Gli innocenti
- Autore: Oswaldo Reynoso
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2016
Lo scrittore peruviano Oswaldo Reynoso (1931-2016) ebbe vita letteraria non facile nel suo paese: accusato di estremismo politico e di amoralità provocatoria nella sua scrittura, si trovò spesso isolato e preso di mira dalla censura, al punto di scegliere un volontario esilio in Cina.
Le edizioni romane SUR, che già avevano proposto ai lettori italiani il suo romanzo “Niente miracoli a ottobre”, pubblicano ora il suo primo libro di racconti, “Gli innocenti”, uscito in Perù nel 1961, e qui presentato nella traduzione di Federica Niola e con la prefazione di Matteo Nucci.
Si tratta di cinque racconti brevi che hanno come protagonisti alcuni adolescenti inquieti o disperati, rabbiosi e privi di prospettive, che trascinano le loro giornate nelle strade assolate e sporche di Lima, sotto “un cielo pesante e ardente”, oppure nei bordelli dei quartieri più malfamati, o nei bar a giocare a dadi e a biliardo.
Si chiamano Faccia d’Angelo, Principe, Carambola, Rossetto, Ciambella, Corsaro, Cinese: nemmeno proprietari dei loro veri nomi, innocenti come tutti i ragazzi che si affacciano alla vita senza alcuna possibilità di riscatto, colpevoli di affrontare l’esistenza in maniera quasi animalesca, istintiva, spinti da una fame atavica di cibo, alcol, sesso, trasgressione.
La «prosa poetica» di Reynoso, come viene definita da Nucci, in bilico tra realismo e ispirazione meditativa, oggi non scandalizza più nessuno, anche se cinquant’anni fa aveva turbato le coscienze dei benpensanti; le avventure e le scazzottate dei protagonisti, le loro ribellioni verso gli adulti, i furti e gli scippi, gli accoppiamenti annaspanti non bruciano più nelle pagine che ormai ci paiono quasi innocue.
Il credo dei questi ragazzi (“Devi saper fumare, bere, giocare, rubare, marinare la scuola, cavar soldi ai froci e andare a puttane”) risulta quasi patetico rispetto alle violenze esibite oggi da qualsiasi cronaca giornalistica.
Rimane, quindi, in questa scrittura, il fascino delle descrizioni, ricche di odori, colori, sapori: fisicità, insomma.
“Il vento, opaco e caldo, sollevava fogli di giornale ingialliti e sporchi. Il pomeriggio – lento, sudaticcio, pieno di suoni sordi e lontani – si svegliava bambino. La città reggeva il peso, selvaggio e violento, del sole”;
“Sembra che i corpi siano coperti di miele e le camicie si appiccicano addosso, tiepide. L’odore acre e bruciante delle ascelle si mescola, con violenza, al vapore umido e dolce del prato. Furia. Voglia di mandare il papa a farsi fottere”;
“Sono andato subito sotto casa di Alicia. Le ho fatto un fischio. È scesa. Ed era fantastica: con le occhiaie e quell’odore di letto sporco che mi fa infoiare”.
Un Sudamerica lontano, chiuso in un’eternità immobile e astorica.
Gli innocenti
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