Il cimitero di Praga
- Autore: Umberto Eco
- Anno di pubblicazione: 2010
Appena arrivato in libreria il romanzo di Umberto Eco, annunciato da mesi, ha raggiunto il primo posto in tutte le classifiche che raccontano il successo dei nostri best seller. Mistero dei lettori-acquirenti italiani. “Il cimitero di Praga” è un libro difficilissimo, che presuppone lettori fortissimi, molto motivati, grandi ammiratori dell’autore, pronti a non scoraggiarsi di fronte alle oltre 500 pagine….quanti di quelli che lo hanno acquistato lo leggeranno o lo hanno letto davvero tutto? Quanti non si sono fermati a pagina 30, come molti dei miei intervistati dicono di aver fatto?
Ho letto tutto il romanzo (è davvero un romanzo?). Mi è piaciuto molto in alcune sue parti. Mi ha annoiato molto in numerose altre. Sono stata comunque contenta di averlo letto, perché confrontarsi con la genialità di Umberto Eco, con il suo senso dell’umorismo, con la sua sterminata e talvolta inquietante erudizione, con la sua capacità di provocare e cimentare il lettore, con la sua curiosità intellettuale che non teme di misurarsi con i tabù più diffusi della cultura occidentale, tutto questo me lo fa apprezzare al di là della reale riuscita di questo suo ultimo prodotto. Uso questo termine perché si legge tra le righe l’abilità di Eco nel costruire sulla pagina intere citazioni di altri autori che non tutti sono in grado di decifrare, di seguire i paradigmi della narratologia di cui lui stesso è uno dei più grandi esperti con ironia. Nelle pagine conclusive del libro, novello Manzoni, si rivolge direttamente ai lettori.
“Il Narratore, a dire il vero, ha fatto spesso fatica a raccapezzarsi, ma ritiene che un lettore per bene potrebbe fare a meno di queste sottigliezze e godersi egualmente la storia. Nel caso comunque di un lettore eccessivamente fiscale, o di non fulmineo comprendonio, ecco una tabella che chiarisce i rapporti tra i due livelli (fabula e intreccio) , comuni invero a ogni romanzo – come si diceva una volta – ben fatto.”
Dirò solo delle pagine che mi hanno convinto e che mi sono piaciute. Intanto si diceva delle citazioni letterarie. Alla pagina 9 viene descritta la casa-negozio parigina del protagonista della storia, ancora misterioso, piena di oggetti di nessun valore commerciale, sbrindellati. Tra essi vecchi album con brutti acquarelli, un busto di Napoleone, frutti in marmo policromo sotto la campana di vetro….insomma le buone cose di pessimo gusto di gozzaniana memoria, riconoscibilissime.
Nel testo queste citazioni sono infinite, diffuse, non tutte chiare ad un normale anche se colto fruitore, ma Eco si diverte!
Molto coinvolgente la parte dedicata all’impresa dei Mille. Il Garibaldi con le gambe corte, massone, distratto, disarmato tranne che per una sciabola sempre pronta all’attacco, al contrario del severissimo Nino Bixio, vero capo dell’impresa e pronto a sterminare i contadini ribelli di Bronte sono ritratti con grande originalità; Ippolito Nievo, Abba, Bandi, tutti nomi da antologia scolastica prendono vita nelle pagine del romanzo e trovano un loro ruolo nell’intreccio. E ancora Alexandre Dumas, imbarcato sulla nave Emma, curioso delle gesta garibaldine si unisce ai volontari e diventa personaggio da feuilleton egli stesso. Suggestiva la descrizione centrale del libro da cui prende il titolo, il cimitero di Praga.
“Esisteva sin dal Medioevo, e nel corso dei secoli, siccome non poteva espandersi al di fuori del perimetro permesso, aveva sovrapposto le sue tombe, così da coprire forse centomila cadaveri……quello spazio sembrava la bocca spalancata di una vecchia strega sdentata…”
In quel luogo sinistro, dall’atmosfera di tregenda, si racconta che i rabbini provenienti da tutto il mondo si fossero riuniti per stilare un elenco di imprese volte alla presa del potere assoluto e alla distruzione del genere umano. Questa improbabile leggenda costruita ad arte era stata alimentata per secoli dando vita a documenti, libri, che poi diventeranno i famigerati Protocolli di Sion, un falso storico di cui il libro smaschera la provenienza attraverso le imprese dei falsari protagonisti dell’annosa vexata questio.
Pagine bellissime sono dedicate infine all’Affare Dreyfus, l’episodio di antisemitismo più efferato prima dell’avvento del nazismo, a cui Eco dedica una parte non esigua del lungo romanzo, per me la più efficace. Lo smascheramento della congiura contro gli ufficiali ebrei, la battaglia condotta dagli intellettuali francesi per la riabilitazione di Dreyfus condannato ingiustamente alla Cayenna, da parte di Zola soprattutto, ma anche dai giovani Proust, Monet, Anatole France, Sorel ridà il senso vero al libro, che qualcuno ha accusato di larvato antisemitismo...
