Il bene di Liz di Avery Corman

Avery Corman è famoso per "Kramer contro Kramer", ma ha scritto altri libri su tematiche di attualità.
"Il bene di Liz", opera del 1987, racconta il mondo delle università americane mitizzato dal cinema. Il college non è solo studio e sano divertimento, può anche essere violenza e sopraffazione.

Liz Mason è una ragazza diciottenne che si iscrive al Layton College per studiare musica. Non è una sprovveduta, viene da New York e conosce il mondo e all’inizio sembra tutto andare per il meglio. Si fa alcuni amici, ingrana con gli studi, ma un giorno è invitata ad un ballo da Jim Andrews, studente dell’ultimo anno e in un seminterrato stuprata. Tutto era già predisposto perché altre ragazze prima di lei avevano subito la stessa sorte.
Da questo punto parte l’azione. Liz prova vergogna, ha paura di parlare, ma grazie ad una coraggiosa amica mette al corrente le autorità accademiche di quanto accaduto. La reazione sarà omertosa, i provvedimenti verso il giovane stupratore irrisori e la stessa Liz non viene creduta. Ma la ragazza insieme alla sua famiglia non si ferma e si accorge che solo protestando sempre più forte può avere giustizia perché è la paura dello scandalo a frenare i meccanismi della giustizia.

I giornalisti si accaniscono in parte contro la vittima in parte contro il suo carnefice, la polizia incomincia ad indagare e pian piano la verità viene a galla. Non solo Jim ha stuprato la sua compagna, ma probabilmente anche altre per una gara di virilità con i suoi amici.
Il finale non lo rivelo, è un po’ amaro perchè Liz non riesce ad andare fino in fondo, però l’opera rende bene lo sfondo in cui si svolge la vicenda che deriva da un fatto vero di cronaca.

Corman analizza bene i personaggi e, trattandosi di giovani, le loro famiglie. Ci si accorge che la violenza non è solo nel reato commesso, ma anche nei valori che hanno trasmesso gli educatori, troppo tesi alla ricerca del successo. In fondo anche Jim è una vittima (ciò non giustifica le sue azioni) di un meccanismo perverso.
Anche se il libro non ha la stessa fluidità di "Kramer contro Kramer", si può leggere come un monito ai genitori di saper tramettere insegnamenti giusti e dall’altro incoraggiare le vittime di un sopruso a reagire perché non si ripeta più.