Il cinema di Guillaume Apollinaire
- Autore: Carole Aurouet
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Diverse recensioni - certo meno numerose di quelle sulla pittura - e due sceneggiature sono le tracce più evidenti dell’intenso rapporto di Guillaume Apollinaire (1880-1918) con il cinema. In controtendenza al giudizio negativo espresso da molti intellettuali a lui coevi, il poeta sperimentatore - appassionato consumatore delle storie di Fantomas - ne subisce invece la fascinazione, intuendo per intero tutte le potenzialità della nuova forma artistica. Se ne interessa, frequenta le sale con assiduità, ne scrive, includendo spesso il cinema di sfondo alle proprie creazioni letterarie. Quando decide di passare dall’altra parte - di vivere cioè l’esperienza cinematografica dall’interno - è il 1917.
Con l’amico Andrè Billy, Apollinaire si cimenta infatti con una sceneggiatura originale: a dispetto del soggetto sentimentale, gli esiti del loro La Bréhatine. Cinéma-drame en quatre parties (La Bréhatine. Cinema-dramma in quattro parti) sono meno convenzionali di quanto si potrebbe temere. Classica storia d’amore infelice ma coniugazione insolita, senza scadimenti nella stereotipia.
Per l’inquieto Apollinaire, il cinema costituisce un interesse parallelo a quello artistico-letterario e la sua seconda sceneggiatura in qualche modo lo conferma. Tratta da uno scritto di Jules Verne si intitola C’est un oiseau qui vient de France (È un uccello che viene dalla Francia), innestandosi nel contesto della Prima guerra mondiale. Il lavoro rimarrà incompleto: ciò che ne rimane, si rintraccia tra le pagine di un minuto quaderno dalla copertina rossa. I toni e il clima si allineano con l’epoca, risultando alquanto germanofobici. Lo spunto per queste annotazioni mi è offerto dall’uscita di un testo di limpida caratura filologica. Uscito per Gremese, in occasione dei cento anni dalla morte del poeta, si intitola "Il cinema di Guillaume Apollinaire. Manoscritti del primo poeta del cinema" ed è minuziosamente curato dalla ricercatrice francese Carole Aurouet.
L’indagine è focalizzata proprio sulla liason (invero poco indagata) intercorsa tra l’artista e la settima arte. Prezioso il materiale iconografico contenuto nel testo. Conservati presso la Bibliothèque littéraire Jacques Doucet e rimasti inediti sino ad adesso (se non altro in forma tanto compiuta), i due manoscritti di Apollinaire sono qui rivelati in grandi tavole a colori nella minuzia dei particolari – cancellature, sottolineature, trasparenze di testi già stampati – e accompagnati da una traduzione fedele agli originali finanche nella disposizione di righe e parole. La vasta introduzione dell’autrice, ne contestualizza la stesura, rimarcandone i caratteri prodromi: non solo in relazione all’opera del poeta, quanto, più in generale, in relazione allo slancio avanguardista che si innerva nelle espressioni artistico-culturali del primo Novecento. Una pubblicazione dallo spessore elevatissimo, offerta in veste raffinata: merita un posto di rilievo nella biblioteca dei lettori più esigenti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il cinema di Guillaume Apollinaire
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