I cadetti dell’Alcazar
- Autore: Valerio Pignatelli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2018
“I cadetti dell’Alcazar”, un romanzo storico vibrante di retorica, come i film di regime degli anni Trenta. Il principe Valerio Pignatelli lo ha scritto nel 1937, ma da noi riappare adesso, su iniziativa della casa editrice Solfanelli di Chieti (settembre 2018, 268 pagine, 20 euro), con la stessa copertina di allora, a caratteri littori, tutti spigoli.
Con al centro due cadetti ventenni dell’Accademia di fanteria di Toledo, si sviluppa nella Spagna del 1936, insanguinata dalla guerra civile. È narrativa d’epoca ed anche ricostruzione di parte fascista delle vicende terribili del conflitto feroce tra spagnoli rossi e neri, che incendiò per tre anni il Paese iberico con una violenza inaudita, senza alcuna pietà tra le due fazioni. Per questo, è utile ricordare la vicenda storica di fondo ch’ebbe inizio nel luglio 1936, pochi giorni dopo l’Alzamiento, la rivolta dei militari nazionalisti guidati dal generale Francisco Franco contro il governo repubblicano socialcomunista del Fronte Popolare.
Nell’Alcazar, la costruzione monumentale che domina la città di Toledo, aveva sede la scuola militare dove si asserragliarono i cadetti franchisti al comando del colonnello Moscardò, con la Guardia Civil e i familiari degli elementi di questo corpo di gendarmeria. Poco più di mille combattenti, assediati da miliziani repubblicani quasi dieci volte più numerosi e dotati di artiglieria, qualche carro armato e aerei, che effettuarono numerose incursioni contro la fortezza. Si trattò di un autentico assedio medioevale: attacchi degli assedianti, sortite degli assediati, bombardamenti, brecce, scavi di gallerie di mina. La costruzione venne demolita al 90%, ma i difensori ressero, fino all’arrivo dei rinforzi, il 27 settembre.
È storia e romanzo anche la vita dell’autore, uomo assolutamente d’altri tempi, anzi, di quei tempi. Il principe Valerio Pignatelli di Cerchiara e di Nola è stato scrittore, giornalista, politico, deputato fascista, militare e industriale. Un D’Annunzio ancora più moschettiere, come amava considerarsi. Nato a Chieti nel 1886, combatté da giovane ufficiale di cavalleria in Libia nel 1911. È stato capitano degli Arditi nella Grande Guerra e nel 1920 ha militato in Russia nelle armate bianche contro la rivoluzione comunista.
Poco dopo, venne acclamato addirittura imperatore di una provincia meridionale del Messico, in una delle tante rivoluzioni locali. L’avventura imperiale durò appena dieci giorni, dopo un capovolgimento dovette riparare negli Stati Uniti.
Tornato in Italia, partecipò a tutte le campagne di guerra. D’essere fascista era fascista, ma a modo suo e per questo veniva considerato un ribelle ed emarginato. Nonostante tutto, nell’estate 1943, dopo la deposizione di Mussolini, fu tra quelli che cercarono di liberarlo dal confino cui era stato inviato, poi a Napoli organizzò una quinta colonna spionistica contro gli Alleati che avevano invece stretto con lui relazioni amichevoli. Scoperto, venne arrestato e subì un lento processo, beneficiando dell’amnistia Togliatti nel 1946.
Prese parte alla creazione del Movimento Sociale, entrando ben presto anche qui in conflitto con gli altri neofascisti. Ruppe i contatti, si ritirò. Morì in provincia di Catanzaro, nel 1965. Oltre a distinguersi come uomo d’armi, d’azione e reazione, Pignatelli si dedicò alla cultura e alla scrittura: saggi, libelli politici, libri d’avventura. L’Alcazar è tra le sue prime produzioni, romanzi popolari di cappa e spada, firmati dal 1932 al 1940, tra un conflitto e una spedizione armata. Li pubblicava una casa editrice prestigiosa, Sonzogno, nella collana Romantica. Gli attuali editori chietini tengono a ricordare che perfino Antonio Gramsci gli riconosceva il tentativo di dare vita ad un filone di narrativa popolare, che allora mancava alla nostra letteratura.
Il romanzo è quindi la storia dell’epico assedio, come apparve agli occhi di un sostenitore e futuro alleato della fazione nazionalista franchista, come Pignatelli.
È il 18 giugno 1936, Miguel ha vent’anni e va cantando, intonato ed esuberante, una sua canzone che si è diffusa in tutta l’accademia
Occhi di fuoco, cuore d’acciaio, cadetto dell’Alcazar non chiedo nulla a nessuno, sono il re della mia vita.
Sta rientrando a casa, in Catalogna, per finire le vacanze dopo qualche giorno di isolamento in alta montagna, per ossigenarsi. Intanto è scoppiata la guerra civile e i rossi hanno ucciso o costretto alla fuga i possidenti.
Miguel vede un’orda scatenata di miliziani e popolani che sul sagrato della Chiesa ha incendiato panche e paramenti, bruciandovi sopra il prete. È un esempio crudele del calor bianco raggiunto dalla guerra fratricida.
In una Barcellona scossa da fucilazioni sommarie, incontra un cadetto anziano di sua conoscenza, Carlos. È vestito da ufficiale repubblicano, ma solo per sfuggire alla furia rossa. Insieme faranno di tutto per raggiungere Toledo, dove colleghi e franchisti sono assediati e c’è anche l’amata cugina di Miguel, Soledad.
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