Frassineto
- Autore: Adriano Napoli
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2016
Adriano Napoli è un poeta di natura, come lo sono stati Pascoli e Bertolucci, antesignani di un magistero ancora molto vivo. Ma possiamo pensare a Tasso e al giardino di Armida, come agli stessi romantici inglesi, osservatori di una visione per lo più paesaggistica. Il suo luogo prediletto è un bosco, con ai lati la pietra erosa, levigata, preistorica e i dirupi come strapiombi che inglobano rose, oleandri, gelsomini, pioppeti, mandorli, querceti, ghiandaie.
Si intitola Frassineto (Terra d’Ulivi, 2016) la sua ultima raccolta che segna uno spartiacque nella produzione iniziata nel 1999 con gli inediti pubblicati nell’antologia dei poeti del Premio Montale.
Frassineto è un’area naturalistica situata a pochi chilometri da Salerno, ricoperta in prevalenza di bosco ceduo avviato ad alto fusto e che deve la sua denominazione, come è ovvio, al frassino. Ma per Adriano Napoli questo mondo identitario e dicibile assume una funzione sacrale, un senso di verità e bellezza concentrato in un’esperienza, in un respiro, in un silenzio, in una forza memoriale, in un momento topico di fissità, di movimento e di sincretismo misterioso. Insomma, siamo in una dimensione icastica, eletta e insostituibile che intercala la vita privata ad una riflessione assoluta, fondamento dell’esistenza, di un percorso delineato lungo i millenni e non solo nel presente. Adriano Napoli instaura un legame profondo in un campo di possibilità aperto ad una gamma di relazioni.
I testi sono stati scritti dal 2006 al 2015 e in una delle prime poesie è riassunto il principio tematico che già contiene una dichiarazione di fede esplicita:
Le colline intorno a noi / ci portano il sapore dorico / del frumento sulla riva / le dolci colline in lieve pendio / dove il vento è un’eco di onde / tra le foglie dell’albero più alto.
Nel glossario è spiegato il nome dialettale O’N’zart: si tratta di una rudimentale teleferica utilizzata dai carbonai della valle dell’Irno che spingevano la legna dalle cime del monte Mai e del pizzo San Michele fino a valle.
Montagne così ripide non le scalano / neanche i muli più ostinati.
Il luogo è smisurato nel tempo: nella vertigine dei costoni dove la poiana si alza in cielo e dove i sogni non hanno più memoria perché la teleferica è ferma, i carbonai non lavorano più e l’atmosfera invernale rende i fili delle cabine un sibilo, come se la notte fosse eterna e non conoscesse il giorno nella dismisura della realtà esterna. La suggestione di Adriano Napoli prosegue con il pungitopo, “vessillo della splendida natura”, con gli ontani, con le “antiche foglie”. Le sorgenti lasciano intravedere un borgo che chiude il cerchio, una casa diroccata, il “tronco tagliato” dove il poeta sdraiato a terra ha letto Leopardi e Pavese e dove tutto sembra ancora definitivo. La parola è una declinazione dell’io, ma come già detto sa essere plurale, onnipresente nei luoghi abbandonati (che richiamano quelli di Umberto Piersanti e delle sue Cesane) con l’anima antropologica e storica che li attraversa, con un simbolico abbraccio che fa di Frassineto uno spazio mitico e lirico, una scoperta di sguardi, fenomeni e percezioni.
La moltiplicazione dei piani, delle stagioni e degli anni avviene negli alberi cavi e capovolti (perché si veda la radice), nella Pasqua come nel passaggio della volpe con il suo rosso velluto, dei corvi che stridono, nella sparizione che avvicina il nulla alla morte, anche se davanti al bar gli uomini di Penta e di Gaiano dormono con i cappelli calati sul volto e nonostante l’insegna della Vodafone “c’è ancora qualche vecchia / che vende verdura sulle sedie / di paglia fuori degli usci e con / il prezzo scritto in lire”. Una poesia che resiste anche in ampiezza, dunque, in uno sforzo di comprensione allineato al ricordo, al rito del padre che spegneva la brace del sigaro sul tacco della scarpa, mentre il rabarbaro è sempre lo stesso, come i rami del fico.
Adriano Napoli ama i “luoghi poveri ai margini della terra” da custode della sua flora selvatica. Il terzo millennio e un ipotetico medioevo che immaginiamo nel crepitare dei roghi non polverizzano l’umanità, ma stabiliscono un efficace tramando, un viaggio dentro vocaboli friabili e inconfondibili, concreti come Frassineto.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Frassineto
Lascia il tuo commento