I Ragazzi dell’Imperatore
- Autore: Lorenzo Innocenti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
Quello che la Rivoluzione toglie, la Rivoluzione restituisce. Nel 1793, un decreto giacobino aveva cancellato con gli altri titoli l’alto grado di maresciallo, introdotto in Francia fin dalla battaglia di Bouvines del 1214. Ma nel 1804, un Senatoconsulto reintrodusse la dignità di maresciallo dell’Impero, per premiare quella casta di audaci, geniali o anche solo fortunati capi militari che si erano affermati nel corso delle tante guerre post rivoluzionarie. Potevano chiamare Napoleone “cugino”, per meriti di guerra. Erano i “I Ragazzi dell’Imperatore”, titolo del saggio dedicato loro nel 2015 e pubblicato dalle milanesi Edizioni Acies (pp. 226, euro 12,00) dal vicentino Lorenzo Innocenti, storiografo in prestito dal ramo assicurativo-finanziario, in cui esercita l’attività professionale prevalente.
Luci ed ombre dei marescialli di Napoleone, grandi condottieri approdati alle armi ancora imberbi e che si erano distinti sul campo da semplici sottufficiali o da modesti pari grado di un giovane ufficiale di artiglieria, il corso Bonaparte. E questi ne aveva intuito le doti e li aveva cooptati nella sua folgorante carriera, mettendoli alla testa dei corpi d’armata, creazioni del suo genio militare che tanto favorirono le sue campagne travolgenti. Nello zaino di ogni soldato della Grande Armèe c’è un bastone di maresciallo, si diceva, perché i più audaci non tardavano a farsi notare, in un esercito falcidiato dalla ghigliottina negli alti ranghi di origine nobiliare e sempre impegnato nelle guerre repubblicane contro tutta Europa. A condizione di sopravvivere alle tante imprese, ovviamente.
Scalando spesso le gerarchie militari partendo dalla gavetta, andavano a collocarsi in quell’Olimpo che costituiva una classe dirigente militare privilegiata, che si elevava per prestigio, ruolo e prebende su quelle di tutti gli eserciti dell’epoca.
In seguito all’ascesa del generale al trono imperiale, nel 1804, il grado di maresciallo era diventato la quinta carica dello Stato, dopo l’imperatore, l’imperatrice (capriccio di Napoleone), la famiglia imperiale (numerosa e insaziabile) e i ministri. Erano autorizzati a considerarsi cugini dell’imperatore e a vestire in modo sfarzoso e distintivo, nelle riunioni pubbliche civili e sui campi di battaglia.
Ad ognuno di loro ci si doveva rivolgere rispettosamente come a “monsieur le marechal”, ma il titolo era legato strettamente alla funzione bellica al servizio della Francia. Infatti, tanto Gioacchino Murat che Bernadotte decaddero dal titolo e persero il bastone e i relativi appannaggi, salendo uno sul trono di Napoli e accettando l’altro di diventare principe ereditario di Svezia.
In compenso, nel corso dell’attività bellica, proprio la divisione geniale dell’Armée nei grandi ma agili corpi d’armata li poneva di fatto alla testa di micro eserciti dotati di una certa autonomia operativa.
Lorenzo Innocenti traccia l’arco complessivo della loro stagione e passa poi a esaminarli singolarmente, in ventisei monografie. Tanti sono stati infatti... Le singole origini offrono uno spaccato di una società francese profondamente rinnovata. Tutti divennero generali durante la Rivoluzione, ad eccezione del solo Kellerman, che l’aveva conseguita durante l’Ancien Regime, mentre Bessiéres venne nominato durante il Consolato. Appena cinque avevano origini nobili: Berthier, Davout, Grouchy, Macdonald e Marmont. Il grosso veniva da famiglie di estrazione popolare, come Augereau, Lannes e Ney o dedite al commercio e piccolo borghesi: Bernadotte, Bessiéres, Gouvion Saint Cyr, Jourdan, Lefebvre, Masséna, Murat, Oudinot, Soult e Victor.
Gli altri erano figli della borghesia agiata o della piccola nobiltà: Brune, Kellerman, Moncey, Mortier, Pérignon, Sémrier e Suchet. Uno, infine, era polacco, Poniatowski, in carica appena tre giorni, prima di morire dopo la battaglia di Lipsia.
Negli altri eserciti europei del tempo, l’età dei comandanti superava in media i 65 anni, ma l’imperatore preferiva circondarsi di collaboratori nel pieno delle energie fisiche e mentali: solo due marescialli erano ultrasettantenni, ben tredici avevano meno di 50 anni e otto anche meno di 40.
Il primo a morire fu Lannes nel 1809, per le ferite riportate nella battaglia di Essling. Tredici restavano in vita, quando Napoleone si spense a Sant’Elena, nel 1821.
Secondo qualcuno dei contemporanei illustri, i marescialli furono degli
“accessori necessari alla corona”
ma qualcuno approfittò eccessivamente della sua dignità, finendo per assumere comportamenti arroganti e prevaricatori che causarono problemi e furono motivo di imbarazzo e collera per l’Imperatore. Napoleone fu costretto
“ad ammonirli, biasimarli e gestirli. proprio come avrebbe fatto un insegnante con una classe indisciplinata”.
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