Focu. Poesie in lingua siciliana
- Autore: Giuseppe Gerbino
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2016
Da quale energia sgorga il sogno poetico in cui si cela il mistero dell’anima? Forse è una fiamma che arde e non si spegne, la Musa, a dare l’entusiasmo di tanti sussulti generatori di sentimenti. James Hillmam in “Psicologia alchemica” ha scritto:
“Perché il desiderio si compia ... - nell’arte, nell’amore, in qualsivoglia processo - impara tutto il possibile sul suo fuoco: il suo splendore, la sua guizzante instabilità, il suo calore e la sua furia”.
È questa la valenza simbolica che emerge dalla recente silloge, in lingua siciliana, “Focu” di Giuseppe Gerbino (Edizioni Depranum, Trapani, 2016). Titolo impegnativo, certamente! Non a caso a questo elemento di natura, verticale e complementare con quello acquoreo di tipo orizzontale (in "Travirsata" ostile, minacciosa l’acqua per i profughi lungo il canale di Sicilia), è dedicato un bel componimento da cui prende titolo la raccolta.
Il lettore si trova dinanzi ad un’invocazione sanguigna dettata da impeto e da passione. Lo svolgimento è ricco di tensioni, di fremiti che si incarnano in parole e ritmi. È l’uso dell’anafora “Abbrucia Focu” (“Abbrucia Fuoco”), posta all’inizio delle prime due quartine, a rendere coinvolgente lo stato d’animo del poeta-vate. Nel fuoco, Giuseppe Gerbino intravvede una forza da alimentare costantemente perché non si esaurisca nel solo incenerimento dei mali sociali. Ecco, allora, la voce interiore a spingerlo al “sacrificio” e alla “rinuncia” della propria individualità, secondo una visione quasi mitologica: il suo “ciatu” (“fiato”) e le sue “carni” (termine metaforico che indica la propria vita) trasmutano la soggettività nella richiesta di pace che dovrebbe sorgere dalle medesime ceneri in cui si è dissolta l’atrocità dell’odio. Dunque, lo sguardo s’apre alla rigenerazione dell’uomo perché egli possa ritrovare un senso. Da apprendista, Gerbino volge attenzione anche all’amore terreno, in quell’amore che vince ogni oscurità. Egli dialoga con le stelle e utilizza immagini che sanno di tenerezza e di dolcezza. Proprio da una stella accoratamente vorrebbe conoscere il suo destino amoroso: se l’amore per la donna evocata venga corrisposto o meno. Le singolari e raffinate immagini contagiano, anche il poeta da esse non trae alcuna sorta di consolazione. Ed è il sentimento dell’assenza ad angosciarlo quando egli avverte il nonsenso dell’essere senza di lei ("Senza di tia").
L’epilogo del componimento Parrannu cu na stidda è struggente; l’ingegnosità verbale è di seducente sonorità; le risonanze hanno il duplice volto dell’oracolo e del disincanto, del sogno e dell’incertezza:
“Mi sentu persu e campari nun vogghiu. // Tu, senza lu to celu chi facissi?” (“Mi sento smarrito e vivere non voglio. // Tu, senza il tuo cielo che faresti?”).
“Senza”, pertanto, la parola, quasi ricorrente, che colpisce: preoccupazione evidentemente, nutrita tanto di frustrazioni quanto di accensioni. È nel testo d’apertura “Nuddu ti tocca!” (“Nessuno ti sfiora”) che prende il sopravvento la vocazione quasi giullaresca di Gerbino, dove la ludicità, che inclina al sorriso, si coniuga con una specie di satira apparentemente irriverente, ma vissuta come esaltazione della sacrale maternità. In genere, nei suoi versi si snoda, con sempre maggiore prospettiva e profondità, l’esigenza della condivisione: è infatti il dialogo a percorrere il suo itinerario aperto alle vie dell’eros come conoscenza e interscambio, fondendo e rifondendo l’estetica con l’etica. Egli si identifica con l’abile artigiano, il sarto, - quello del cuore in particolare - la cui opera consiste nel cicatrizzare ferite per poi accarezzarle. Esiste nelle cinquantacinque poesie di cui il volume si compone un rapporto tra disagio esistenziale e possibilità di guarigione. In fondo, anche se non mancano la sofferenza e lo smarrimento come precarietà del futuro, anche se l’uomo porta su di sé cicatrici, il risveglio più bello è quello di chi nutre la consapevolezza che l’impegno da vivere con la verità, libera da consensi e contrapposta a menzogne, è sempre una fortuna.
Focu: Poesie in Lingua Siciliana
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