Il codice Arcadia
- Autore: Peter Blake e Paul S. Blezard
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Il Saggiatore
- Anno di pubblicazione: 2004
Il saggio Il codice Arcadia di Peter Blake e Paul S. Blezard (Il Saggiatore, 2004, traduzione a cura di Roberta Verde), è un libro sconvolgente per le tesi sostenute e dimostrate con ricerche durate ben diciannove anni, che riguardano le origini della religione cristiana.
In queste pagine sono analizzati i maggiori movimenti ereticali quali lo gnosticismo dei primi secoli d.C., i catari in Provenza barbaramente sterminati nel XII secolo durante la lunga terza crociata voluta da papa Clemente V e da Filippo il Bello re di Francia, i neoplatonici fiorentini umanisti, i cabalisti e gli alchimisti, i templari processati e distrutti nel XIV secolo, allo scopo di appropriarsi delle loro ingenti ricchezze.
Essi erano diventati i maggiori banchieri in Europa, prima dei fiorentini; inoltre avevano scoperto verità esoteriche in Palestina, scavando nei pressi delle rovine del tempio di Salomone a Gerusalemme.
Gli autori toccano la storia occidentale degli ultimi duemila anni, svelandone aspetti occultati dal potere religioso e politico. Il libro è affascinante e si legge con il cuore in gola, in quanto scardina i dogmi fondamentali della religione cristiana, la divinità di Gesù di Nazareth e la sua resurrezione.
Lo fa con tutto il rispetto del messaggio d’amore cristico.
Il filo conduttore del discorso è la religione egiziana, madre dell’ebraismo e del cristianesimo. A sua volta l’Egitto faraonico trae le sue conoscenze dal mondo sumero e accadico.
Anche all’interno della chiesa anglicana si trova chi ha approvato, o quanto meno accolto, le medesime tesi:
Viene da pensare al vescovo di Durham, che all’inizio degli anni novanta suscitò polemiche affermando che non era più necessario credere alla lettera all’immacolata concezione e nella resurrezione di Gesù per essere cristiani.
Nel Corano viene negata la resurrezione del Salvatore, venerato come “Grande profeta”.
Nel saggio, supportato da una copiosa bibliografia, si afferma che all’epoca di Gesù la località di Nazareth non esisteva, mai riportata in nessuna carta geografica romana e neppure nei resoconti storici di Giuseppe Flavio, l’ebreo poi romanizzato.
La crocefissione dunque sarebbe molto diversa da quanto riportato nei quattro Vangeli.
Secondo i cosiddetti Vangeli apocrifi, specie quello di Pietro, l’usanza romana era di appendere il condannato ai pali con cinghie di cuoio per legare polsi e piedi. Niente chiodi dunque.
I tre Vangeli sinottici affermano che il popolo assistette all’esecuzione "da lontano". Il Vangelo di Giovanni nomina un giardino in cui avvenne lo spietato delitto, giardino privato come la tomba nuova che vi si trovava, proprietà di Giuseppe d’Arimatea.
Gesù resta sulla croce solo 6 ore, mentre i crocifissi, sempre in precedenza frustati, morivano dopo giorni, per disidratazione o di setticemia e venivano mangiati dagli uccelli. Gesù viene tolto dal patibolo ancora vivo, posto al sicuro nella tomba dell’amico, personaggio influente del Sinedrio ma suo discepolo in segretezza; viene curato con trenta chili di aloe.
Dopo la sua guarigione Gesù, in pericolo in Palestina, si rifugiò con Maddalena, sua compagna, e con Giuseppe, in Gallia, in Languedoc, dapprima a Narbona, porto internazionale cosmopolita, dove esisteva una fiorente comunità ebraica, anche una scuola di Cabala. Successivamente la sacra famiglia si spostò a Marsiglia, quindi nel territorio francese a sud, presso Rennes le Château, luogo divenuto misterioso e famoso, legato all’abate Saunière. Questi divenne improvvisamente immensamente ricco nel 1886, dopo aver trovato quattro pergamene nascoste dentro un balaustro nella sua chiesa. L’abate la stava restaurando e portò il ritrovamento al suo vescovo. In quei testi è descritta la dinastia merovingia e in due pergamene sono presenti messaggi in codice. Chiamato a rendere conto della sua ricchezza, l’uomo si rifiutò di rispondere. La chiesa di Rennes le Château contiene molti simboli pagani, anche terrorizzanti, come una spaventosa statua di Pan che regge l’acquasantiera.