In un panorama letterario italiano fatto di libri di consumo, che durano una stagione, che ricevono premi per i noti traffici delle grandi case editrici, leggere il libro di Eco, pur con le riserve dovute forse ad un eccessivo autocompiacimento dell’autore, è un’esperienza intellettuale, un arricchimento culturale, una pagina chiarificatrice contro stereotipi antisemiti mai del tutto debellati, che sono soddisfatta di aver fatto.
Il cimitero di Praga
Amazon.it: 15,20 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il cimitero di Praga
Lascia il tuo commento
Credo proprio che lo acquisterò, già il titolo è molto avvincente. Ho letto romanzi molto più lunghi di 500 pagine e non è certo il numero delle pagine a scoraggiarmi. Non è quello l’importante, ma il modo in cui è scritto e l’argomento di cui parla, se è avvincente o meno.
Non avevo mai letto un opera di Umberto Eco, ma devo dire che questo è il romanzo che ho letto più velocemente e intensamente di tutti i libri che ho letto anche se non sono molti.
I fatti sono narrati con una ricchezza, precisione,veridicità,e semplicità globale che lasciano il lettore penetrare a fondo nella storia, non lasciano dubbi i collegamenti tra le varie storie e vicende del falsario e diabolicamente simpatico Simone Simonini.
Un Romanzo storico e veggente allo stesso tempo con un eccellente ascendente sulla realtà.
Vorrei criticare la recensione stessa, non il libro, che sto ancora leggendo. Una recensione, secondo me dovrebbe arrischiarsi a cercare di essere letteratura essa stessa. Dire mi è piaciuto questo e non mi è piaciuto quest’altro non rientra nei criteri di una recensione, annuncia che non sarà tentato alcun affondo negli abissi del tempo e della fantasia. Quanto a questo, vorrei aggiungere che l’erudizione di Eco non dovrebbe inquietare, costituendo essa il materiale tramite il quale la narrazione assume una sua dimensione ed una profondità.
Gentile Anonimo, le sarei grato se:
1 - si firmasse, anche solo con uno pseudonimo.
2 - facesse capire anche e noi mortali cosa significa "annuncia che non sarà tentato alcun affondo negli abissi del tempo e della fantasia."
3 - evitasse di lasciare un commento che, secondo me, non dovrebbe arrischiarsi a cercare di essere letteratura esso stesso.
4 - evitasse di scrivere commenti con le caratteristiche di cui sopra con l’unico scopo di dire implicitamente che Lei, pur anonimo, non si lascia inquietare dall’erudizione di Eco.
leggo eco a scatola chiusa;nel senso che nessun autore riesce ad affascinarmi come sa lui. scrivere lo fanno in tanti; saper scrivere è un’arte!
BAh.. io l’ho quasi finito (in due giorni, come mio solito, quindi non è la lunghezza che mi impastoia) e devo dire.. bah...mi sta lasciando un pò perplesso. Certo, l’excursus storico è illuminante, dissacrante, smaschera molti luoghi comuni. E’ anche godibile nella prima metà, con venature di umorismo che rendono l’erudizione meno esercizio di autocompiacimento.
Però poi... man mano che la vicenda si dipana, diventa confuso, pesante, ripetitivo.
Non so, mi riservo di finirlo prima di dare un giudizio definitivo, però direi che qualche snellimento, qualche modestia qua e la avrebbero dato maggior fruibilità all’opera.
L’ho letto in tre giorni. Non è quindi la lunghezza che m’ha scoraggiato. Alla fine della lettura sono però rimasto soddisfatto a metà.
Che dire?
Sfoggio di erudizione. Tanto.
Sforzo letterario. Tanto, anche se non sempre efficacissimo.
Effetti speciali. A iosa, a partire dal plot narrativo e dagli innumerevoli assaggi di haute cuisine.
Obiettivo di fondo. Raggiunto. L’autore voleva giustamente "sputtanare" l’antisemitismo in particolare e le pratiche di dossieraggio in generale. Solo un grande filologo come Eco poteva riuscire in un’impresa così complessa.
Il libro non è un ibrido tra un saggio e un romanzo. E’ un buon saggio, inframmezzato da brani di un romanzo storico così così, un pò pesante e altamente improbabile.
La parte "romanzo" pecca di qualità: c’è grande tecnica ma non grande letteratura.
A parte gli assaggi di haute cuisine, alla fine, sono rimasto con l’acquolina in bocca.
