I sogni belli non si ricordano
- Autore: Carlo Verdelli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2014
“Tu sei tutti i bambini e le bambine di questo libro. C’è un angolino in te in ognuno di loro, come la luce che si riflette in un prisma ed escono tante luci diverse per intensità e colore, ma è sempre la stessa e unica luce”.
Così la quarta di copertina di questa raccolta di racconti e di brevi poesie delicata ma profonda che in punta di piedi ci riporta ai ricordi della nostra infanzia e all’importanza di essi.
Carlo Verdelli (classe 1957 e giornalista tra gli altri di “Sette”, “Vanity Fair”, “La Gazzetta dello Sport”, “Repubblica” nonché vicedirettore del “Corriere della Sera”) esordisce con questa raccolta pubblicata nel 2014 da Garzanti. “I sogni belli non si ricordano” è un libro di bambini, sui bambini, a volte scherzoso, a volte amaro ma decisamente travolgente.
Il titolo è tratto dalle prime pagine del volume che recitano:
“Papi, ho fatto un bel sogno.”
“E com’era?”
“Bello.”
“Raccontamelo.”
“Non posso.”
“Perché?”
“Perché i sogni belli non si ricordano.”
(Margherito, quattro anni e mezzo”)
Margherito è uno dei tanti bambini che affollano le duecento e passa pagine del tomo, in cui il lettore inevitabilmente, per un verso o per l’altro si identifica, rivivendo i primi baci, le prime delusioni, i primi imbarazzi e le amicizie del proprio quartiere. Si ricorda, si sorride, si rimpiange ad ogni storia:
“Basta Marcellino, adesso dormi.”
“Non mi viene.”
“Dai, che è tardissimo, non farmi arrabbiare.”
“Ma non mi viene!”
“Adesso me ne vado e ti lascio da solo.”
(bacio della buonanotte)
“Abbracciami. Abbracciami un po’”.
Abbracciato ma poi lasciato perché i grandi ad un certo punto si stufano e vanno a vedersi un po’ di tivù, Marcellino tenta l’ultima strillata, quella tipo la va o la spacca. Non la va."
Il lettore, pur sempre adulto, rivive pertanto con lo sguardo sognante le esperienze innocenti dei piccoli protagonisti, ma allo stesso modo rivede (o si immedesima) quei genitori talvolta (forse) troppo severi, impazienti, assenti.
Scenari di un’infanzia trascorsa in una Milano che non c’è più ma che per certi versi è nostalgia comune di qualsiasi luogo:
“A Milano si parlava ancora il milanese, i quartieri erano colorati di fruttivendoli, macellai e drogherie. Piazza del Duomo era terra di piccioni e di bancarelle con il becchine, così la domenica i bambini potevano gettare in aria i semini e vedere macchie nero-grigie svolazzanti fare mucchio selvaggio ora qui ora là, dove cadeva la pioggerellina santa del miglio. Ma anche questa festa è finita”.
Tuttavia:
“Succedevano cose anche meno meravigliose, come quando mia mamma mi promise, dopo mesi di caparbie insistenze, che sì, avrebbe preparato anche a me un panino con la Nutella, che era la merenda più in voga di tutta la compagnia, e invece si presentò con un panino con la mortadella”.
Divertente e malinconico, vitale e purtroppo remoto: fino a che punto il nostro essere stati bambini ha perdurato e perdura? Perché i sogni belli talvolta non si ricordano ma i bei ricordi non si dimenticano…
I sogni belli non si ricordano
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