Maigret e il signor Charles
- Autore: Georges Simenon
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2012
Maigret e il signor Charles (Maigret et Monsieur Charles) di Georges Simenon è stato di recente riproposto dalla casa editrice Adelphi nella traduzione di Laura Frausin Guarino.
Composto e dato alle stampe nel 1972, occupa un posto particolare nel corpus del prolifico autore belga in lingua francese. È l’ultimo dei 192 romanzi firmati con il suo vero nome, poiché per le opere popolari degli esordi preferì lo schermo di vari nickname. E in quello stesso anno smise di scrivere: solo dopo il suicidio della figlia si riconciliò con la prosa autobiografica dei Mémoires intimes.
Sul commissario Maigret a un passo dalla pensione l’incarico di direttore della polizia giudiziaria non esercita alcuna attrattiva. Ha bisogno di lavorare sul campo, di trasformare ogni caso in un’esperienza personale, di entrare in contatto con gente comune che si macchia di crimini violenti. Un ufficio lussuoso e scartoffie gli stanno stretti. Mentre valuta le conseguenze per aver declinato l’offerta più ambita per un funzionario di polizia, a fine carriera come lui, riceve una visita inaspettata. Infatti Nathalie Sabin-Levesque dribbla l’ufficio competente e si rivolge direttamente a Maigret. Desidera denunciare la scomparsa del marito notaio, che vanta il fior fiore della clientela parigina.
Spiazzato dal fatto di trovarsi “faccia a faccia con un tipo di donna che non ha mai incontrato” e non meno incuriosito, il commissario deve procedere con cautela nell’eventualità si tratti di una delle consuete scappatelle che, a detta della moglie, costellano da sempre il loro matrimonio.
Questa donna vinta dalla vita è cara a Simenon. Enigmatica, contraddittoria, dura e fragile, indomita e ripiegata su sé stessa, sprezzante e rispettosa, controllata e sull’orlo di una crisi di nervi, dalla bellezza sfiorita o sul punto di diventarlo.
Complici un passato difficile e il vizio del bere. Gli esempi sono tanti, a caldo mi ricorda un po’Sylvie di Marie la strabica, un po’ Aline in Maigret e il corpo senza testa. C’è un distinguo: Nathalie è consumata da un’amarezza sconcertante estranea all’abulia di Aline e all’indifferenza di Sylvie.
Torniamo alla trama. Quando la scomparsa si protrae, il commissario sonda il fondale di amici, conoscenti, collaboratori e di un matrimonio sbagliato. Non impiega molto a scoprire che la coppia vive da anni su binari divergenti. Il notaio bon vivant si divide con successo tra professione e serate in compagnia di escort d’alto bordo. La moglie ha scelto l’esilio di una solitudine autodistruttiva nell’austera eleganza di un appartamento votato all’immobilismo. Eppure qualcosa non quadra.
In base alle testimonianze il primo sembra stimato e benvoluto da tutti, la seconda no. Possibile che un umore ondivago insieme al debole per la bottiglia, di cui la signora Sabin-Levesque non fa mistero nemmeno di fronte alla servitù, l’abbiano resa così invisa al prossimo?
A quarant’anni di distanza dall’esordio di Maigret, commissario, intento a pedinare Pietr il Lettone, Simenon si congeda con un’indagine satura di amarezza e solitudine, riproponendo i leitmotiv della prigione coniugale e di una realtà binaria riconducibile alla stessa persona.
Se anche voi come me siete Maigret addicted, potreste trovare l’ultima avventura meno incisiva. Però mai come in questa vicenda il responsabile viene arrestato a malincuore.
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