Il peggiore dei romanzi di Eco, il migliore libro dell’anno. Suscita reminiscenze da "Pendolo di Foucault" : i massoni, le messe nere, il gioco tra passato e futuro ( anche se non così bene architettato come nel Pendolo) e da Baudolino (il personaggio di fantasia che agisce nella Storia reale). Ma è tutt’altra cosa.
romanzo che non soddisfa. Certo, tra tutto il ciarpame edito oggidì sembra un capolavoro. Peccato non lo sia.
Non omnis arbusta juvant humilesque myricae
Anche per chi, come me, conosce Eco e ne apprezza la profondità e l’abilità nello scrivere, il libro è assai difficile, fosse solo per l’uso dei verbi: l’imperfetto domina, anche quando non sarebbe strettamente necessario e potrebbe essere sostituito dal passato remoto, il passato prossimo è utilizzato a iosa, ma non seguendo le regole classiche, il presente è assente. La stessa strutttura sintattica è complessa e sfida in ogni pagina il lettore. La mia prima impressione è che, come ha ricordato qualcuno, questo romanzo sia strettamente legato al "pendolo", ma non riesca a eguagliarlo. In molte pagine si ha la certezza che quanto è scritto lo si è già letto nel "pendolo", e con maggior piacere, poprio perché il complotto universale che attraversa i secoli è frutto dell’abilità di tre uomini che si divertono a ricreare il mondo. Inoltre, e questo è ulteriore motivo di delusione, nel "cimitero di Praga"è del tutto assente quella molteplicità di livelli narrativi che rendono "il pendolo" un libro unico, irripetibile, perché ne alleggeriscono la parte erudita e ne ampliano gli orizzonti. Nel "pendolo" si alternano con grande equilibrio la parte legata all’esoterismo, la vita del narratore, quella del protagonista, la realtà sociale dell’Italia negli anni 70 e 80, la guerra partigiana nelle Langhe, la descrizione del sud America, l’indagine polziesca, le pagine scritte dal protagonista che essere un autore ma non ne ha il coraggio... Quando si legge "il pendolo" viene naturale scegliere la via che più si desidera e goderne.
Ma nel "cimitero di Praga" si è costretti aseguire un unico filo, anzi un vero e proprio cappio attorno al collo da cui non ci si può liberare. Non ci sono colpi di scena, né flussi narrativi tra cui scegliere ciò che può interessa. Rimango del parere che il"pendolo" rimane l’opera massima di Eco e che non sarà mai più eguagliata. Lo stesso autore ha detto che è proprio in quel romanzo, e non nel "nome della rosa" (un’indagine poliziosca ambientata in un ambiente medievale: meravigliosa, ma pur sempre un gioco) che ha dato tutto se stesso. Dopo oltre dieci anni, il pendolo non finice di meravigliarmi, ma non credo che ciò avverrà con "il cimitero di Praga".
Umberto Eco è senz’altro uno scrittore di un certo spessore nel panorama letterario italiano odierno. Tuttavia, a mio modesto avviso, il paragone con Manzoni mi pare un azzardo.
La morte di Ippolito Nievo per mano di Simonini è un falso dentro il falso. Nessuno sa che cosa accadde a bordo dell’"Ercole", la nave maledetta che affondò durante il viaggio Palermo-Napoli, causando anche la morte di Nievo. Non ci fu una inchiesta della Magistratura, né una Commissione incaricata dalla Camera dei Deputati di far luce sul naufragio. Non ci fu una comunicato ufficiale, né da parte dell’Esercito, né da parte della Marina. Gli Inglesi, da parte loro, a Marsala erano preoccupatissimi della incolumità dei sudditi inglesi e delle loro proprietà. Il generale borbonico Letizia intimò al vice console inglese di Marsala di consegnare le armi che aveva in casa e, al rifiuto del vice console, fece perquisire i locali. Allora il vice console scrisse a Malta e di lì mandarono a Marsala l’Argus e l’Intrepid, col compito di proteggere i sudditi di S. M. Britannica. Il console inglese Ingham prestò denari a Garibaldi, dietro la firma di una cambiale che Ingham incasso alcuni mesi più tardi a Palermo. Il prestito ad interessi era una delle sue attività più redditizie. Mundy offrì la sua nave per l’incontro tra Garibaldi e Lanza, che firmarono il primo armistizio. In cambio della mediazione Mundy chiese a Garibaldi la cessione all’Inghilterra del forte che era sulla Cala Vecchia: ma Garibaldi rifiutò. Altri favori non vennero dagli Inglesi, in particolare non vennero monete d’oro.
Sto leggendo il libro e a differenza di tanti altri letti in questi anni lo trovo veramente poco accattivante, non riesce ad appassionarmi è poco scorrevole e andava fatta una prefazione una preparazione per entrare nell’immagine che Eco voleva ritrarre, e così è anche la storia, il romanzo. Follet, è un romanziere che si perde in dettagli storici e, grazie ad essi, riesce a produrre dei tomi non indifferenti, ma comunque il romanzo vive e si spiega lungo i capitoli.