Il coraggio degli Antichi Veneti. L’avventura. L’epopea. L’eredità perduta
- Autore: Federico Moro
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2012
Il coraggio degli Antichi Veneti (Helvetia Editrice, 2012) è un’opera tra il saggio storico e il romanzo nel quale l’autore ha studiato a fondo le antiche popolazioni del Veneto, le loro imprese eroiche e l’eredità tramandata, e le ha raccolte in una ricostruzione storica aderente alla realtà: l’avventura, l’epopea, l’eredità perduta.
Federico Moro, padovano, uno dei più grandi appassionati di storia, saggista e scrittore, vive e lavora a Venezia. È membro dell’Associazione italiana di cultura classica, della Società italiana di storia militare e dell’Ateneo Veneto di Venezia.
Nell’Italia che bruciava di guerre senza fine, i Celti, uomini con il volto dipinto di azzurro, avevano superato il Reno e con i loro eserciti attraversando villaggi, pianure, colline, fiumi e lasciando dietro di loro una scia di morte e distruzione, erano giunti nel nord dell’Italia.
I Veneti a difesa della loro terra e della loro gente, saranno affiancati dai Romani in virtù di una comune radice identitaria: un giorno da Troia era partita la stessa gente, da una medesima terra per separarsi lungo il viaggio. Tra le pagine del libro rivivremo la Storia un’epoca passata, gli usi, i costumi, la mentalità, la vita, le tattiche di guerra. Le gesta, tra invenzione e realtà, di grandi condottieri; di Voltiomnos, il primogenito dei Trostiai, che al timone delle truppe con ferma freddezza respinse l’attacco del principe spartano Cleonimo. Calmo e determinato, Cleonimo, figlio di un re, imbevuto di Omero e Platone, dai ricci neri e molte cicatrici sul corpo, risalendo il Medoacus si era diretto con le sue truppe verso il Santuario di Lova. E di Orso, un trentenne forte e muscoloso, dagli occhi verdi e i capelli neri, che non conosceva la paura e che prenderà il comando in difesa della città di Altino.
Tutto avrà inizio dalla Dea madre dei Veneti nel Santuario di Reitia, venerata come dea delle acque, della fertilità e della salute, con i capelli raccolti, con indosso vesti finemente lavorate e collane e bracciali di ambra come gioielli.
I Templi erano il centro della resistenza, luoghi in cui si pregava e venerava la grandezza del mito:
il racconto di ogni madre veneta tramandato era di esuli fuggiti da una città in fiamme alla ricerca di una terra dove ricominciare.
Il coraggio, la leggenda, l’universo di sentimenti dei Veneti Antichi è qui narrato e declinato in molte sfumature.
Nell’ anno 464 a.C. Patavinum (Padova) era una grande città della Venetia, la più antica, pieni di giardini e di orti. I suoi colori si mescolavano a quelli di una campagna senza fine, alla quale facevano sfondo i Colli Euganei e il mistero di un popolo vissuto prima. Una terra di miti e storie fantastiche, con i suoi porti dell’Alto Adriatico, mercato importante per l’ambra, e di antiche strade che portavano a Montebelluna, Altinum, Caralte.
L’acqua dei fiumi e del mare era lo scorrere di linfa; l’acqua era ovunque, dolce, salata, e a volte riemergeva dove meno la si attendeva. La sacerdotessa Nerka del Santuario di Reitia, dalle grandi labbra carnose, gli occhi verdi e i capelli ramati, aveva previsto con le sue visioni notturne l’arrivo dei nemici, fiamme e saccheggi, per cui il Tesoro, bene prezioso del Santuario, andava protetto.
Una sconfitta contro i Celti avrebbe portato la Venetia alla distruzione, alle violenze, alla morte. Le battaglie infurieranno proprio come i tradimenti e molti misteri. Il pericolo dei Celti divenne seguente anche a Lagole, un villaggio di montagna dove tutta la ricchezza, il ferro, transitava su e giù per la valle del Piave per raggiungere le officine a Patavinum e Ateste. Ancora una volta saranno le visioni della gran sacerdotessa, la sua era la voce della Dea, a dare il coraggio di agire e di prendere una decisione per salvare il popolo. Stremata dalle estasi mistiche e con gli occhi pieni di lacrime, infine, si chiederà.
Perché gli antichi miti mi tormentano? Il mito è poesia e la poesia è arte perché l’arte è sempre memoria, conserva l’identità di un popolo.
La Venetia risponderà in forze, così quando si troverà sotto attacco degli Unni: Attila alle porte di Altina voleva a tutti i costi il Tesoro di Reitia.
Con le sue truppe, scorrazzando in cerca di donne e bottino, era giunto da oltre il Danubio e non aveva incontrato nessuna resistenza nella pianura veneta, neppure dopo aver espugnato e bruciato Aquileia.
Un appassionante romanzo storico nella sua migliore definizione nel trasmettere lo spirito di un’epoca passata, la cui storia serve da sfondo all’invenzione narrativa. L’autore ristruttura il passato con una perfetta miscela di personaggi di fantasia e non, e ci conduce in un originale viaggio nel tempo.
Una delle caratteristiche più belle della lettura è proprio quella di portarci in luoghi a noi sconosciuti, un vero motivo per immergerci senza sosta tra le pagine de Il coraggio degli Antichi Veneti.
Il coraggio degli antichi veneti. L'avventura, l'epopea, l'eredità perduta
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