I fantasmi del cappellaio
- Autore: Georges Simenon
- Casa editrice: Adelphi
“Erano solo due commercianti con i negozi l’uno di fronte all’altro”.
Nel romanzo I fantasmi del cappellaio di Georges Simenon (Adelphi, 1997; nuova edizione Adeplhi, 2012) terminato di scrivere dal grande autore belga il 13 dicembre del 1948 a Tumacacori in Arizona, il cappellaio Léon Labbé e “il piccolo sarto armeno Kachoudas” sono complici l’uno dell’altro, perché condividono un terribile segreto.
Originale è la genesi di questo inquietante romanzo nel quale ancora una volta con sottile sapienza Simenon esplora i singolari meccanismi della psiche umana. Nel ’47 durante il soggiorno americano che durò dieci anni, Simenon redasse il racconto Il piccolo sarto e il cappellaio, cui fece seguito alcuni mesi dopo una nuova versione Beati gli umili, cambiata solo nel finale, con la quale l’autore vinse il premio per il miglior racconto poliziesco dell’Ellery Queen’s Mistery Magazine. Les fantomes du chapelier è quindi la terza rielaborazione di un dramma a foschi tinte, che ha come sfondo la storica cittadina di La Rochelle.
“È morta la sesta, giovanotto, e ancora una volta tutta la città piangerà sulla sua sorte”.
L’ennesima lettera anonima è arrivata a Jeantet, diciannovenne cronista de L’Eco des Charentes, che rivendica l’assassinio di una donna sessantenne, annunciando una settima e nuova vittima. In questa sorta di gioco tra il gatto e il topo, solo il “povero diavolo” di Kachoudas ha casualmente scoperto che il killer è il suo vicino di casa ma nonostante lo abbia quasi colto in flagranza di reato e sia allettato dalla ricompensa di 20mila franchi, “il piccolo sarto” tace. Forse per paura, per vigliaccheria, perché non è certo che l’assassino sia veramente Labbé o forse perché il cappellaio gli ha sussurrato “Calma, Kachoudas... ”. Nel frattempo al Café des Colonnes, in un dicembre bagnato “da una lunga pioggia battente”, i maggiorenti cittadini s’interrogano sull’identità dello strangolatore che uccide le donne anziane con una corda di violoncello. È ovvio che le vittime assassinate a sangue freddo non siano scelte a caso, anzi gli efferati omicidi seguano uno schema ben preciso. “Agisco secondo una logica, perché è necessario”. Il segreto degli omicidi è racchiuso in un’antica “fotografia scattata a una classe del collegio dell’Immacolata Concezione, il giorno della distribuzione dei premi”.
Ancora una volta il prolifico scrittore dalla penna magistrale, che fissava in soli nove giorni il tempo per chiudere un romanzo, ci porta con un semplice aggettivo dentro una situazione, un ambiente, un’atmosfera rendendola unica, perfetta. “Straordinario scrittore, straordinario osservatore”, così Andrea Camilleri ha definito uno dei maggiori autori del XX Secolo che lo scrittore siciliano ha iniziato a leggere e ad amare fin da bambino. Come non essere d’accordo con il Maestro Camilleri?
“Alle quattro del pomeriggio era già buio da un pezzo, e a certe finestre la luce restava accesa dalla mattina alla sera”.
I fantasmi del cappellaio
Amazon.it: 11,40 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I fantasmi del cappellaio
Lascia il tuo commento
Dentro la psiche del serial killer
È del tutto particolare la genesi di questo romanzo, tanto che vale la pena di raccontarla. Nel 1947 Simenon, nel periodo in cui soggiornò negli Stati Uniti, scrisse il racconto Il piccolo sarto e i cappellaio, da cui trasse una versione sostanzialmente analoga, ma con un diverso finale, che intitolò Benedetti gli umili, e che, tradotta in inglese, vinse il premio per il miglior racconto poliziesco al concorso annuale indetto dall’”Ellery Queen’s Mystery Magazine”. Il piccolo sarto e il cappellaio assomiglia molto a I fantasmi del cappellaio, anche se il punto di vista della narrazione è dato dal piccolo sarto Kachoudas, con i suoi tormenti e che, quando scopre che il vicino di casa è l’assassino ricercato dalla polizia, esita a lungo, incerto fra la paura e il desiderio di riscuotere la taglia. Invece il romanzo in epigrafe ha come centralità il cappellaio Labbé, il serial killer, mentre il piccolo sarto armeno, pur non passando in secondo piano, finisce con il diventare la naturale complementarietà dell’altro, perché entrambi finiscono con il diventare complici, in quanto condividono un orribile segreto. La riscrittura effettuata da Simenon rende più corposa l’opera, analizza in modo incisivo la complessa psiche di un assassino seriale, conducendo il lettore dentro un mondo di ombre indistinte, popolato di incubi, di cui il cappellaio Labbé è al contempo artefice e vittima. E’ un gioco di rara finezza, condotto sull’esile filo del rasoio (è sempre possibile uno scivolone che tolga la tensione, ma Simenon lo evita magistralmente). Ambientato a La Rochelle, in un autunno grigio, freddo e piovoso, la narrazione procede nella realtà di una comunità di modeste dimensioni, in una vita tutto sommato ripetitiva e monotona, fatta di ore e ore trascorse al bar per la ormai irrinunciabile partita di bridge, a cui la borghesia non può mancare, perché ormai è diventato un suo rito, un momento di contatto fra chi conta e si conosce da tempo immemorabile.
Ma questa tranquillità propria della piccola provincia viene bruscamente interrotta dagli omicidi, per strangolamento, di alcune signore anziane, e bene in vista, del luogo. A uno di questi assisterà anche il piccolo sarto Kachoudas, che già nutriva qualche sospetto sul suo dirimpettaio, il cappellaio Labbé. Questi se ne accorge e se ne compiace, perché ora può dividere con un altro, peraltro assai pavido, il suo terribile segreto.
Il serial killer, mano a mano che uccide, con la polizia che brancola nel buio, crede di incarnare il potere assoluto, si convince di essere perfetto, ma, come sempre accade in questi casi, il vestito monolitico che si è costruito addosso per un caso fortuito registra un piccolo strappo; s’incrina così la folle e totale fiducia in se stesso e da allora sarà una progressiva esasperazione, una ripetuta e crescente sfiducia che finirà con il portarlo fra le braccia degli inquirenti.
La capacità di Simenon di analizzare gli individui, di entrare nella loro psiche qui raggiunge vertici straordinari e se la maggior parte dell’attenzione è riservata al serial killer, anche per gli altri personaggi c’è un interesse rilevante per il loro comportamento, per i fantasmi che agitano la loro mente, in primis per il piccolo sarto armeno, quel Kachoudas che più di tutti patirà il segreto di cui è venuto a conoscenza e che nel volgere di pochi giorni, complice la sua coscienza, finirà per travolgerlo.
E’ difficile non restare affascinati da questo romanzo, mai greve, avvincente pagina dopo pagina, con il lettore che gradualmente proverà un sentimento di pietà non solo per le vittime, ma anche per l’assassino, vittima lui stesso di se stesso.
I fantasmi del cappellaio è un vero gioiello e quindi ne raccomando vivamente la lettura.