Fenomenologia di Diabolik
- Autore: Andrea Carlo Cappi
- Genere: Fumetti e Graphic Novel
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
C’erano i fumetti “sporchi” e c’erano i fumetti “neri”. Li accomunava il formato - tascabile - e l’a-moralità delle storie, decretata quasi sempre dall’ammonitoria K nel titolo. Un segnale apodittico, un divieto d’accesso ai minori, una luce rossa: attenzione che qui si oltrepassa il confine consentito/non-consentito.
Siamo ben oltre i cieli di piombo del dicotomico western, per non parlare del rosato mondo di Topolino & Co. Ci troviamo, per dirla tutta, in territorio sconosciuto, potenzialmente infido, dove i cattivi vincono (quasi) sempre. Si copula, si ruba, si uccide anche, senza la speranza di un “arrivano i nostri” a risistemare l’ordine delle cose.
Sono del gruppone di testate per adulti "con la K” Demoniak, Sadik, Killing, Cobrak, Satanik, Kriminal, Diabolik. In primo luogo Diabolik. Il fumetto capostipite. Il fumetto nero-pece delle sorelle Giussani, un must. Schiaffato in faccia al benpensatismo passato, presente e (si auspica) futuro pure.
Diabolik che non è un mostro ma nemmeno un santo, un principe azzurro, un ladro gentiluomo, un super-eroe, e neanche un anti-eroe. Diabolik è Diabolik. Un Senza-Identità. Un uno-nessuno-centomila del reato (si maschera e si traveste). Il Male senza contraltari giustificazionisti (ma nei suoi albi deve vedersela con tipi ben peggiori di lui. Da qui muove in fondo l’identificazione del lettore). La comprova che il crimine rende bene e il delitto paga altrettanto. Se da un lato Diabolik si (im)pone come eroe a-morale (non è neanche Robin Hood, non ruba ai ricchi per dare ai poveri) dall’altro è vero che il crimine non lo attrae per avidità (i proventi di furti e rapine potrebbero già garantirgli una vita ultra-agiata) quanto piuttosto perché gli consente di misurarsi con SFIDE sempre nuove, il vero motore immobile delle sue gesta.
Come individua Andrea Carlo Cappi nell’appassionata (e appassionante) “Fenomenologia di Diabolik”:
“Diabolik non cerca alcuna forma di potere, non è interessato alla sopraffazione, non è un sadico, non è un serial killer. Non prova alcun piacere a uccidere, come del resto di norma non prova dispiacere a farlo (…) Ne consegue che ciò che conta per lui sono le sfide. E che a spingerlo a cercarne sempre di nuove sono il tipo di ambiente in cui è cresciuto e quella che è diventata, a livello inconscio, la sua filosofia di vita: ciò che fa è ciò che lo definisce e, se smettesse di farlo, Diabolik non sarebbe più se stesso” (p. 54).
Come dire: delinquo dunque esisto. Per giunta alla grande, tra belle auto (dotate di accessori alla James Bond, in grado cioè di garantirgli la fuga), belle donne (ma Lui è fedele alla sodale e altrettanto irresistibile Eva Kant), ville-rifugio (in cui scampare in primo luogo alla caccia dell’ispettore Ginko), location esotiche, e quant’altro riuscite a immaginare costituisca "bella vita" secondo gli stereotipi consolidati. Secondo la restituzione di Andrea Carlo Cappi, questo suggestivo universo “giallo-chic”, si connota di un cospicuo novero di valenze aggiunte (topoi, scandali, traduzioni cinematografiche e traduzioni psico-sociologiche - c’è ancora chi crede che la letteratura a fumetti sia roba per bambini? -), riprova dello statuto divergente di un albo rivoluzionario, apri-pista, a suo modo politico: vedi la presa di posizione contro l’abrogazione del divorzio andata avanti per diversi numeri, o il più recente impiego del personaggio come testimonial delle campagna contro la pena di morte indetta da Amnesty International. Alla faccia del presunto valore diseducativo dei fumetti.
Il libro è illustrato a colori e costa un’inezia (12,00 euro appena). Leggetelo.
Fenomenologia di Diabolik
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