Dino Ignani, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
Sentenza enigmatica quella che propone Giorgio Caproni in Generalizzando, una sorta di rebus da svolgere in chiave poetica. Nella poesia, l’autore fa riferimento a un “dono”, non meglio precisato né identificato, e conclude con un’immagine metaforica quasi sensoriale: la “spina della nostalgia”.
Pare un componimento ermetico, in realtà è più comprensibile di quel che si pensi: la poetica di Caproni è velata di crepuscolarismo, sin dal suo esordio in Come un’allegoria (1936), quando già il giovane autore dava alla nostalgia un respiro tangibile. Nella sua prima raccolta Caproni identificava già l’allegoria come una realtà altra e potenziale rispetto alla realtà effettiva; nella sua ultima raccolta poetica, Res Amissa, pubblicata postuma nel 1991, compie un passo ulteriore ragionando sul significato stesso del suo poetare.
Per comprendere il rebus poetico proposto da Generalizzando, dobbiamo porre la lirica direttamente in dialogo con il titolo della raccolta: Res Amissa, in latino è la “cosa perduta”. Con questo titolo enigmatico Giorgio Caproni faceva riferimento allo smarrimento dell’uomo moderno, alla perdita di identità provocata dalla frenesia del mondo neocapitalistico che poneva l’umanità in secondo piano rispetto al guadagno, al Dio denaro, in una dimensione in cui la collettività aveva ormai inglobato e annullato l’individuo. Nello smarrimento novecentesco, Caproni affidava alla poesia la capacità - anzi, l’urgenza - di trovare un senso al Reale impazzito.
L’ultima raccolta del poeta, Res Amissa, deve essere letta da questo punto di vista: rappresenta lo sforzo di trovare un significato alla condizione umana nel momento in cui ogni cosa sembra complottare per lo sgretolamento, il deterioramento di tale senso.
Dobbiamo dunque partire da questo presupposto per sciogliere l’enigma di Generalizzando. Vediamone testo, analisi e significato.
“Generalizzando” di Giorgio Caproni: testo
Tutti riceviamo un dono.
Poi, non ricordiamo più
né da chi né che sia.Soltanto ne conserviamo
- pungente e senza condono -
la spina della nostalgia.
“Generalizzando” di Giorgio Caproni: significato
È una poesia speculare, divisa in due terzine perfettamente simmetriche che sembrano completarsi e rispondersi. La risposta però manca, direte voi. Invece no, Caproni ci ha detto tutto in un’altra delle sue poesie epigrafiche alla stregua dell’esistenziale Biglietto lasciato prima di non andar via, in cui suggeriva che ciascuno di noi è in viaggio continuamente nel percorso della vita, persino quando resta immobile.
Dobbiamo leggere Generalizzando come un’altra delle acute sintesi morali caproniane alla stregua di “se non dovessi tornare/sappiate che non sono mai partito”. Anche in quei versi il poeta affrontava tematiche centrali nella sua opera, quali il “ritorno”, la “memoria” e la “nascita”, filtrando il concetto da una prospettiva spirituale. Troviamo questi temi condensati in Generalizzando che, pur nella sua brevità, trasmette un assunto dal significato universale.
Tutti riceviamo un dono, afferma sibillino Caproni nel primo verso. Qual è il dono che riceviamo tutti, indistintamente? Facile: la nascita. Tutti noi adesso, tutti noi che ora leggiamo, abbiamo il privilegio di essere nati. È questo il dono cui fa riferimento Giorgio Caproni: il dono della vita. Ma, consapevole dell’infausto destino umano e della scarsa riconoscenza dell’umanità, il poeta subito aggiunge: “pochi di noi se ne ricordano”. Sempre infelici, insoddisfatte, costantemente alla ricerca di qualcosa che non hanno - e qui l’autore si dimostra calato nel suo tempo, ma oggi questa visione è persino esasperata - le persone di rado provano gratitudine per il fatto di essere vive, per aver ricevuto il “dono della vita”.
Cosa conserviamo in noi di quel dono? Caproni risponde con un’immagine metaforica: la “spina della nostalgia”. Anche qui il significato è da ricercare nell’origine della parola: in greco nòstos vuol dire ritorno, dunque “dolore del ritorno”.
Abbiamo in noi questo struggimento, questa nostalgia dell’origine: ciò che Giorgio Caproni vuole dirci è che per tutta la vita noi siamo in cammino, alla ricerca di quel “dono” che definisce la nostra essenza. Quel che, tuttavia, non ricordiamo è che noi quel dono l’abbiamo già ricevuto. Il nostro viaggiare, in realtà, è un ritorno all’origine: ecco dunque come la poesia Generalizzando si ricongiunge con Biglietto lasciato prima di non andar via:
Il mio viaggiare
è stato tutto un restare qua,
dove non fui mai
Il poeta ha architettato una poesia filosofica perfettamente incontrovertibile: dalla tesi all’antitesi, ma attraverso le due terzine speculari viene a dimostrare la stessa verità. Tutti noi esseri umani abbiamo la stessa origine, ma non lo stesso percorso, pure siamo alla continua affannosa ricerca della stessa cosa: “un senso”.
Nella metaforica “spina della nostalgia” Caproni traduce il dolore dell’umanità, l’immagine ricorda quasi una corona di spine: viviamo perennemente nell’attesa di ricevere un altro dono, senza apprezzare quello che abbiamo, non riconoscendo che il “dono” tanto atteso lo abbiamo in realtà già tutti quanti, indistintamente.
Tutti riceviamo un dono.
Poi, non ricordiamo più
né da chi né che sia.
Rimane dunque la nostalgia, da stringere tra le mani come un fiore contornato di spine. Il nostro vagare, secondo questa proposizione, non è che un tornare all’origine, il tentativo di rintracciare quel dono, come per colmare un vuoto, sanare una ferita.
Potremmo leggere questa poesia di Giorgio Caproni in molti modi: il significato è proprio dell’esistenzialismo, ma presenta mille sfumature. Dipende anche dal particolare momento in cui la leggiamo: a volte sembra una poesia allegra, altre consolatoria, altre ancora una poesia triste. Dunque, cosa voleva dirci il poeta?
Difficile dare una risposta univoca, assoluta. A me piace pensare che sia un invito a provare riconoscenza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Generalizzando” di Giorgio Caproni: un rebus in poesia
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