Il Codice di Hammurabi
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Data l’importanza della tradizione partenopea nell’ambito dello studio del Diritto, non poteva che essere napoletano l’editore della traduzione italiana filologicamente migliore del Codice di Hammurabi: Luca Torre, che è anche curatore del testo, stampato nel marzo del 2004.
Il volume Il Codice di Hammurabi, realizzato ormai diciotto anni fa, ripropone in una veste grafica molto elegante la prima raccolta scritta di leggi della storia, un documento spesso ricordato popolarmente per le pene che infliggeva a chi violava le norme stabilite, che però pochi leggono e studiano nella sua interezza.
Nell’introduzione di Torre si notano toni anticlericali, con attacchi alle religioni e ai sacerdoti, discutibile è l’utilizzo anacronistico dell’espressione “razze” e “razza ebraica” per indicare dei gruppi umani e in questo saggio introduttivo va segnalata anche la presenza di alcune ipotesi e interpretazioni azzardate. Tuttavia il lavoro svolto per ricomporre il testo originale e presentarlo in una buona traduzione è encomiabile e al momento costituisce il miglior risultato in ambito italiano.
La stele rinvenuta a Susa (in Iran) nel 1901 e che ci ha permesso di conoscere il codice è un blocco di basalto di oltre due metri, in cui Hammurabi stesso è rappresentato mentre prega Šamaš, il dio della giustizia, che lo investe del potere (simboleggiato da un cerchio e dallo scettro). Le scritture che il reperto ci tramanda sono essenzialmente un testo di diritto penale, ma diversi punti riguardano la proprietà e la famiglia. Le informazioni che se ne ricavano sono utili per conoscere la storia politica e l’organizzazione sociale babilonese: il Re era il signore di buona parte delle terre, un’altra ampia porzione di esse apparteneva ai sacerdoti, ai funzionari e ai capi militari, mentre alla loro messa a frutto provvedevano gli schiavi e i contadini semiliberi. Tuttavia era diffusa anche la proprietà privata grande e piccola, e l’artigianato e il commercio erano ben sviluppati.
Alcuni tra i passaggi più interessanti sono quelli di cui solitamente non vengono riportati stralci nei sussidiari scolastici: il secondo articolo riguarda ad esempio l’accusa di stregoneria e prova che essa non era tollerata nemmeno nella Mesopotamia antica. Esisteva quindi una distinzione netta tra il sacerdote e lo stregone, o la strega.
Oltre a fornirci le leggi in lingua originale accanto alla versione in italiano, il volume si conclude con un dizionario e un elenco di nomi di divinità, luoghi e templi.
Senza dubbio questo lavoro merita di trovare posto nello studio di un giurista e può rappresentare un dono particolare per uno studente, anche per la bellezza della rilegatura in tela con impressioni in oro.
Il Codice di Hammurabi
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