Fontamara
- Autore: Ignazio Silone
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Italiana
Riprendere in mano Fontamara , il bellissimo romanzo sui "cafoni" abruzzesi di Ignazio Silone (pseudonimo di Secondino Tranquilli; 1900-1978) suscita un profondo sentimento, acceso di passionalità e umana condivisione. Con andamento epico e immagini forti Silone racconta una tragica lotta contadina, in cui la povera gente non ha futuro alcuno, se non quello della sottomissione. Lo scrittore nobilita e traccia la tipologia di "popolo", oggi annacquata nell’individualismo della società "liquida" senza veri legami, tenuta insieme da comunicazioni in gran parte telematiche che aboliscono lo sguardo, il tono di voce, le particolarità che ci rendono unici. In Fontamara invece ogni personaggio è rappresentato a tinte indelebili, non si confonde nel mucchio, pur facendo parte di una comunità coesa. Eppure si tratta di semi analfabeti, soggetti al potere padronale del latifondo, al condizionamento dei notabili e della chiesa, così lontana dai bisogni autentici degli ultimi. E gli ultimi splendono come santi.
Il paese è un luogo di fantasia, ma ubicato in un territorio specifico, reale, la Marsica abruzzese. Il nome richiama la fonte e l’amarezza. L’acqua riveste un’importanza centrale nel racconto; è una sorgente che irriga i terreni dei piccoli proprietari, nei quali lavorano a giornata i "cafoni". L’acqua viene rubata alla popolazione e destinata come uso quasi esclusivo alle terre del podestà, l’“impresario”, un freddo sfruttatore. Il proposito di quest’ultimo è di usufruire in modo privilegiato del bene idrico — che dovrebbe essere pubblico — per cinquant’anni. Di fronte alla rivolta ecco il raggiro dell’azzeccagarbugli di turno, l’avvocato don Circostanza. Questi stila un documento che in sostanza sancisce l’esproprio, mutando il numero cinquanta in... cinque lustri. Altri imbrogli si ordiscono, resi possibili dall’ignoranza generale e dalla prassi (im)mutabile di ingiustizia. Tra i contadini molti sono acquiescenti, pecore condotte al macello, vittime dello "status quo" inalterabile, benedetto dal parroco don Abbacchio. Il suo nome è tutto un programma. L’ironia amara di Silone si riversa egregiamente nell’invenzione di nomi caratterizzanti. “Nome omen”, nel nome il destino.
Il personaggio chiave è Berardo Viola, un bracciante che giganteggia, anche nel fisico; eroe perdente, è arrestato, torturato, assassinato dalla milizia, fatto quindi passare come suicida, ma è vittorioso nell’anima. È tutta luce la sua presa di coscienza, la consapevolezza di dover lottare per la propria vita e dignità e per quella dei compaesani. Dopo la sua morte i contadini fondano un giornale, “Che fare?”.
La rivolta dei braccianti viene repressa nel sangue dalle squadracce fasciste, che violentano anche le donne. Siamo nel periodo dell’Italia fascista, ma al di là della storia, la vicenda è paradigma dell’eterna oppressione dell’uomo sull’uomo.
“Carne abituata a soffrire”, scrive Silone, testimone della visione dei miseri, della loro voce ignorata, espressa con realismo fantastico:
“In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito.”
"È la guerra" esclamano i "cafoni", sorpresi e stupiti dagli spari degli squadristi... sono ancora increduli... il loro spirito disarmato commuove per la purezza e l’ingenuità incontaminata, arcaica e grandiosa. Ricorda quella dei Nativi Americani nei confronti dei bianchi; l’essere umano innocente è lo stesso sotto ogni latitudine.
Il paese viene dato alle fiamme. Tre si salvano: Giuvà, Matalè e loro figlio. Riparano all’estero protetti dal “Solito Sconosciuto”. Esuli dispersi, smembrati nel loro essere comunità, coltivano un dolore insanabile ma consapevole, dentro.
L’io narrante, anch’egli rifugiato politico in Svizzera, riceve la visita dei tre compaesani. Con loro si apre il romanzo, le vicende infatti sono narrate dai tre fuorusciti. Con loro, dopo tanto strazio, il libro si chiude e riprende la domanda che non ha risposta: "Che fare"?
La domanda echeggia ancora nelle nostre coscienze.
Silone ha conosciuto una grande fortuna all’estero. Il romanzo, dapprima scritto in tedesco durante il suo esilio in Svizzera nel 1933 (dove come molti altri era fuggito per scampare alla persecuzione fascista), viene pubblicato in inglese nel 1934, nell’Unione Sovietica sempre nel 1934, in Italia nel 1945. È rieditato, corretto, nel 1947 dalle edizioni Il Faro. Nel 1947 appare anche nella collana “La Medusa” di Mondadori. Numerose le successive ristampe, sempre da Mondadori.
Nel 1977 Carlo Lizzani ha realizzato il film, ne è protagonista Michele Placido, nei panni di Bernardo Viola.
Silone viene quasi dimenticato perché "politicamente scorretto". Critico nei confronti del Partito Comunista, prese le distanze anche dall’istituzione chiesastica, definendosi un "cristiano senza chiesa". Lontano da messa e massa, è scrittore di grande razza, resistente all’usura del tempo.
Fontamara
Amazon.it: 12,35 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fontamara
Lascia il tuo commento