I sopravvissuti
- Autore: Antonella Presutti e Gianna Piano
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
I luoghi abbandonati hanno una vita tutta loro, invisibile e tenace, perché irrobustiscono nel tempo un’identità votata alla trasformazione. Danno confidenza piano piano, poi dialogano volentieri con chi li sa ascoltare ed è questo il segreto del fascino che esercitano sull’uomo. Paradigma estremo della nostra caducità, la loro personalissima estetica delle rovine comporta la malinconia rassegnata e dolente per lo scorrere del tempo, il decadimento e l’oblio. Eppure, quando il nostro sguardo incrocia il loro in un comune sentire sembrano animarsi, prendere vita per raccontare le storie di chi quei luoghi li ha vissuti con il linguaggio della sottrazione che intacca anche i sentimenti perché in essi “la felicità si presenta per quella che è. Una perdita”. A ciascuno di noi spetta il compito di interpretarlo con la propria sensibilità.
E fluttuano nel tempo puro i luoghi abbandonati, quello avulso dalla storia dove non è la specie umana a dettarne i ritmi ma i cambiamenti della natura che, inesorabile, si riappropria dei suoi spazi. Altrettanto indeciso e sospeso è il paesaggio da cui l’uomo, per necessità o scelta, ha fatto marcia indietro, una terra di mezzo né luce né ombra che offre le potenzialità della dimensione metafisica che appartiene a ogni tempo e a ogni luogo e forse a nessuno.
Sembrano queste le premesse a sostegno de I sopravvissuti, pubblicato da Les Flâneurs Edizioni a settembre 2024, il romanzo potente e originale scritto a quattro mani da Antonella Presutti e Gianna Piano, con la prefazione di Biba Giacchetti.
Antonella Presutti è docente, saggista, presidente della Fondazione cultura regione Molise; qui vive e lavora anche Gianna Piano che, dopo una lunga permanenza a Torino, ha ceduto al richiamo della sua terra. Il corredo fotografico e poetico è suo. Fondatrice dell’agenzia “Sudest57”, Biba Giacchetti si occupa di grandi fotografi autoriali. Grazie a lei in Italia abbiamo imparato ad apprezzare Steve McCurry, Elliott Erwitt e Tina Modotti solo per citarne alcuni.
Nato dall’incrocio tra un saggio antropologico sul mondo rurale e una narrazione romanzesca a polittico dove ogni capitolo è dedicato a un personaggio, I sopravvissuti è un libro che ne racchiude molti ma non assomiglia a nessuno. In una partitura a più voci, prosa, poesia e fotografia parlano lo stesso linguaggio evocativo che, azzerando il confine tra soggettivo e oggettivo, ci regala figure e immagini indimenticabili. Emerge una padronanza magistrale del mezzo espressivo che fa bene alla mente e al cuore. La prosa è densa, calda, aspra e raffinatissima a scavare consuetudini, pensieri, sentimenti e drammi di una vita saldata a una socialità che non appartiene all’oggi. Altrettanto intense le poesie che hanno la solennità di una preghiera senza teologia e la forza collettiva di un coro. La scelta fotografica del bianco e nero interpreta il visibile e l’invisibile sottolineando l’atemporalità di scorci intensi e misteriosi: la vita interrotta in un ambiente spartano ancora ammobiliato, una porta chiusa a sbarrare chissà cosa, un balcone sospeso tra terra e cielo, utensili che non servono più dalla bellezza intonsa. Questa la presentazione del paesaggio collinare che conduce al borgo:
La terra è crocifissa tra le curve, dove la collina è franata, il sole scende lungo le vene delle zolle, il sangue scorre qui in superficie; ci siamo buttate alle spalle le strade regolari, le case perfette, il fumo rado, le finestre serrate per camminare verso la crocifissione, entrare nella dissoluzione [...] La nostra verginità la offriamo alla montagna sulla quale camminiamo, alle pietre che si spaccano, la offriamo inginocchiandoci sul sentiero sterrato, perché la gioia, il dolore e la solitudine passano per contatto, carne alla carne, all’aria, all’acqua come pellegrini senza estasi e ci pesa non essere scalzi, non essere nudi, toccati da questa terra, che ci sfiora, ci penetra e ci inzuppa. Risaliamo il sentiero. Siamo scese giù a guardare la crocifissione dal basso, nello spazio di una ricerca, perché ogni solitudine è assoluta eppure così poco convincente, finché non arriva al midollo. Allora, solo allora la riconosciamo.
Si chiama Villa San Michele, il luogo che ha stregato le autrici, uno dei tanti borghi fantasma del nostro territorio, abbandonati per le ragioni più svariate, dal fallimento dell’economia locale all’inverno demografico, dagli espropri alle calamità naturali. Venne fondato intorno al Settecento nell’alto Molise da un gruppo proveniente da Forlì del Sannio, alla ricerca di terre da destinare al pascolo. Nel Novecento la natura si accanì ripetutamente con alluvioni, frane e piogge torrenziali, determinandone lo sgombero. A nulla valse l’opposizione dei locali; le case erano ancora in piedi, ma inagibili e troppo pericolose.
Oggi è rimasto quasi intatto, case regolari allineate lungo strade spaziose, abbracciato dalla natura. Anche se la sua storia suggerisce scenari di disastri futuri, questo libro intende celebrare la bellezza del borgo e della sua comunità.
Nel Settecento, all’epoca dell’insediamento di quello che diventerà Villa San Michele, Giovanni Piranesi interrogava le “parlanti ruine” di Roma in un dialogo immaginario con il passato, volto a carpire quel potenziale visionario che avrebbe immortalato nelle sue litografie. Anche Antonella Presutti e Gianna Piano, per scrivere questo libro, hanno interrogato il borgo fantasma di Villa San Michele alla scoperta del suo genius loci. Lo hanno fatto in punta di piedi, con misura e un continuo adattamento di passo, senza l’arroganza del conquistatore, la curiosità sfacciata del turista né il puntiglio dello studioso, perché i luoghi abbandonati possiedono una sacralità naturale che esige rispetto.
Le creature, bellissime, che abitano i vari capitoli prendono corpo dalle suggestioni ispirate da un luogo, un edificio, un oggetto oppure nascono dalla rielaborazione di documenti e testimonianze di vita materiale raccolti in fase preparatoria. Ecco il Dio campagnolo e domestico di don Onofrio, il parroco senza vocazione capace di dare sostegno a chiunque fuorché a se stesso. E Amato, impegnato in una lotta impari contro la natura perché l’alluvione è un diluvio senza salvezza. E ancora Renato che, per sfidare il fiume in piena, si affida all’amuleto della sua giovinezza.
Incontriamo una ghirlanda di donne e le loro femminilità. Una vedova messa di fronte alla forma del vuoto e una donna estranea al matrimonio; giovani schiacciate dal peso del desiderio e della bellezza, inselvatichite dalla solitudine, illuminate dalla maternità o costrette a scegliere tra dignità e amore. Figure concrete e mitiche che hanno l’età del tempo e sembrano nate dalla terra. Una lettura magnifica.
I sopravvissuti
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Un libro perfetto per...
A un lettore sofisticato, aperto e paziente perché il libro va assaporato con calma.
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I sopravvissuti
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