Sopra l’entrata della chiesa si legge un’iscrizione latina: “Terribilis est locus iste”, traducibile come “questo è un posto terribile”. Perché?
I due autori citano i Rotoli del Mar Morto e i Vangeli apocrifi rinvenuti a Nag Hammadi nel 1945 da due giovani pastorelli; si tratta di papiri conservati per molti secoli in vasi sigillati. Fra questi il vangelo apocrifo di Filippo rivela il rapporto spirituale e carnale tra il Maestro e Maddalena.
Peter Blake è studioso di religioni comparate, restauratore ed esperto in storia dell’arte. È lui a mettere in relazione con la terra di Provenza alcuni dipinti di Nicolas Poussin, Signorelli e Leonardo, nei quali è nascosto un pentacolo, ottenuto unendo alcuni punti delle figure tra loro. Egli riduce in scala i pentacoli e nella loro area indaga il paesaggio, recandovisi più volte di persona.
Il pentacolo è simbolo di conoscenza e soprattutto della vera struttura dell’uomo, depositario di una scintilla divina da riscoprire autonomamente, senza mediazione chiesastica. Basti pensare all’Uomo Vitruviano di Leonardo, pentacolo perfetto ottenuto congiungendo la sommità del capo con le terminazioni di mani e piedi.
Nel dipinto La Vergine delle Rocce, di cui Leonardo fornisce due versioni, la prima del 1478, la seconda datata 1508, sono presenti due triangoli. Peter Blake scoprirà, dopo anni di studi e ricerche, che le tombe di Gesù e Maddalena sono ipogei triangolari.
Fondamentale è il quadro I pastori in Arcadia, commissionato a Poussin nel 1650 dal cardinale Rospigliosi, futuro papa Clemente IX, suo protettore, denominato "il papa libero pensatore".
Nel quadro vediamo tre pastori, una donna e una tomba, personaggi vestiti riccamente, non certo come semplici pastori. La tomba riporta la scritta enigmatica "Et in Arcadia Ego". Il soggetto della frase è omesso. Di quale tomba si tratta?
Nicolas Poussin era stato discepolo di Athanasius Kircker, uomo di sapienza enciclopedica, cabalista ed esoterista. Da lui il pittore aveva appreso la tecnica della prospettiva, oltre che un segreto da custodire gelosamente ma da tramandare attraverso la pittura. Infatti la tomba sarebbe quella di Gesù e Maddalena, nascosta ai piedi di un dirupo in un villaggio di nome “Estagnol”, che in occitano antico significa "Agnello dell’est".
Il pastore che rappresenta Cristo è vestito di rosso, calza sandali di un bianco brillante, a indicare la sua supremazia sugli altri due pastori, personificazioni del dio Pan e di Giovanni Battista.
Nella tradizione egizia infatti il colore rosso:
Indicava sia Shu, il sommo Dio, simbolo del potere divino incarnatosi sulla terra in forma di uomo, sia il Signore della Verità, o Occhio di Ra, in termini cristiani un precursore della figura di Cristo.
Il Dio unico è di derivazione egiziana. Detto per inciso, secondo Freud Mosè era egiziano, così scrive il padre della psicanalisi nel suo saggio intitolato Mosè e il monoteismo.
Il colore azzurro degli abiti della donna, Maddalena, allude al colore di Amon Ra, “il dio coinvolto nella resurrezione di Horus”.
L’abbinamento dei colori alla divinità è parte dell’esoterismo.
Il cardinale tenne sempre il quadro I pastori di Arcadia nei suoi appartamenti privati, ben consapevole, in quanto amico stretto di Kircher, del suo significato occulto.
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