Firenze 1966: l’alluvione
- Autore: Franco Mariani e Mattia Lattanzi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2016
Alle 6,15 del 4 novembre 1966, l’ANSA batteva:
“L’Arno è straripato stamani a Firenze, poco prima delle ore 5, all’altezza della località di Rovezzano, in un breve tratto del Lungarno degli Acciaiuoli e delle Grazie”.
Veniva annunciato in modo asettico lo sconvolgimento naturale che avrebbe messo in ginocchio la città, ucciso 35 persone, provocato danni indicibili all’arte oltre che all’economia e al territorio. Si avvia proprio dai notiziari di stampa la ricostruzione cronistica e fotografica realizzata su iniziativa della casa editrice fiorentina Giunti in occasione del cinquantesimo anniversario, “Firenze 1966: l’alluvione” (settembre 2016, pp. 416, euro 28,00). La firmano due giornalisti, il vaticanista Franco Mariani e Mattia Lattanzi, critico cinematografico. Il testo è corredato a commento da tantissime foto, anche a colori, provenienti dall’archivio di Mariani e dell’Associazione Firenze Promuove.
“Risorgere dal fango 50 anni dopo: testimonianze, documenti, memorie di una città offesa”: il sottotitolo presenta il contenuto di un volume imperdibile, un documento della tragedia che mezzo secolo fa ha fatto piangere il mondo per la sorte di una delle capitali più amate dell’arte: “Firenze è morta” titolarono i quotidiani americani. Questo indusse le nazioni estere a mobilitarsi ancora più delle autorità del nostro Paese – il governo in carica rimase interdetto e litigioso sul da farsi – ed una meravigliosa generazione di giovani volontari accorse da tutto il pianeta, per salvare un patrimonio della cultura mondiale. Sono ricordati come gli "Angeli del Fango".
Sempre l’ANSA scandisce nelle prime pagine del volume di Franco Mariani e Mattia Lattanzi il crescendo dell’evento drammatico. Dopo le 8:
“La piena dell’Arno a Firenze diventa sempre più minacciosa”.
La luce viene a mancare in diversi quartieri.
Alle 10,42 nuovo aggiornamento:
“La situazione intorno alle 8,30 si è ulteriormente aggravata a causa della rottura in diversi punti delle spallette dell’Arno. Le acque hanno invaso letteralmente tutta la zona a sud di Firenze”.
Alle 14,51:
“Tutto il centro storico di Firenze è allagato. L’acqua ha un’altezza che va dai 20 cm a un metro e mezzo. Continua a piovere”.
Le immagini proposte rendono appieno la tragicità dell’inondazione. La piena superò le spallette del fiume, trasformando le strade del centro in fiumi d’acqua, nafta, detriti, carcasse di auto trascinate. Il passaggio della fiumana lasciò melma dovunque e il ritorno del sole rivelò lo scenario preoccupante dei lungarni sprofondati nel greto, con le prime file dei palazzi quasi a pelo del corso grigio dell’Arno. Esposte inermi, nude. E tanta gente sporca di fango che si aggirava più volenterosa che spaventata, con stivaloni di gomma, desiderosa di fare non di piangersi addosso, a giudicare dagli scatti.
Trentacinque morti, in gran parte anziani bloccati in locali immersi o stroncati dal terrore. Gli autori rendono conto anche di altre vittime: Brunelleschi (distrutto il suo modellino ligneo della Cupola di Santa Maria del Fiore), Cimabue (le acque asportarono l’80% della superficie dipinta del Crocifisso in Santa Croce), gli artisti delle 1300 opere danneggiate e gli autori del milione di volumi storici "annegati" nella Biblioteca Nazionale.
Nella basilica di Santa Croce, il mare di fango toccò nel refettorio i sei metri di altezza, superando di molto le lapidi dei livelli raggiunti dalle alluvioni dei secoli precedenti, quelle catastrofiche del 1333, del 1557 e l’ultima grande inondazione del 3 novembre 1844, prima del 1966.
“Firenze 1966: l’alluvione” si sofferma sulle difficoltà dell’apparato ufficiale dei soccorsi, sullo smarrimento della sicurezza nazionale e sulla generale sottovalutazione dei problemi lontano da Firenze. Il Governo Moro si riunì a Roma solo quattro giorni avanti, ma ci volle il difficoltoso sopralluogo del presidente della Repubblica per prendere coscienza del disastro. Saragat si rese conto dello stato di bisogno totale dei fiorentini, che gridavano «Acqua, acqua!» e «Pane, pane!» al passaggio del gippone sul qual veniva trasportato in città, che rimase perfino impantanato nel fango.
Dando una scorsa ai capitoli, ci si rende conto pezzo per pezzo di quell’evento catastrofico: la cronaca della tragedia, il dramma della popolazione, lo sforzo dei soccorritori militari, civili, volontari. Un merito viene riconosciuto finalmente ai radioamatori, che fino al 2006 non sono stati nemmeno menzionati negli anniversari e che svolsero invece un ruolo importante fin dai primi momenti del dramma, quando le comunicazioni radio e telefoniche erano interrotte.
Cinquant’anni dopo, pur avendo individuato da tempo nelle casse di espansione la risorsa per ridurre la pericolosità idraulica, i ritardi burocratici, gli imprevisti progettuali, i milioni di euro mai arrivati o non spesi lasciano i fiorentini ancora alla mercé del fiume. In attesa delle casse di laminazione nel Valdarno superiore, la situazione è poco diversa da allora.
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