Il cavalièr d’Àvalon
- Autore: Ornella R. Dionisi
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2017
“Il cavalièr d’Àvalon: poemetto in italiano vintage” è la prima opera pubblicata da Ornella R. Dionisi, nata a Roma nel luglio del 1942. Traduttrice di professione e scrittrice per passione, l’autrice ha dedicato dieci anni alla composizione di questo poemetto, che lei stessa definisce in “italiano vintage”.
“Il cavalièr d’Àvalon” è un’opera suddivisa in canti, ognuno dei quali conta un’ottava imbastita con versi in rima baciata (AABB). Ricco, ma non abusato, l’uso delle figure retoriche, dalla metonimia alla perifrasi, passando per anafora ed enjambement.
Addentrandosi tra i 53 canti di questo poemetto, come il cavaliere Morvàn nel bosco che tiene prigioniera la sua dama, si può ben intendere perché Ornella R. Dionisi definisca il suo italiano vintage: i termini utilizzati sono funzionali, pregiati e non più di utilizzo comune, tanto da apparire “superiori” rispetto a una terminologia moderna, che può definirsi al suo contrario veloce e globalizzata.
Per “Il cavalièr d’Àvalon” è necessaria una lettura lenta, che permetta di gustare ogni singolo termine, perché anche la più marginale sillaba è stata scelta con estrema cura e precisione.
“Ristette fermo a lungo, il guardo assai stupito,
ma nulla intravvedeva. Allor si fece ardito.
(…)
Quando gelò di colpo. Non era preparato
al devastante grido di chi more ammazzato”. (canto III)
Il poemetto si può ricondurre al ciclo bretone, è infatti Àvalon, luogo leggendario di sepoltura di Re Artù, a essere l’unico riferimento su dove si svolga la vicenda. Il cavaliere, in sella al suo destriero
“Ravviò lo scuro crine, scotè l’ampio mantello, scemò un altro poco ‘l suo gravido rovello” (canto I)
e si addentrò attraverso un intrico di rami e foglie, che sembrava voler a tutti costi impedirgli l’avanzata. Tratta la spada, il cavaliere si fa strada nella folta siepe poiché sente
“…dal fogliame levarsi come per incanto/ di voce un dolce suono, in un sommesso canto”.
Un grido però, interrompe il suo cammino, e il cavaliere Morvàn inizia a cercare tra i rami in precedenza divelti e
“…temèa trovar colei che tratto avea a morte” (IV).
Scopre così il corpo di una splendida dama ormai in fin di vita, e prestandole soccorso Morvàn le chiede cosa sia in suo potere fare per impedire alla morte di trovarla. Il cavaliere scoprirà di doversi recare in un castello, nei sotterranei del quale è tenuto prigioniero il fratello della dama: solo lui le può salvare la vita e affiderà all’onesto Morvàn una fiala con il prezioso siero. Morvàn parte di gran corsa, affronta un lungo viaggio e trovata la cura per la sua dama torna da lei. Il bosco stregato non sarà d’aiuto al cavaliere, che solo dopo molta fatica, stremato e anche lui in fin di vita, riesce a raggiungere la ninfa, soprattutto grazie all’aiuto del suo fido destriero. E qui si palesano gli struggenti versi, riportarti anche in quarta di copertina, che condurranno il lettore verso il tragico finale:
“E una carezza lieve, una carezza sola,
fu del suo amore immenso, prima e ultima parola” (canto XLV)
L’evocativa illustrazione di copertina è di Sara Rosini, la stessa Sara a cui probabilmente è dedicato il volume:
“A Sara, la figlia che ogni madre sogna,
dalla madre che ha voluto sognarti più di ogni altra”.
Consiglio la lettura de “Il cavalièr d’Àvalon” di Ornella R. Dionisi ai romantici e ai nostalgici, e a chi vuole evadere dalla realtà per addentrarsi in luoghi lontani, in quei posti dove l’amore parla in rima e sacrifica la vita per l’amore stesso.
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