I Nisei in guerra. I nippoamericani in Italia (1944-1945)
- Autore: Andrea Giannasi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
Soldati giapponesi in uniforme americana, nella seconda guerra mondiale: non spie, non traditori, ma coraggiosi combattenti dell’esercito a stelle e strisce, sul fonte italiano e poi in Francia. Ai fanti nipponici del 100° Battaglione e del 442° Reggimento USA è dedicato un saggio storico pubblicato dalla casa editrice lucchese Tralerighe Libri nel luglio 2016, I Nisei in guerra. I nippoamericani in Italia (1944-1945) (244 pagine). L’autore, Andrea Giannasi, non ha dubbi: è stata la migliore unità nell’intero conflitto, perché i piccoli soldati con gli occhi a mandorla erano motivati fino all’estremo sacrificio per diverse ragioni. Volevano dimostrarsi all’altezza del giuramento di difendere l’onore degli Stati Uniti, sfidavano il razzismo e l’ostilità degli americani nei confronti dei giapponesi, temevano più di ogni altra cosa di far cadere sulle famiglie e loro stessi la vergogna del disonore, l’hagi.
Andrea Giannasi è l’editore di Tralerighe Libri. Cinquantaduenne di Castelnuovo Garfagnana, è un ricercatore appassionato, laureato in storia contemporanea a Pisa e autore di numerosi testi sulla seconda guerra mondiale in Italia e degli italiani in Russia. Ha vinto il Premio Cerruglio per la pubblicistica militare nel 2017 e coordina a sua volta il Premio Arrigo Benedetti, assegnato in questi anni a giornalisti come l’ex direttore del "Corriere della Sera" Ferruccio De Bortoli, Toni Capuozzo e Milena Gabanelli. È anche direttore scientifico del Museo della Liberazione di Lucca, legato alla Federazione Volontari della Libertà.
I nippoamericani del 100°/442° Regimental Combat Team hanno agito anche nel non facile teatro di guerra del versante tirrenico della Linea Gotica, sulle Apuane, con tanta efficacia che quando le lasciarono per i Vosgi francesi vennero rimpianti. Gli è giunto fin da bambino il racconto del valore di questi soldatini instancabili, disposti a ogni impegno, con enormi scarponi ai piedi ed elmetti sproporzionati per le teste minute. Avevano operato proprio nella sua Garfagnana, da qui l’interesse, accanto a quello per i brasiliani della FEB, la Forca Expeditionaria Brasilera, impegnata contro i tedeschi nello stesso settore apuano del fronte e integrata come i Nisei nella V Armata statunitense, al comando del generale Clark.
Il termine Nisei deriva dalle iniziali dei numeri cardinali giapponesi: ici, ni, san, uno, due, tre. Issei indicava gli immigrati originari dal Giappone nell’ondata migratoria di manodopera a fine ’800 verso le isole Hawaii e le piantagioni di frutta della California. Nisei erano i nippoamericani di seconda generazione, Sansei quelli di terza e così via, di numero in numero.
Dopo l’aggressione del Sol Levante a Pearl Harbour, gli Stati Uniti reclusero in campi d’internamento 120mila dei 280mila americani di etnia giapponese, intere famiglie e persone di ogni età, ma già prima si era levata la protesta dei giovani in età di arruolamento. Cresciuti sul suolo americano, si sentivano americani e in molti avevano prestato servizio onorevolmente nella Guardia Nazionale Hawaiana. La sincerità della professione di fede USA dei Nisei convinse le autorità civili e militari statunitensi a dare fiducia ai ragazzi nippoamericani, formando un reparto di fanteria, di organico comunque inferiore a una divisione.
I giovani volontari, figli di immigrati dal Giappone e alcuni già di passaporto americano, si dichiararono disposti a operare anche contro il nemico giapponese sul fronte del Pacifico. Per tutelarli, però, dalla giustizia sommaria che avrebbero subito in caso di cattura da parte delle truppe dell’imperatore, il 100°/442° venne assegnato al fronte europeo. Lo raggiunsero in Italia, ad Anzio, nei primi del 1944, dopo l’addestramento negli States. Il comando era affidato all’esperto colonnello Turner, che aveva ammirato nella Grande Guerra la buona prova offerta dai “nippo”. Secondo era il maggiore Lowell, già insegnante nelle scuole della Hawaii National Guard, un vero padre per i Nisei.
Il Regimental Team risalì dal Lazio alla Garfagnana fino all’autunno 1944. A fine guerra sommò complessivamente 18.143 decorazioni, tantissime per una unità con meno di 5mila uomini.
Qualche curiosità. Fu un Nisei della Guardia Nazionale Hawaiana a fare il primo prigioniero giapponese, lo stesso 7 dicembre 1941 del bombardamento proditorio delle Hawaii. Una sentinella catturò un sergente della Marina nipponica, arenato sulla spiaggia col suo sottomarino tascabile.
Non sopportavano d’essere chiamati Nisei, ancora meno tolleravano il nomignolo japs, con cui li apostrofavano i commilitoni yankee. Consideravano l’uno e l’altro dispregiativi. Preferivano farsi chiamare Ajas, American of Japanese Ancestry, americani di ascendenza giapponese.
Il disprezzo razziale e il sospetto dei soldati americani nei confronti dei piccoli ma serissimi commilitoni si stemperò per la fama di ottimi giocatori di baseball guadagnata dai Nisei nelle sfide tra reparti militari. Fornivano campioni alle formazioni divisionali, che grazie a loro prevalevano sugli avversari. I Red Bull, Tori Rossi della 34esima Divisione, cui erano aggregati, erano felicissimi che i nippoamericani, grandi combattenti, fossero schierati con loro.
Per inciso, un’aliquota ridotta della Guardia Nazionale Hawaiana servì nel Pacifico per compiti di spionaggio. Era il MIS (Military Intelligence Service), costituito in gran segreto tra i Kibei, educati in Giappone ma rientrati negli Stati Uniti prima della guerra. La conoscenza della lingua madre si prestava a tanti scopi, non foss’altro la traduzione di documenti e l’interrogatorio dei prigionieri. Un altro ruolo prezioso per il determinatissimi Nisei.
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