre a Parigi, che considerava la città della sua maturità. Però queste per quanto possano essere ritenute fondate e probabili sono solo supposizioni, che però nascono spontanee dalla lettura di questo libro.
Certamente è arduo stabilire quanto queste corrispondenze tra il suo animo e Parigi, quanto questo lavorio mentale abbia influenzato il lavoro dello scrittore. Probabilmente bisognerebbe essere studiosi di psicogeografia per capire quanto quelle strade, quegli spazi urbani, quegli ambienti siano diventati narrazione con il problema annesso e connesso che pochissime pagine calviniane trattano di Parigi, da cui però scaturisce in modo segreto parte della creatività di Calvino.
Potremo pensare a onor del vero che gli stimoli parigini vengano filtrati, mediati, reinterpretati, rielaborati, sublimati e trasformati in tutt’altro. Però bisogna anche ricordarsi che a livello pratico la frequentazione dell’Oulipo (invitato da Queneau), abbia influito in modo determinante nel considerare la scrittura un’arte combinatoria e quindi nella stesura di capolavori come Il castello dei destini incrociati, Le città invisibili, Se una notte d’inverno un viaggiatore.
Per Calvino Parigi è “un’opera di consultazione”, un’enciclopedia a cielo aperto; Parigi è un luogo dell’anima, è una città interiore, che può assumere molteplici significati e dare forma a molte risonanze emotive.
A mio avviso la stesura di queste annotazioni diaristiche ci svela la scrittura calviniana senza ulteriori note, ripensamenti, correzioni, aggiunte e tagli.
Non abbiamo qui quella che Calvino definiva la sua “ossessione descrittiva”.
Questo volume autobiografico per stile immediato, genuino, essenziale, ma sempre significativo e pregnante ricorda la raccolta di racconti Prima che tu dica pronto.
In questo libro non abbiamo un Calvino descrittore, ma soprattutto nella prima parte che riguarda il viaggio in America un narratore di aneddoti, di incontri, di differenze culturali e di costume tra le nazioni.
Non c’è qui la cura certosina del dettaglio, del particolare ma il senso globale di un’esperienza di vita, dell’incontro fecondo con altre mentalità, altri stili di vita, altre culture.
Eremita a Parigi
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