Fascisti!
- Autore: Armanda Capeder
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2015
“Quando gli Italiani, quasi tutti, cantavano “Giovinezza” è il sottotitolo di Fascisti! (Enrico Damiani Editore e Associati 2015), il nuovo romanzo di Armanda Capeder, insegnante di lettere e giornalista specializzata in linguistica italiana, che racconta il sangue dei vinti e come sfondo il ventennio fascista.
In un grigio pomeriggio del febbraio 1919, Luigi Armani, “un tipo allampanato dagli occhi ardenti”, faceva parte di un gruppo di giovani che sostava in una piazzola della via principale di Voghera, dove era stato installato un caffè all’aperto nel vuoto ricavato da un edificio abbattuto per costruirvi un teatro. Gli uomini vestivano tutti vecchi cappotti grigioverdi privi di mostrine, residui di divise militari della guerra appena finita, qualcuno di loro zoppicava appoggiandosi a un bastone, altri avevano il viso deturpato da cicatrici, a un veterano mancava un braccio, Luigi era menomato alla mano sinistra che nascondeva sotto un guanto di filo nero, altri ancora “non apparivano certo in salute”. I giovani reduci della I Guerra Mondiale avevano come unico argomento la misera situazione nella quale si erano venuti a trovare dopo il ritorno a casa. A tutti loro partiti per il fronte era stato assicurato un lavoro sicuro, “dignitose sistemazioni”, una giusta ricompensa per aver imbracciato il fucile e aver salvato i confini naturali della Patria. Invece l’Italia, terminata “l’inutile strage” si era rivelata ingrata nei confronti dei reduci e dei mutilati di guerra. Era per questo che in ciascuno cresceva la smania di ribellione, di menare le mani e tornare alle armi per farsi giustizia in quella società che dopo averli sfruttati, li respingeva.
“Il nostro più grande errore è quello di essere tornati. Mutilati ma vivi”
era il loro sfogo. La rabbia fermentava e le voci salivano di tono, soprattutto quando uno di loro, il Paini, di professione insegnante, aveva rivelato che il suo posto era stato occupato da un imboscato protetto da un politicante. Nessuno tra gli uomini politici, a parer loro, era in grado di tutelare in Parlamento i loro sacrosanti diritti, nessuno, meno che mai i socialisti.
“Dobbiamo liberarcene dei rossi! Solo allora si potrà tornare a respirare”.
Gli occhi dei reduci brillavano, anche se feriti nell’animo e nel corpo, erano giovani e la capacità di sperare nell’avvenire non era morta. Forse non tutto era perduto.
“Forse il loro futuro sarebbe stato più sereno del tristissimo presente”.
Poche settimane dopo a Voghera era giunta voce, tramite l’avv. Albesi, che a Milano un reduce, ex socialista, un maestro di nome Benito Mussolini, “un capo nato”, accogliendo lo scontento e le proteste di tanta parte d’Italia, aveva fondato un’associazione che pareva la realizzazione di quanto i disillusi avevano auspicato. L’associazione chiamata Fasci di combattimento, si proponeva di affrontare e sanare tutti quei problemi che assillavano i reduci. L’avv. Albesi avrebbe fondato a breve un Fascio a Voghera, giacché
“ne sorgeranno in ogni città, finché l’unione di tante forze diventerà una potenza invincibile”.
Vestiti con camicia e fez neri, come pure nero era il teschio degli Arditi, i camerati, “gente forte e generosa”, avrebbero avuto occasione di eliminare i disfattisti che avevano mortificato la vittoria al termine della Grande Guerra. Era stato anche per questo motivo che Luigi Armani “fu tra i primi a firmare l’adesione al nuovo partito”.
L’autrice, attraverso le vicende dell’onesto scrivano comunale Luigi appartenente a una famiglia di vecchio ceppo vogherese, della sua sposa Angela proveniente dalla piccola borghesia cittadina e della loro figlia Giovanna (la stessa autrice), ricostruisce con maestria il ventennio fascista: il “felice ottimismo” dei primi anni del regime, la bonifica dell’Agro Pontino, l’esaltazione dell’orgoglio nazionale grazie alle vittorie sportive alle Olimpiadi del 1932 a Los Angeles e a quelle del ’36 a Berlino, la campagna dell’”oro alla patria”, il sogno della conquista di un posto al sole in terra d’Africa realizzato con la presa d’Etiopia nel 1936. Piccoli e grandi episodi di vita quotidiana di una famiglia di ostinata fede fascista, nei quali i lettori più anziani ritroveranno le mitiche figurine Buitoni e Perugina dei Tre Moschettieri, con il Feroce Saladino e lo swing di Alberto Rabagliati, Natalino Otto e del Trio Lescano. Tutti allora erano ben l
ontani dall’immaginare che la catastrofe era imminente.
“All’inizio fu come un gioco”.
Fascisti!
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