Esplorare il silenzio
- Autore: Nicoletta Polla-Mattiot
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
È strano come, per commentare il silenzio, si sprechino oggi tante parole. Ma se a farlo è Nicoletta Polla-Mattiot, ci troviamo davanti a un’attenta conoscitrice ed esperta del linguaggio non verbale, che da decenni al suo impegno di giornalista (La Stampa, Repubblica, Il sole 24 ore, How to Spend it) affianca un’intensa attività didattica e di ricerca. Curatore scientifico del Festival del Silenzio di Vicenza e Treviso, nel 2010 ha fondato con Duccio Demetrio l’ Accademia del silenzio, scuola di pedagogia e comunicazione del silenzio.
Nel volume Esplorare il silenzio edito da Enrico Damiani, l’autrice raccoglie interventi compositi di vari studiosi che analizzano il non-detto, il taciuto, l’ineffabile e il ruolo che la sospensione della parola riveste nella società e nella cultura contemporanea.
Il prefatore Gigi Spina considera il silenzio “un’esperienza individuale e collettiva, sperimentabile ma non facilmente definibile”, oscillante tra due poli: di sottrazione e mancanza da una parte, di aggiunta e pienezza dall’altra. Nell’esaustiva e approfondita introduzione di Nicoletta Polla-Mattiot si sottolineano i molteplici significati di cui si carica il tacere, in specie quando è volontario, scelto, intenzionale, e non imposto da una condizione di malattia, inferiorità o dolore.
Abbiamo tutti sperimentato “silenzi d’amore, d’intesa, di dominio, di controllo… silenzi professionali, personali e intimi”. Gli antichi retori insegnavano tecniche del discorso che prevedevano pause e dilazioni per meglio catturare l’attenzione degli ascoltatori, valorizzando così la parola per espanderne il senso. Anche oggi molte aziende organizzano corsi e lezioni per migliorare l’eloquenza del personale, insegnando metodiche comunicative che implicano l’utilizzo di interruzioni nell’esposizione argomentativa. Addirittura, in linguistica esistono figure retoriche caratterizzanti il controllo della narrazione: reticenza, preterizione, enfasi, ironia, ellissi, perifrasi eufemistica, litote, cesura, metafora esornativa.
Tacere può manifestare l’intenzione consapevole di opporsi alla verbosità eccessiva e ridondante, alla chiacchiera, al fatuo pettegolezzo, all’esibizione autoreferenziale, alla martellante iperconnessione mediatica attuale, per privilegiare invece l’ascolto, la riflessione, l’intensità emotiva.
Esistono tuttavia anche silenzi meno nobili. Quello dei potenti, ad esempio, che minaccia e intimorisce. Quello agonistico che esprime superiorità e umilia. La maldicenza insinuata e non espressa chiaramente. Oppure il travestimento ipocrita dell’allusione, il ricatto intimidatorio, il mistero di un segreto irrivelabile, la deferenza carica di ritegno verso un superiore, la rimozione difensiva di un conflitto interiore.
Con le ventiquattro lettere dell’alfabeto, si possono ottenere 243.373.844.957.207.298 miliardi di combinazioni diverse, eppure nella quotidianità utilizziamo un vocabolario standardizzato, banale, ripetitivo. Per questo, a volte, sarebbe semplicemente preferibile non aprir bocca, come invitava a fare Menandro:
Dì qualcosa migliore del silenzio o taci.
Sul fascino del silenzio hanno scritto tutti i grandi della letteratura mondiale, da Alcmane a Virgilio, Tasso, Ariosto, Milton, Goethe, Lee Masters, Auden. Anche in questo poliedrico e interessante volume, Esplorare il silenzio, si esprimono noti intellettuali e professionisti convinti che la dicotomia esistente tra il detto e il taciuto imponga una riflessione approfondita in ambito teorico e di ripercussione sociale.
Sono romanzieri, musicologi, classicisti, psichiatri, biologi, pittori che ne indagano la rilevanza nella creazione artistica, nella natura, nella scienza, nell’analisi psicanalitica, nei rapporti interpersonali e nella famiglia.
Parlare di meno, ascoltare di più è la ricetta che propongono, come suggeriva un antico apologo orientale:
Poco prima della predica di un maestro buddhista, un uccellino iniziò a cantare su un ramo fuori dalle mura del monastero. Il maestro tacque e tutti ascoltarono il canto in rapito silenzio. Appena l’uccellino smise, il maestro annunziò che la predica era finita, e se ne andò.
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