Gli affondatori
- Autore: Carlo De Risio
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Corazzate affondate da due uomini a cavallo di un siluro modificato? Impensabile! Le navi da battaglia si affondano a cannonate, negli scontri tra unità navali armatissime e con migliaia di marinai a bordo. Invece, effettivamente, coppie subacquei hanno mandato a picco giganti del mare e con orgoglio possiamo dire che quei coraggiosi incursori avevano nomi e cognomi italiani. Erano “Gli affondatori”, come li chiama lo scrittore di storia navale militare Carlo De Risio, nel titolo del volume che con la collaborazione “fotografica” di Alessandro Santoni ha pubblicato a luglio 2018, per i tipi IBN Editore (Istituto Bibliografico Napoleone, Roma, 132 pagine, 15 euro), ricostruzione delle imprese dei i mezzi d’assalto della Marina italiana nella seconda guerra mondiale, 1940-1945.
Si può davvero dire che mai tanto si dovette a così pochi. Erano solo un pugno di uomini, con qualche intelligente risorsa tecnologica e molto sprezzo del pericolo, ma garantirono enormi risultati.
Un nucleo di operatori addestratissimi, i cosiddetti “Uomini Gamma”, riuniti in un reparto della Regia Marina denominato convenzionalmente Decima Flottiglia Mas. Qualche sommergibile “avvicinatore” al bersaglio. Una serie di piccoli natanti che rappresentavano autentiche armi segrete: siluri a lenta corsa, ordigni da piazzare in immersione sotto le carene, barchini esplosivi (veloci motoscafi imbottiti di tritolo, lanciati da conduttori arditi contro le navi nemiche). Tutto qui, però in 39 mesi di guerra rappresentarono la più seria minaccia per la flotta inglese, portata da giovani coraggiosi alle unità della possente arma navale di Sua Maestà, quando si ritenevano al sicuro, nelle loro presidiatissime basi navali in Mediterraneo. Ma è proprio lì, alla fonda, che veniva portata l’insidia dai nostri mezzi d’assalto delle varie specialità.
Alla Decima si dovettero i successi dell’intera Marina italiana nel secondo conflitto mondiale. All’insidia degli incursori subacquei vanno attribuiti l’affondamento o il danneggiamento grave di 2 navi da battaglia, 1 incrociatore pesante, 2 cacciatorpediniere e 27 mercantili, violando le difese dei porti di Suda, Gibilterra, Alessandria, Mersina, Alessandretta, e Algeri.
Imbarazzante il confronto con gli inesistenti risultati ottenuti dalle nostre grandi corazzate e dagli incrociatori pesantemente armati (la flotta affondò solo 2 motosiluranti inglesi). Insufficiente il bilancio della flotta subacquea, una delle più numerose al mondo. I successi dei sommergibili si limitarono a 10 unità e 12 mercantili, al costo sproporzionato di ben 66 battelli sottomarini perduti, a causa di un concetto superato e controproducente di offesa statica.
I britannici stessi erano stupiti dalla radicale differenza d’atteggiamento delle componenti della forza navale italiana. A loro avviso, gli equipaggi dei mezzi d’assalto mostravano un coraggio temerario ammirevole, che strideva con la condotta imposta dall’Alto Comando alle unità pesanti, obbligate ad una prudenza tanto estrema da “sconfinare nella pusillanimità”.
I mezzi d’assalto furono una specialità tutta italiana, originata già verso la fine della prima guerra, nel 1918. Gli inglesi tentarono di copiare i nostri “maiali”, i siluri a lenta corsa, con i loro “chariot”. I giapponesi svilupparono i “kaiten”, lanciandoli in attacchi suicidi contro le unità alleate, ma segnarono solo due affondamenti, perdendo oltre 200 operatori nelle operazioni tentate.
Più efficace l’impiego dei “chariot” e qui la curiosità è che una delle imprese dei “maiali” modificati dalla Home Fleet venne portata a compimento nel porto di Genova da equipaggi italiani cobelligeranti. La notte tra il 18 e 19 aprile 1945 danneggiarono definitivamente lo scafo della portaerei Aquila, ancora incompleto nel cantiere controllato dei tedeschi.
I siluri a lenta corsa, messi a punto dagli ufficiali del Genio Navale Teseo Tesei ed Elios Toschi, erano eredi della “mignatta”, l’ordigno cavalcato da Rossetti e Paolucci, che la notte del 1 novembre 1918 affondarono nel porto di Pola la corazzata austriaca Viribus Unitis.
Tesei e Toschi progettavano di scatenare un attacco a sorpresa delle nuove armi in contemporanea contro le basi navali avversarie nel Mediterraneo. Tuttavia, allo scoppio della guerra, nel giugno 1940, si ritrovarono in ritardo nello sviluppo delle tecnologie e del personale. Secondo un difetto nazionale tipicamente italiano, dopo un iniziale innamoramento la sperimentazione dei “maiali” era stata accantonata. È accaduto anche nel caso degli studi sulla rilevazione radiogoniometrica a distanza, il radar.
L’attenzione di Carlo De Risio si estende al progetto di un’incursione fin nel porto di New York, cancellata dal sopravvenire dell’armistizio. Lo studioso vastese svela inoltre la causa dell’esplosione della più grande corazzata della flotta sovietica del Mar Nero, saltata in aria la notte tra il 28 e 29 ottobre 1955, nel porto di Sebastopoli. Era stata ribattezzata Novorossijsk, ma si trattava della nostra Giulio Cesare, ceduta all’URSS in conto riparazioni di guerra. Fu sabotaggio, postumo, degli uomini rana italiani, ancora letali.
Gli affondatori. I mezzi d'assalto della Marina italiana nella II Guerra Mondiale. 1940-1945
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