Il cinese di Andrea Cotti

Andrea Cotti, sceneggiatore di successo, ha pubblicato diversi romanzi, come Un gioco da ragazze e Stupido. Ora firma Il cinese (Rizzoli, 2018), introducendo nel panorama del gialla una nuova figura di investigatore: il vicequestore Luca Wu, che dal commissariato di Bologna approda a Roma nel quartiere di Tor Pignattara. Un uomo particolare, che si distingue: è “nato in Italia da genitori cinesi".

“Sono italiano e sono cinese”.

Un uomo preparato professionalmente, sentimentalmente un po’ meno. Sposato con Anna, ha un figlio piccolo, ma pur amandola non può fare a meno di tradirla. Fino a quando il vaso è colmo e Anna lo manda via. Ecco il perché del suo trasferimento.
Giunto a Roma si trova immediatamente ad affrontare un caso tanto delicato quanto difficile. Si tratta dell’uccisione violenta di un commerciante cinese e della sua piccola bambina di quattro anni, brutalmente assassinati in strada. All’omicidio assiste attonita e impotente la moglie Wang Xinxia, che

“Ha meno di quarant’anni, ma come per molte cinesi è difficile darle un’età esatta. L’ovale del volto è perfetto, ha la pelle liscia, le labbra carnose, i capelli neri e lucidi. È molto bella. Se ne sta immobile”.

Scontrarsi con la reticenza e l’omissione testarda di questa donna è per il vicequestore situazione normale. Cosa nasconde la donna? Perché questo omicidio? Da tutto ciò inizia un viaggio nel male più profondo, nelle dinamiche e nei modi di essere e di comportarsi tipici della mafia cinese, che colpisce in profondità. Una lettura che affascina, innanzitutto per la precisione in cui viene descritta la società cinese e i suoi meccanismi all’interno di quella italiana. Ad esempio:

“Le Teste di Serpente sono una formazione sfaccettata, all’interno della quale agiscono diversi gruppi criminali, e sono in gran parte autonomi dalle Triadi. Ma senza il permesso e il supporto delle Triadi stesse non potrebbero operare.”

E ancora:

“I cinesi hanno banche clandestine. Di solito sono alloggi in scantinati di grandi palazzi, in zone centrali o periferiche o nel retro dei grandi magazzini cinesi. Funzionano quasi come ogni altra banca."

Per non parlare della perfetta caratterizzazione del protagonista di questa indagine, il vicequestore Luca Wu:

“I miei genitori e i miei nonni sono entrati in questo Paese da clandestini. Non ho mai chiesto i particolari, ma non posso dimenticarlo. […] Sono uno sbirro, e indago su persone che sono esattamente come i miei genitori e i miei nonni. E tutte queste cose dentro di me non si allineano mai, non trovano pace.”

Una lettura che, oltre a proporre una storia di grande attualità, offre una visione chiara e precisa su un mondo e una civiltà altra, quella cinese, che così tanta importanza ha oggi. Un poliziesco classico, scritto con uno stile incalzante, adrenalinico, che ha una trama ben congegnata e ben elaborata. Un romanzo forte, brusco, dove il male imperversa e miete vittime senza curarsi di nulla e di nessuno. Per amanti del genere e per palati molto forti, il cui tratto distintivo consta nella descrizione precisa del mondo cinese, oltre che nella investigazione vera e propria.