Gli Arditi
- Autore: Reginaldo Giuliani
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Era un domenicano padre Reginaldo Giuliani, nato Andrea Giuliani, a Torino, nel 1887, prima di diventare frate nel 1911. Un religioso chiamato alle armi nel maggio 1916 e che al saio preferiva la giubba grigioverde, indossata sotto l’elmetto. Fece parte della fanteria d’assalto e raccontò l’organizzazione e il valore di queste truppe d’élite in un volume apparso già nel 1919. Quel lavoro ritorna, a un secolo dalla creazione delle Fiamme Nere, nell’edizione curata a marzo 2017 dalle edizioni Itinera Progetti di Bassano del Grappa, tra le più autorevoli in tema di prima guerra mondiale. Il titolo è “Gli Arditi. Breve storia dei reparti d’assalto della Terza Armata”, 144 pagine, con 20 foto a intercalare il testo e una cartina (prezzo di copertina euro 19,00).
Ardito tra gli arditi, padre Reginaldo Giuliani fu sostegno morale per i suoi uomini ma anche guida sul campo, all’occorrenza, ufficiale in trincea, perché non considerò affatto onorifico il grado di tenente, ottenuto per svolgere il compito di cappellano del 55° Reggimento fanteria. Risoluto e patriota com’era, ritenne di usare le stellette come gli altri, quando necessario.
Le tre medaglie al valore meritate in azione nella prima guerra mondiale mettono in risalto il ruolo di comando assunto in determinate circostanze dei combattimenti. Non era tipo da stare nelle retrovie ad attendere l’esito.
Medaglia d’Argento al Valor Militare, Romanziol sul Piave, 30 ottobre 1918:
“Giunto al Reparto immediatamente dopo aver partecipato a un’azione su altro tratto della fronte, prendeva parte con inesauribile lena a un nuovo combattimento, incuorando e incitando le truppe nei più gravi momenti. Nelle soste della lotta anziché concedersi riposo, pietosamente si dava alla ricerca dei feriti e prestava loro amorevolmente assistenza e conforto. In una critica circostanza essendo un ragguardevole tratto del fronte rimasto, a causa delle forti perdite, privo di ufficiali, volontariamente ne assumeva il comando disimpegnando le relative mansioni con vigorosa energia e mirabile arditezza”.
Un bronzo lo aveva già ottenuto per l’esempio e guida a Hudi Log, sul Carso, nel 1916 ed un altro lo conseguì allo sbalzo offensivo dal Piave di fine ottobre 1918, per aver convinto una trentina di austriaci, che pure lo avevano circondato, ad arrendersi agli italiani, “ormai in piena vittoria”.
Tutti volontari gli arditi. Primo requisito: la libertà di scegliere di diventare un ardito, fa notare padre Reginaldo Giuliani. Non c’era nessuna costrizione, per quanto nelle lettere a casa qualche volontario l’abbia dichiarato ai familiari, attribuendo ad un ordine tassativo del Comando l’assegnazione a reparti tanto esposti. Una bugia per nascondere una scelta che i familiari avrebbero criticato come avventata.
Il domenicano in grigioverde descrive tecnica, istruzione, formazione, addestramento e attività delle truppe d’assalto italiane, XI, XXVI, XXVIII Reparto della Terza Armata.
Gli arditi vennero creati dopo un periodo di sperimentazione e seguivano un addestramento particolare, con armi speciali rispetto alla fanteria. Indossavano una uniforme distintiva: giubba senza colletto, con le fiamme nere al bavero, che potevano essere rosse, se provenienti dai bersaglieri o verdi, se alpini. Quelli della terza Armata si distinguevano per l’elevato standard della preparazione fisica e tecnica, ma erano tutti dei fegatacci aggressivi e pronti all’offesa.
“Gli arditi” è stato scritto nel primissimo dopoguerra e si nota, ma va riconosciuto che al netto del tono retorico dell’epoca la prosa di padre Reginaldo sembra oggettiva e ricostruisce realisticamente un profilo dei reparti e del combattente tipo.
Contro l’immagine dell’ardito arrogante, strafottente, ladro e irrispettoso, tratteggia
“ragazzi forti di carattere, generosi, disciplinati nel coraggio, devoti al Signore”.
Il ritratto tracciato nei dettagli riscatta l’immagine negativa, prevalente in un’opinione pubblica che li riteneva una banda di scapestrati e poco di buono. Le truppe normali li consideravano dei privilegiati, per la disciplina più leggera che si pretendeva da loro e per l’essere dispensati da tutti i servizi in trincea e prima linea, in attesa dell’impiego nelle azioni più rischiose.
Come scrive Reginaldo Giuliani:
“Si trascura talvolta la forma rigida, tradizionale nelle caserme, perché l’elemento scelto delle truppe d’assalto impone una disciplina più intelligente, ma non meno efficace ad ottenere il rispetto e l’obbedienza. Dell’ardito si deve sviluppare l’individualità, non ama piegarsi agli ordini senza motivazione: vuole essere illuminato sul proprio lavoro”.
Nell’Enciclopedia Treccani, alla voce Giuliani Reginaldo si legge un breve curriculum. Partecipò alla spedizione di Fiume, si iscrisse ai Fasci, divenne cappellano delle Camicie Nere e nell’ottobre del 1922 prese parte alla Marcia su Roma. Morì il 21 gennaio 1936 a Passo Uarieu, nella campagna d’Etiopia. Alla memoria gli venne conferita la medaglia d’oro al valor militare. Nel 1919 gli venne intitolato un sommergibile oceanico. Rossellini si ispirò alla sua figura per il film L’uomo della croce, del 1943.
GLI ARDITI: BREVE STORIA DEI REPARTI D'ASSALTO DELLA TERZA ARMATA
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