Hitler e le battaglie fatali
- Autore: Autori vari
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Hitler era un genio militare, come si considerava? I giudizi possono essere svariati, ma il parere di professionisti della guerra getta forti ombre sulle attitudini da condottiero autodidatta. E sono testimonianze di grande peso, provengono da protagonisti della “sua” guerra, dai generali che rimasero vittime delle sue ingerenze e delle proverbiali “intuizioni” dello stratega dilettante, che il feldmaresciallo von Hindenburg definiva con chiaro disprezzo “il caporale boemo”.
Sei responsabili sul campo raccontano altrettante grandi sconfitte tedesche causate da decisioni errate del Führer nel secondo conflitto mondiale. Le loro tesi sono illustrate in un libro dossier pubblicato nel marzo 2017 dalle Edizioni milanesi PGreco, Hitler e le battaglie fatali narrate dai generali responsabili (315 pagine, 24 euro), opera collettanea, con testi di provenienze differenti. Sono riuniti in un contributo che per la prima volta prende in considerazione certe decisioni del comandante supremo senza simboli di comando, a differenza di Mussolini, che amava divise e gradi, pur indossando quelli simbolici e falsamente modesti da “primo caporale” d’Italia.
Gli Alleati non hanno mai messo in risalto la condotta controproducente di Hitler. Hanno preferito che risaltasse invece il successo conseguito battendo uno degli apparati militari migliori della storia: le forze armate tedesche, la Wehrmacht e la prestigiosa casta militare germanica. Ammettere che le vittorie erano state favorite dall’improvvisazione del capo avrebbe macchiato il successo dei generali alleati e la superiorità ideologica delle democrazie occidentali.
Le prese di posizione di Hitler non ammettevano discussioni e nel corso delle singole campagne della guerra 1939-1945 concorsero effettivamente alla vittoria alleata. “Hitler collaborò senza saperlo con coloro che voleva distruggere”, sostiene Giovanni Artieri nell’introduzione. Aggiunge che, col tempo, le testimonianze hanno dimostrato che le verità erano altre. Lo Stato Maggiore tedesco sostenne di malavoglia (ma obbedì, alla tedesca) le intenzioni belliche di Hitler. Questi pretese di dirigere la guerra e lo fece, malamente, “contro i princìpi più elementari della strategia e della obiettiva consistenza dei fatti”.
Sbagliò enormemente sei volte e fu sconfitto sei volte: nella campagna aerea d’Inghilterra, nell’avanzata fino a Mosca, a El Alamein, a Stalingrado, nella battaglia di Francia del 1944 e nelle Ardenne. Le sue decisioni, fatali alla Wehrmacht e alla Germania, vennero contestate invano dai generali.
Ciascuno dei sei, a sua volta, mette a fuoco nel volume uno scenario di quelle sconfitte brucianti delle forze armate germaniche, illustrate dal loro privilegiato punto di vista di protagonisti sul campo. Ad unire in un quadro generale i contributi di sezioni monografiche del conflitto provvede un settimo generale, Siegfried Westphal (1902– 1982), capo dello Stato Maggiore del comandante in capo occidentale nel 1944-45.
I sei testimoni ebbero incarichi importanti di comando, in altrettante fasi della Seconda guerra mondiale, che ebbero esito negativo per le sorti tedesche, a causa delle “decisioni fatali” del Führer del nazismo.
Il generale d’aviazione Werner Kreipe (1904-1967) spiega l’andamento della battaglia d’Inghilterra, per colpire la grande isola dal cielo, che nell’estate-autunno del 1940 terminò con pesanti perdite e la sconfitta bruciante della Luftwaffe, l’arma aerea tedesca.
Günther Blumentritt (1892-1967), capo di stato maggiore del gruppo Armate D col grado di tenente generale, illustra l’Operazione Barbarossa, l’invasione della Russia il 21 giugno 1941, fino alla ritirata dai sobborghi di Mosca, a dicembre, che chiuse la prima fase del conflitto sul fronte orientale. Nel settembre 1944 gli venne affidato il comando del XII Corpo delle Waffen SS.
Il generale dell’Africa Korps Fritz Bayerlein (1899-1970) si occupa della disfatta delle forze dell’Asse in Egitto, dall’avanzata al comando di Rommel verso El Alamein alla superiore offensiva inglese scatenata dal generale Montgomery a fine ottobre 1942.
La madre di tutte le sconfitte, Stalingrado, è ricostruita da Kurt Zeitzler (1895-1963), promosso generale di fanteria e dal settembre 1942 capo dell’Ober Kommando Whermacht, il vertice dell’esercito tedesco. La sua competenza venne costantemente ignorata da Hitler nelle decisioni più importanti. Quando l’Armata rossa accerchiò a novembre le truppe di von Paulus nelle rovine della città industriale sul Volga, Hitler vietò la ritirata strategica pianificata proprio da Zeitler e ancora possibile, condannando 300mila uomini all’annientamento.
Bodo Zimmermann (1866-1963), capo delle armate a presidio del Vallo occidentale sul Canale della Manica, inquadra lo sbarco in Normandia, che il 6 giugno 1944 portò gli Alleati a rimettere piede nell’Europa continentale, nonostante l’opposizione di buone divisioni germaniche.
Hasso von Manteuffel (1897-1978), generale delle truppe corazzate e cervello dell’offensiva tedesca nelle Ardenne sul fronte occidentale a dicembre 1944, racconta nei dettagli l’ultimo tentativo di fermare l’avanza angloamericana verso Berlino.
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