Glorie e miserie della trincea
- Autore: Tenente Anonimo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
“Glorie e miserie della trincea”, più le prime delle seconde a giudicare dal piglio rude ma sincero dell’autore di questo libro di memorie della Grande Guerra. Le edizioni Le Frecce, dell’omonima Associazione culturale romana, hanno voluto rieditarlo ad ottobre 2018, nella Collana Novecento (186 pagine, 15 euro), col lodevole impegno di restituire visibilità a testi “che nel corso della storia hanno avuto un forte impatto sulle società”. In effetti, la prima edizione originale risale ad oltre un ottantennio fa, ai primi anni Trenta. Nella presentazione, il presidente dell’Associazione Le Frecce indica come riferimento il 1934, altre fonti riportano il 1933, aggiungendo mese e giorno di edizione, 29 marzo e sottolineando il corredo di 143 illustrazioni e 7 cartine, tutte riprese nella nuova pubblicazione.
Anno più, anno meno, non è poi tanto importante e comunque il diarista non è affatto ignoto. Si tratta di Giuseppe Comelli, bresciano di Mompiano, reduce di guerra, un personaggio assolutamente sulle righe, di spirito e carattere guerriero, che adottava la firma “Tenente Anonimo” come pseudonimo. Era un ex ufficiale di complemento, prima di artiglieria a cavallo, poi da montagna e infine degli arditi. Racconta le sue esperienze militari, partendo dalla cartolina precetto a fine 1913 come soldato semplice di leva a Milano e concludendo col passaggio vittorioso del Piave, nell’ottobre 1918, quando sulla giubba aveva cucito i gradi e i galloncini diagonali di alcune ferite di guerra.
La condotta coraggiosa alle Grave di Papadopoli gli valse la proposta della medaglia d’oro, in aggiunta agli altri importanti riconoscimenti al valor militare che aveva già ottenuto. Nel corso degli eventi, si era dedicato ad appuntare una serie di accadimenti, affidando una copia del manoscritto al furiere del suo reparto ed inviando un’altra ad un conoscente, con la consegna serissima ad entrambi di consegnarli a sua madre “dopo la sua morte”. Proprio così: non scrive “nel caso morissi”, ma “dopo”. E questo dimostra quanto si fosse consapevoli, tanto più tra gli arditi, di avere la morte costantemente affianco, come una realtà scomoda ma scontata. D’altro canto, è un chiaro esempio della tempra morale ferrigna di Comelli. Da semplice artigliere, era stato inviato in piena guerra al corso ufficiali per la stretta necessità del Paese di colmare con ragazzi di buona famiglia e buoni studi le enormi perdite di giovani ufficiali subalterni in prima linea.
Per morto, lo dettero ufficialmente, in azione sull’Ortigara. Era rimasto isolato coi suoi artiglieri dopo un attacco non riuscito. Aveva inviato al comando come staffetta l’attendente e questi aveva visto l’ufficiale e i quattro compagni investiti dallo scoppio di una grossa granata, per giunta diretta dalla nostra artiglieria. In realtà nessuno era perito dei cinque. Scossi e contusi, erano anzi riusciti a neutralizzare una pericolosa mitragliatrice austriaca.
Ma l’attendente non poteva credere ad una “fortuna tanto sfacciata” e aveva riferito del fuoco amico fatale. Questa comunicazione e l’impossibile rientro nelle linee fino alla notte seguente, concorsero a darli per morti.
Lascio immaginare al lettore lo strazio di mia madre. Sul Corriere della Sera comparve questo necrologio: “Il tenente N.N. è morto combattendo sull’Ortigara il... giugno in faccia al nemico”. Perché avevano censurato il giorno della mia morte? L’annuncio mi ha portato fortuna!
Un anno di Carso e Isonzo, venti assalti, non poche ferite più o meno gravi riportate, poi attività in tutti i teatri d’azione più pericolosi: artigliere di montagna sulle cime trentine, bombardiere nell’offensiva della Bainsizza, ardito sul Piave, alla testa perfino di un’espostissima sezione lanciafiamme. Comelli la guerra l’ha combattuta tutta, corpo a corpo col nemico e certamente in modo tutt’altro che anonimo. Nelle sue pagine la racconta con eccezionale franchezza, con una resa quasi filmica degli eventi. La sua scrittura è straordinaria, tesa, vibrante, moderna, decisamente novecentesca. È un racconto vivo, pregnante, al netto di più di un refuso di stampa e di qualche periodo ripetuto, qua e là.
Va riconosciuto all’Associazione Le Frecce il grande merito di aver voluto riproporre agli appassionati questo documento eccellente. Anche solo sfogliare l’agile volume illustrato soddisfa gli occhi e la curiosità del lettore.
Si apprezza la naturalezza dell’autore. Un duraccio, moralmente integro, fortemente motivato. Se ne sono accorti in tanti, perché anche dopo la guerra non ha risparmiato nessuno. Non i sovversivi rossi di San Lorenzo, quando il suo reparto nel 1919 è stato inviato a reprimere i moti romani. Non i comunisti, allorchè, smessa la divisa militare, aveva presidiato la sede del Popolo d’Italia mussoliniano a Milano. Ma ebbe anche a ridire coi fascisti, che non gradivano la sua autonomia di pensiero e certe critiche espresse in qualche pubblicazione negli anni Trenta.
Anche gli inglesi, in Etiopia, lo subirono come organizzatore di un nucleo clandestino di resistenza, dopo la conquista britannica dell’AOI. Era stato condannato a morte, ma riuscì a fuggire nel 1942, rimpatriando con i profughi su una nave ospedale.
Contro gli americani operò come spia, in Marocco, una volta arruolato nel servizio segreto.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre, non ritenne di collaborare con gli Alleati e la condanna sempre pendente gli consigliò di riparare in Spagna. È morto nel 1959, servendo lo Stato come modesto impiegato in un ufficio previdenziale.
GLORIE E MISERIE DELLA TRINCEA
Amazon.it: 80,00 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Glorie e miserie della trincea
Lascia il tuo commento