

Fronte Nord Est
- Autore: Massimiliano Melilli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Veneto in guerra, nel primo conflitto mondiale ma non solo: uno sguardo all’intera Europa e alle dinamiche economiche e sociali che hanno preceduto il 1914-18. Sono i contenuti di “Fronte Nord Est. Cronache dalla Grande Guerra”, un saggio senz’altro originale, pubblicato dalla casa editrice Biblioteca dei Leoni di Castelfranco Veneto, Treviso (2017, pp. 140, euro 16,00), a firma del giornalista Massimiliano Melilli, siciliano trapiantato a Venezia, redattore di RAI News 24, editorialista del Corriere della sera e del Corriere del Veneto.
L’originalità del lavoro risiede nell’attenzione dedicata a tanti aspetti, non direttamente legati a quelli bellici, che non mancano naturalmente, ma non risultano esclusivi e nemmeno principali. Si parla di Caporetto, degli errori gravi dei generali italiani, della resistenza ignorata opposta da tanti reparti ed anche della riscossa sul Piave. Non sono però i temi prevalenti di un saggio storico sui riflessi del conflitto nel territorio veneto.
Massimiliano Melilli descrive innanzitutto la situazione socioeconomica di quell’area, dall’Unità nazionale del 1861 alla vigilia della Grande Guerra. Una congiuntura segnata dall’emigrazione, tanto quella definitiva oltre Atlantico che quella stagionale nei Paesi europei.
Non trascura di tracciare la rete di alleanze e la pioggia di promesse che indussero il Regno d’Italia a entrare in guerra al fianco delle potenze dell’Intesa anglo-franco-russa. Impegni economici e pegni territoriali disattesi dal primo all’ultimo al tavolo della pace, tanto da alimentare il mito e le rivendicazioni della “vittoria mutilata”, sostenute dai nazionalisti e poi dal regime fascista.
C’è anche un capitolo dedicato a Mussolini e al suo voltafaccia dell’ottobre 1914, con l’inatteso editoriale sull’Avanti, in cui lamentava l’inadeguatezza della posizione neutralista. In casa socialista si scatenò una furente levata di scudi nei confronti del “compagno” non più ortodosso e nemmeno un mese dopo, il 15 novembre, l’ex direttore firmò il primo numero del suo nuovo quotidiano, Il Popolo d’Italia, su posizioni energicamente interventiste. L’espulsione dal partito arrivò entro la fine di quello stesso novembre.
Quanto al governo regio, il 3 agosto 1914 aveva confermata la neutralità, il 26 aprile 1915 firmò il Patto di Londra con l’Intesa, il 24 maggio successivo dichiarò la guerra all’Austria-Ungheria e nell’agosto 1916 la estese alla Germania.
Un cambio di alleanze redditizio? Avvicinarsi all’Inghilterra lo era stato. Una fortuna dal punto di vista economico e una soluzione obbligata sotto l’aspetto commerciale. Per gli approvvigionamenti di petrolio e materie prime combustibili, il nostro Paese dipendeva dall’estero addirittura per il 90%. Nell’ipotesi di un nostro ingresso in guerra dalla parte austro-tedesca, il blocco navale che avremmo subìto dai franco-britannici come avversari ci avrebbe rapidamente strangolati sul piano economico prima ancora che su quello militare. Si pensi che la riduzione delle importazioni di grano, per l’ingente aumento dei prezzi sul mercato internazionale, aveva avuto conseguenze pesanti già solo in conseguenza dell’inizio delle ostilità in Europa, nell’estate 1914. Sembrano impressionanti le ricadute, messe in evidenza da Massimiliano Melilli sia pure limitatamene all’area veneta. Il costo del pane era diventato insostenibile per larghi strati della popolazione, tanto da scatenare una vera “lotta per la sopravvivenza”. E la disoccupazione stava schizzando a livelli da fame per il rientro in patria di migliaia di emigrati, un fenomeno che colpiva soprattutto le regioni ad alto tasso migratorio, come l’area veneta.
Protagonista di un altro capitolo è il Veneto sotto le bombe (e sotto l’occupazione austriaca), ma l’autore guarda anche alla condizione femminile. Il prezzo pagato dalle donne fu altissimo, per i lutti, le sofferenze ma anche i traumi a livello sociale. Tuttavia, alcune testimonianze, raccolte dagli studiosi, mettono in risalto un senso di maggiore fiducia in se stesse, di emancipazione e di orgoglio. Nelle fotografie dell’epoca, le donne ritratte alla presa con le incombenze dei campi riservate una volta agli uomini sembrano sorridenti, nonostante le fatiche che devono aggiungersi a quelle domestiche. Ancora più affrancate dovevano sentirsi le giovani operaie, addette a carichi di lavoro pesanti e pericolosi, ma beneficiate da inediti spazi di libertà. E le donne della classe media, infermiere, insegnanti, volontarie, per la prima volta ebbero la facoltà di uscire dal contesto familiare, di sentirsi valorizzate.
Certo, c’è anche la tragedia di quelle che subirono la violenza degli eserciti occupanti, ma in genere, uscendo dalla dimensione abituale di mogli e madri, le donne si scoprirono capaci di lavorare nelle fabbriche belliche, di fare le postine, le impiegate di banche e uffici statali. Antichi tabù e ruoli canonici spazzati via per assoluta e inedita necessità.
Non manca infine uno sguardo alla letteratura e al cinema: La Grande Guerra di Monicelli e il recente Torneranno i prati di Olmi, su tutti.

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