Gasparo. Il romanzo di una vita barocca di Beppi Chiuppani

“Il romanzo di una vita barocca” è il sottotitolo del volume “Gasparo” (Editrice Il Sirente 2019), il nuovo libro che l’autore Beppi Chiuppani nato a Bassano del Grappa nel 1980, ma vissuto in Italia, Gran Bretagna, Francia, Egitto, Siria, Giappone, Portogallo e Stati Uniti, ha dedicato alla figura di un suo antenato da parte di padre, Gasparo Chiupani (1655-1730) vissuto a cavallo tra il XII e il XVIII Secolo.

Sarete voi, Lettor mio, l’amico estremo negli anni falsamente solitari che mi aspettano e che spero non dureranno più di quanto sarà necessario per consegnarvi i casi e le persone di cui si sono nutrite le mie emozioni e i miei pensieri.

Padova. Anno di Nostro Signore 1721. Ora che Gasparo Chiupani da giovane ben azzimato si è fatto vecchio e claudicante, sente il desiderio di mettere su carta tutti quei pensieri e quelle riflessioni necessarie per ricostruire le sue vicissitudini attraverso il romanzo di una vita barocca. La sua. Dapprima ragazzo pieno di sogni e poi uomo colmo di passioni, l’anziano Gasparo ha avuto il grande privilegio di vivere in un periodo di transizione, dal tramonto della Repubblica di Venezia alle cui conquiste della Serenissima ha partecipato rischiando tante volte la pelle, ma ritrovando l’anima, all’egemonia dell’impero austriaco sugli stati italiani. Quindi nel memoir il modestissimo, vecchissimo antenato “mezzo Gentiluomo della Terraferma veneziana”, ha molto da raccontare.
Nato a Bassano del Grappa in una famiglia di mercanti il 28 di novembre del 1655, il primo ricordo di Gasparino è legato a un viaggio a Padova con sua madre, donna Caterina, perché fin da piccolo Chiupani aveva sete di conoscenza e di avventure. Indimenticabile per Gasparino il primo impatto con la Basilica di Sant’Antonio. L’occhio estatico del ragazzino era sedotto da tanta meraviglia: altissime cupole, cappel­le con gli altari incrostati di marmi multicolori, scalinate e archi, mentre su tutto sovrastava una musica di trombe e di archi.

“Sembrava d’essere nel tempio di Gerusalemme”. Ma la visita nella seicentesca Padova sarebbe stato solo l’inizio dei tanti spostamenti di Gasparo Chiupani, che avrebbe rievocato per il suo “illustrissimo Lettore” la corte ducale di Mantova, Negroponte, dominio veneziano, per non parlare della Serenissima con i suoi palazzi di stupefacente e seducente bellezza.
Se la lunga vita di Gasparo Chiupani, fine accademico, ha lasciato poche tracce e anche la sua lapide tombale, che un tempo era visibile nella cappella del Santissimo Sacramento della basilica di Sant’Antonio a Padova, è stata rimossa da secoli, come ricorda l’autore nelle pagine finali del romanzo, sappiamo molto dell’epoca in cui Gasparo visse. Lui e i suoi contemporanei, infatti, ebbero modo di assistere a fasi di trionfo delle arti figurative e musicali e crisi senza precedenti dell’espressione letteraria, di affermazione della borghesia e trasformazione della nobiltà. Inoltre in quel periodo storico ebbero inizio abitudini fondamentali per il palato esigente degli italiani, come il consumo di caffè, cioccolato e tabacco. Fu soprattutto allora che si sviluppò quella regola non scritta, che vale ancora per noi, uomini e donne del Terzo Millennio, cioè che l’opinione che gli altri han­no di noi e la gestione della propria immagine pubblica svolgono un ruolo imprescindibile nella vita sociale.

Per la stesura del romanzo, pregevole affresco di un tempo a noi lontano, il bravo autore si è documentato presso l’Archivio di Stato e la Biblioteca Civica di Bassano del Grappa, la Regenstein Library e la Newberry Library di Chicago, la Biblioteca Ariostea di Ferrara, l’Archivio di Stato e la Biblioteca Civica di Padova, l’Archivio di Stato, la Biblioteca Nazionale Marciana e la Biblioteca Querini-Stampalia di Venezia. Una cosa è certa, la voce incalzante e appassionante di Gasparo Chiupani appare al lettore quanto mai attuale, perché parla di sentimenti eterni in primis la realizzazione personale.

Da bambino ho sempre sognato di ritrovare un manoscritto dimen­ticato. So che nessuno mi crederà quando dico che realmente mi è accaduto.