Il Ciclope
- Autore: Paolo Rumiz
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2015
In una notte violentata da raffiche di vento, un uomo sbarca su un’isola anonima. Brancola nel buio cercando la luce di un faro, la meta del suo viaggio. È così che ha inizio l’esperienza vissuta da Paolo Rumiz, raccontata ne “Il Ciclope”, che volontariamente sceglie di vivere per tre settimane in un faro, luogo ignorato dalla gente di terraferma, ma che esercita un fascino particolare per i nati sulle coste, come lo stesso Rumiz, triestino di origini.
Rumiz ci apre le porte di una nuova dimensione: quello della natura marina più solitaria e atavica. I segreti e le storie di queste case di luce si animano e, l’autore, da bravo giornalista, prende in prestito le parole e i pareri di esperti incontrati nei suoi viaggi per portarli alla luce. Il tutto è descritto in un’atmosfera magica e soprannaturale: l’uomo, lontano dalla Rete, dai contatti umani, se non quelli dei faristi che si avvicendano, riprende il filo teso dai nostri progenitori, interrotto da anni di civiltà, e guarda alla natura, agli animali, come suoi fratelli umanizzati.
È così che l’asino diventa Ciclope, la gallina Cassandra, i gabbiani, i padroni dell’isola, i venti, chiamati per nome, sono amici o incursori che fanno visita all’isola. La natura è descritta con la poesia del mito, vincendo la noia e incantando lo spirito dell’uomo più cittadino. Protagonista del libro è il faro, il Ciclope, che è sia regno sia carcere: in esso l’uomo diventa padrone di se stesso e allo stesso tempo esule; il faro sfiora anche il mondo sacro; è tempio di luce amica per i naviganti.
Chi si appresta a leggere queste pagine deve procurarsi un mappamondo: tanti sono i posti citati, dall’Antartide, alle isole greche, al mar Adriatico; tutti legati dalla distesa d’acqua marina, dalle storie che le sue onde cullano verso la terra. È un’interessante favola ambientata nel passato in cui regna la frugalità e la semplicità, in cui i ritmi sono scanditi dalla natura.
Rumiz non dimentica però in questa nuova realtà le brutture del mondo e critica la nostra ’umanità alle prese con la Rete, l’automatizzazione, la pesca intensiva e la strage dei migranti.
In questo suo viaggio immobile l’autore ha tempo per ritrovare se stesso e l’essenziale. In questa esperienza al limite della civiltà l’uomo ha imparato una nuova lingua: quella del silenzio della natura, davanti alla quale non ci sono parole idonee. Chi avrà la fortuna di leggere Il Ciclope, guarderà d’ora in poi con occhi diversi il faro; un potere nuovo sarà dato a questo guardiano del mare, oggi quasi trascurato, pensando al mondo che esso rappresenta. E ognuno di noi spererà di potervi riconoscere il superbo faro sull’isola solitaria nel Mediterraneo nel quale Rumiz ha soggiornato e sul quale con fare dispettoso (per protezione?) conserva l’anonimato geografico e mitologico.
Il Ciclope
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