Giovanna. La regina ribelle
- Autore: Pietro Maurandi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Juana di Castiglia, una regina del primo 1500 schiava degli uomini che amava di più, il padre, il marito, il figlio. L’hanno chiamata “la loca” ma non era pazza. A detta di Pietro Maurandi, storico dell’economia, parlamentare, storiografo della Sardegna, era “Giovanna. La regina ribelle”, titolo del romanzo pubblicato nel 2019 per le edizioni cagliaritane Arkadia (120 pagine 13 euro).
Meglio segregata che regina di Castiglia, decretò il padre Fernando, re d’Aragona. Meglio solitaria, senza una corte, senza un seguito, senza nessuno su cui fare affidamento. Maurandi la presenta confinata nel triste esilio di Tordesillas, ferita dalle trame del padre amatissimo, che agiva contro di lei. Re Fernando era un uomo di spada. La impiegava contro i nemici e contro i sudditi, per affermare il suo potere ed estenderlo. Usava anche gli uomini: dei migliori ne faceva dei convinti sostenitori, quelli da poco li rendeva fedeli esecutori o feroci tagliagole. Riteneva lecito ogni mezzo, pur di raggiungere i suoi scopi.
Non diversamente, nel breve matrimonio, anche il giovane, bellissimo e fedifrago Filippo d’Asburgo aveva trovato il modo di tradirla con qualsiasi donna respirasse, facendo passare per manifestazioni di follia le sfuriate di Juana, che gli rinfacciava in pubblico le continue infedeltà. Dieci anni erano durate le nozze col duca di Borgogna e figlio dell’imperatore di Vienna, combinate per consolidare l’alleanza tra la Spagna, le Fiandre e l’Impero, così da creare una nuova dinastia, che avrebbe dominato l’Europa. Quando avvenne l’incontro con Filippo nel Brabante, Giovanna comprese all’istante perché quel giovane sconvolgesse tanto i cuori delle donne. Le gambe le tremarono, la vista si appannò. Invece di attendere il giorno del rito a Bruxelles, si fecero sposare all’istante e cavalcarono in un luogo segreto nelle Fiandre, tornando due giorni dopo, esausti e felici. Felice fu anche il popolo, beneficiato con cibo e vino abbondanti. Signori, dame e prelati fecero la coda per rendere omaggio alla coppia.
Gran luci, sfarzo, sfoggio di ricchezza: il palazzo di Mechelen risuonava di canti e musica. La corte di Filippo era quanto di più lontano si potesse immaginare da quella austera e grigia in cui la ragazza era cresciuta. La felicità durò poco. Tutti i suoi erano grandi sovrani ma uomini deboli, asserviti ai loro vizi, accecati dal sesso e dalla brama di potere.
Gli uomini che più ho amato nella vita sono quelli che mi hanno offesa, oltraggiata e oppressa. Eppure li ho amati. Che sia questa la mia colpa, la mia follia?
Carlo di Gand, il primo dei figli maschi, l’erede, il futuro sovrano di Spagna Carlo V, aveva confermato la condanna non scritta alla reclusione nel palazzo di Tordesillas, imprigionata in una stanza tappezzata di nero con le finestre sbarrate ed esposta ai lazzi irriverenti delle figlie di carcerieri. Dopo undici anni di claustrofobia, nel 1520 i comuneros le avevano offerto di diventare la regina di Castiglia e rendersi simbolo della loro rivolta contro i fiamminghi, le cui truppe lanzichenecche protestanti avvilivano la Spagna cattolica. Così avrebbe però ferito il figlio Carlo, allontanandolo dal trono e vanificando le grandi ambizioni imperiali. Non aveva aderito. La ribellione era stata repressa nel sangue.
Il sogno di Carlo, un grande impero cristiano, diventa però il vero incubo della Giovanna di Maurandi. Per lei, quel progetto di liberare la Spagna e forse il mondo dagli infedeli e dagli eretici è una pretesa omicida, nata dalla vena di follia trasmessa dalla madre Isabella a Carlo, ma che l’aveva sorpassata, lasciandola indenne: i veri folli erano loro, nonna e nipote, crudeli nella smania di dominio e tuttavia Giovanna aveva dovuto accettare di sembrare lei la pazza, perché un Dio e una religione di roghi e torture non rappresentavano il suo mondo. Fin da bambina aveva sempre inseguito l’autonomia, rifiutando che la sua vita fosse guidata e soffocata da qualcuno. La punizione per la sua libertà è stata diventare Juana la Loca, è per quello ch’era finita segregata.
Splendido l’incontro tardivo col potente figlio, la spiegazione tra i due, l’ennesima dimostrazione di amore materno sconfinato. Lei, ribelle, libera, ha sempre rifiutato con sdegno una religione malvagia, vendicativa, che attizza roghi, sfodera spade, tortura e uccide. Carlo sa che la madre non è mai stata folle e aveva sempre avuto ragione, ma se le avesse restituito la dignità, spezzato le catene, sarebbe ricaduto un male più grande. Giovanna respingeva le pratiche religiose, negava i sacramenti, scacciava frati e preti. Se si fosse diffusa la voce che la madre e sovrana non era pazza, ma in odore di eresia, cosa avrebbe fatto di lei l’Inquisizione? Il regno e il mondo ne sarebbero usciti sconvolti. Sarebbe stata una cosa orribile.
“Sono loro orribili. Siete voi orribili”, gli sibila in faccia Giovanna.
Morì una mattina di aprile del 1555, aveva 75 anni, 5 mesi, 6 giorni; era stata prigioniera per 46 anni, 1 mese, 24 giorni: una lunga vita in preda a tormenti e pene. Non l’avevano piegata, non erano riusciti a forzare la sua volontà. Una donna fragile solo in apparenza, ma capace di resistere e di morire senza deflettere dai suoi principi libertari. Il figlio non le sopravvisse che tre anni.
Giovanna. La regina ribelle
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Libro molto interesse da leggere. Bellissimo , intenso , suggestivo il dialogo finale tra Carlo e la madre.