I segreti del chiostro
- Autore: Maria Oliveri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Maria Oliveri, con “I segreti del chiostro. Storia e ricette dei monasteri di Palermo” ha il grande merito di tramandare un’importante eredità culturale, che è insieme spirituale e materiale. Si tratta di quella dei monasteri di Palermo al cui interno, dietro semplici pastarelle e peccati di gola, si celavano storie segrete, racconti e curiosità.
Tra le mura dei Conventi di clausura venivano tramandate oralmente, e quasi mai trascritte, le ricette della primigenia pasticceria siciliana. Alla base delle cucine dei monasteri, vi erano ingredienti semplici e genuini come mandorle, zucchero e farina, con cui si ottenevano dolci di straordinaria bontà. Un percorso sensoriale fatto di antichi sapori e di sapiente manualità che trovava espressione nel Trionfo di Gola e nelle Fedde del Cancelliere che Maria Oliveri, dopo attente e minuziose ricerche, ci descrive dettagliando meticolosamente i prodotti di ogni singolo monastero.
I conventi erano espressione di alta spiritualità ma anche di potenza economica e, ancora, ritiri di nobili dame come pure istituti di redenzione per orfanelle o donne perdute. Dopo il 1866, molti di essi cessarono di esistere, venduti e messi all’asta per ripianare i debiti del novello stato laico e anticlericale. Nel 1798, come riporta anche Giuseppe Pitrè, si contavano a Palermo trentotto conventi e trentanove monasteri oltre le centocinquantadue chiese.
Ogni convento aveva un piatto identificativo, sovente legato al calendario liturgico, preparato dalle religiose, anche se non tutte svolgevano il ruolo di “dolciere”. Oltre agli ingredienti genuini giocava un ruolo importante l’aspetto con cui si proponeva il dolce all’esterno, perciò contava molto la decorazione.
I locali della cucina erano umili e spartani con gli stampini in gesso, le formelle e la rotella in metallo ed i dolci venivano disposti su teglie di latta, per essere poi venduti all’esterno attraverso una ruota.
Il monastero di Santa Caterina assunse con l’andare del tempo un carattere sempre più aristocratico e all’interno operava un corpo elitario.
Ne “I segreti del chiostro” viene descritta minuziosamente la complessa organizzazione interna e la gerarchia, e si accenna pure alla cosiddetta
“monacazione forzata”
di cui erano vittime le figlie cadette o illegittime o con evidenti difetti fisici delle famiglie nobili. La loro dote costituiva per il monastero una preziosa fonte di reddito. Sin dalla più tenera età, a soli cinque o sei anni, si entrava in convento per divenire a sette anni “educanda” e poi “novizia”. Il silenzio quasi totale della clausura costituiva una regola della vita interna ma vi erano anche delle distrazioni. Alcune monache, tra le quali proprio quelle del monastero di Santa Caterina, potevano recarsi all’esterno e dalle logge dei palazzi del Cassaro potevano seguire gli spettacoli civili e religiosi.
Come spiega anche Giovanni Verga in “Storia di una capinera”, dove Maria, la protagonista, dopo un profondo dissidio interiore, prende i voti per libera scelta, non tutte le religiose erano state forzate alla vita monacale tanto che alcune di esse morirono in odore di santità. Altresì era possibile, anche se laboriosamente, “svestirsi” e tornare “nel mondo” dopo complesse cause di svestizione. La “monacazione” era una cerimonia fastosa, eseguita con grande pompa e solennità: si poteva arrivare sino a tre giorni di festeggiamenti e banchetti.
Non bisogna pensare poi a ruvide tonache poiché specie le moniali di nobile casato indossavano spesso biancheria di tela finissima e fazzoletti di Olanda e di batista.
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Mi è stato regalato per Natale, e come si suol dire, "a caval donato...."
Tuttavia, non considerando alcuni errori di ortografia e di grammatica, la narrazione passa dall’essere mortalmente noiosa (per esempio l’infinito elenco dei monasteri palermitani) all’essere interrotta da una quantità eccessiva di note in calce, che potevano essere facilmente integrate nel testo principale, rendendolo più interessante e ricco e meno frammentario. L’impressione in generale è che non ci fosse molto da raccontare, anche le ricette sono le solite ricette di pasticceria siciliana.