I racconti di Rainwater Pond di Billy Roche

Dire che I racconti di Rainwater Pond di Billy Roche (Battaglia, 2019, trad. B. Masi) è un libro di racconti è riduttivo, dire che è scritto da un grande autore ancora poco conosciuto in Italia altrettanto.

Il libro è caratterizzato da una serie di racconti che viaggiano su linee esistenziali indipendenti, ma che spesso si incrociano o si incontrano provenendo tutti i personaggi del libro dallo stesso paesino della campagna irlandese, vicino alla cittadina di Wateford. Anche i luoghi con il succedersi dei racconti diventano famigliari, come il Banjo Bar e il lago, Rainwaterpond, che più che lago è una pozza d’acqua, che diventa specchio dell’anima di chi lo frequenta, non senza un risvolto "gotico", tipico di molta letteratura irlandese.

L’autore, Billy Roche, è un personaggio eclettico: drammaturgo, attore, musicista e scrittore. La prefazione al libro l’ha scritta, udite udite, John Banville, uno dei più importanti autori nel panorama contemporaneo (in Italia pubblicato da Guanda), connazionale di Billy Roche e suo grande estimatore, come si può evincere dalla bellissima introduzione al libro.

Lo stile di Roche è affascinante: profondo e ricco di ironia, capace di bellissime descrizioni (dei luoghi e dell’anima), con forti richiami al mondo del teatro irlandese e a quella letteratura americana di "strada" alla Jack London che qui, a mio avviso, ha forti richiami. Comunque in Roche c’è qualcosa del grande autore che, forse, lo scrivere racconti limita.

«Per quale motivo hai urlato il mio nome in quel modo, eh Steven?» iniziò Maggie. «Avresti dovuto sapere che non sarei mai riuscita a nuotare fino a lì per salvarti. Lo dovevi sapere! Perché proprio io? Perché non Albino Murphy o uno degli altri ragazzi più grandi? Forse perché ero l’unica della famiglia lì presente, è questo il motivo? È così? Volevi salutare la tua amata sorellina. Perché mi volevi bene Steven, non è vero? D’altronde ero la tua sorellina e ti prendevi sempre cura di me, mi tenevi per mano, e mi trascinavi nelle tue avventure da pazzo, a rubare nei frutteti, a bussare alle porte, a urlare a Doyle lo scemo e mille altre cose ancora. Te lo ricordi Steven quel bellissimo giorno d’estate, di canicola, mentre salivamo su per John Street?»