Il cervello di Alberto Sordi
- Autore: Tatti Sanguineti
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2015
“Tra noi due in comune non c’era niente, salvo il divertimento, il gusto dell’umorismo, quello di guardare le cose con un occhio un po’ spietato, lo stupirsi ogni giorno di come la società fosse piena di caratteri irrazionali, di piccoli mostri”.
“Rodolfo Sonego e il suo cinema” è il sottotitolo del volume dedicato allo sceneggiatore italiano che ricorda Alberto Sordi, con il quale formò una coppia d’oro, inossidabile. Quarantaquattro film, da Il seduttore (1954), che rivelarono lo straordinario talento, non solo comico e caricaturale ma anche drammatico, di uno dei più grandi attori italiani, “una pantera”.
Eppure Rodolfo Sonego (1921-2000) e Alberto Sordi (1920-2003), non potevano essere più diversi, per retaggio, cultura, carattere e personalità. Rodolfo illuminista, rigoroso, analitico, nato nel profondo Nord, a Belluno, antifascista, capo militare partigiano comunista, commissario della Divisione Belluno “una delle massime cariche gerarchiche delle truppe partigiane”, scrisse Miriam Mafai. Alberto, tutto istinto, nato a Roma e perfetto esemplare del civis romanus, non un mostro ma uomo semplice e pacifico, non colto, perché non aveva mai letto libri. Anzi ricorda Sonego, “non gliene importa niente di niente”, ma Sordi “possiede un colpo d’occhio infallibile”, perché “il suo giudizio è sempre immediato e fulminante”.
La prima volta che Sonego vide Sordi fu una sera a casa del produttore Sergio Amidei, nella Roma della fine degli anni Cinquanta nella quale lo sceneggiatore era arrivato da poco. Alberto “una palla di sego, bello grasso pasciuto”, voleva a tutti i costi parlare con Amidei che aveva l’attico pieno di ospiti. “Famme fa questo, daje, famme fa quello!”, insisteva Albertone, ma il produttore resisteva impavido fino a quando l’aveva cacciato, “Via! Non mi rompere le palle!”. Ma la scenetta si era ripetuta più volte fino a quando una sera Sordi, tra lo stupore generale aveva esclamato:
“Tu non puoi cacciarmi via, questa casa è un posto di lavoro!”
Nei primissimi tempi Sordi era stato sfruttato come attore soltanto in un aspetto del suo carattere, del suo mestiere e delle sue possibilità, quello dell’imitazione, della caricatura e della comicità. Certo, era già emersa in Alberto quella non cultura papalina, romanesca, ricordiamo che allora Sordi era reduce dalle pellicole felliniane Lo sceicco bianco (1952) e I vitelloni (1953). Fu Sonego il primo a credere nelle altre qualità dell’attore, in quella sua vis drammatica, pensiamo a Una vita difficile (1961), che l’avrebbe fatto conoscere come un genio che riusciva a rendere con assoluta verità vizi che non aveva, sentimenti che non aveva mai provato. Trent’anni di copioni (Il marito, Il vedovo, Il moralista, Vacanze d’inverno, Costa Azzurra, Il vigile, Gastone, Brevi amori a Palma di Majorca, Amore mio aiutami, Io e Caterina, Io so che tu sai che io so, In viaggio con papà e molti altri film) firmati Sonego, per Sordi furono “esattamente la registrazione della realtà. La realtà un po’ spaventosa di un italiano, che non è più né contadino né operaio, ed è diventato mostro”.
Ne Il cervello di Alberto Sordi, Tatti Sanguineti, critico cinematografico, giornalista, attore, autore televisivo, documentarista, sceneggiatore e regista, attraverso le parole di Sonego, rievoca la stagione dorata del cinema italiano, quel periodo unico e forse meno conosciuto, che vide in scena personalità del calibro di Ennio Flaiano “un matematico in caccia di equazioni numeriche, finché, zac, tirava fuori la formula”, Roberto Rossellini, Michelangelo Antonioni “grande fotografo a colori”, Federico Fellini “la scelta dei cinque vitelloni è una delle prove più sicure ed esatte del suo genio”, Vittorio De Sica “il più grande e il più sensibile”, Silvana Mangano “timidissima, poco protagonista, defilata”, Dino Risi, Luchino Visconti, Sergio Leone “nel suo genere fu un maestro e un inventore”. Parola di Rodolfo Sonego, alias “il cervello di Alberto Sordi”.
“Era quasi attratto dal male, dal pericolo, Io gli proponevo qualche cosa di impossibile per quei tempi, ma una volta accettato dal pubblico rappresentare dei mostri è diventato la normalità...”.
Il cervello di Alberto Sordi: Rodolfo Sonego e il suo cinema (La collana dei casi Vol. 106)
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