I gatti della scrittrice
- Autore: Muriel Barbery
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2020
I gatti della scrittrice (Edizioni e/o 2020, titolo originale Les chats de l’écrivaine, traduzione di Alberto Bracci Testasecca, illustrazioni di Maria Guidart) è il libro che Muriel Barbery, autrice francese del bestseller internazionale L’eleganza del riccio, dedica ai suoi amati felini.
“Lo affermo senza mezzi termini: senza di noi la nostra scrittrice non sarebbe la scrittrice che è. Non so se sarebbe peggiore o migliore, sarebbe diversa e basta. Perché? Perché anche se non parliamo siamo consulenti letterari insuperabili”.
Quattro gatti certosini, dal pelo grigio e occhi arancioni, vivono in campagna in una casa con pareti grigio talpa, divani scuri e cuscini arancioni. A un’estremità della casa c’è lo studio della scrittrice, all’altra estremità lo studio di musica del marito, di quando in quando la coppia si incontra a metà strada, cioè in cucina, dove i mobili sono grigi e gli strofinacci arancioni.
La portavoce dei mici è Kirin che ha quattro anni, poi c’è suo fratello Petrus, e Ocha, che è un maschio, e Mizu che è una femmina, gli ultimi due di quattro anni più grandi di Petrus e Kirin. C’è da dire che ciascuno dei felini ha una personalità ben distinta e, a onor del vero, una propria peculiare nevrosi. Ocha è il loro capo, ma è un autentico “tenerone”, ghiotto come tutti i certosini, che sono anche dei veri edonisti dalla grande gioia di vivere. Bisognerebbe imparare da loro, evidentemente. Se la cosa che Mizu odia di più al mondo è che si invadano i suoi spazi, Kirin è consapevole della propria bellezza fatale: così rotondetta, dolce, grigia, affascinante, aggraziata, Kirin ha gli occhi così arancioni e i baffi così setosi che viene spesso chiamata “Cocca”. Come tutti i gatti del mondo i certosini di Muriel Barbery passano il tempo a cacciare, dormire, mangiare e ancora dormire. Miagolano per uscire e, una volta fuori, miagolano per rientrare, sempre spaparanzati nei punti in cui marito e moglie vorrebbero sedersi o lavorare, “negando sfacciatamente ogni crimine nonostante il naso sporco di marmellata”.
In queste deliziose pagine, tra sottile ironia felina, filosofia e saggezza nipponica, Barbery si diverte a descrivere attraverso i racconti taglienti e puntuali della micia Karin la propria quotidianità e quella di suo marito. Gatti compagni di vita e di scrittura, amici fedeli che sorvegliano e osservano, i quali con la loro presenza rassicurano una Muriel, ossessionata dall’ordine e dalla perfezione estetica. Felini geniali, a cui confidare aspirazioni e delusioni, che hanno pure imparato a leggere pur di aiutare la creatività della loro padrona, pardon, amica.
In poche parole i gatti sono dei numi tutelari e decorativi che vegliano sulla perpetuità del rigido piccolo mondo estetico, permettendo alla scrittrice francese di sfornare testi raffinati e originali. Veri e propri “lavoratori certosini”. Del resto, da Baudelaire a Bukowski, sono tanti gli scrittori, sempre agitati e ansiosi a causa del processo creativo, che hanno amato e amano i gatti, perché sono maestri di vita, dalla saggezza leggendaria.
Edonisti, fieri e dallo spirito di indipendenza, da premiare il giorno dell’Epifania con una calza piena di golosità e leccornie.
“Lo dico chiaro e tondo: calmare l’agitazione della nostra scrittrice è una cosa, ma affrontare il suo dubbio è un altro paio di maniche. Così, rassegnati, ci siamo imposti un male necessario. Abbiamo imparato a leggere”.
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