Il corpo dei settanta
- Autore: Stefano Loparco
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Anno di pubblicazione: 2009
C’è una raccomandazione che mi sento di farvi e di farvi da subito: mettetevi prima che potete sulle tracce de “Il corpo dei Settanta” (Edizioni Il foglio). Il libro ha qualche anno (è stato pubblicato nel 2009) ma è uno di quei testi che gli appassionati di cinema di vecchio e nuovo corso non possono mancare. So che sono cose che si scrivono generalmente ma badate che dico sul serio: questo saggio di Stefano Loparco è tra i più significativi che mi sia capitato di leggere sul cinema popolare italiano e sul decennio di piombo, da un bel po’ di tempo a questa parte.
Il “corpo” in esame è quello di Edwige Fenech, un ultra-corpo piuttosto, oggetto di desiderio in sé, mitopoiesi allo stato puro: sessuale e cinematografica in un’unica accezione. Qualcosa di più (di molto ma molto di più) che le “misure” da starlette seriale, il corpo della Fenech è un’icona posta aldilà del bene e del male, la commistione (in)naturale di candore & peccaminosità, (auto)ironia e legge del desiderio come cosa molto seria. In una sola parola il corpo-feticcio per antonomasia, il corpo ontologicamente pensato per l’obiettivo, per essere filmato/agognato – Giovannona coscia lunga, Ubalda tutta nuda e tutta calda, il corpo-infermiera-insegnante- poliziotta, mito voyeuristico, fuoriclasse delle docce -, transustanziazione dei sogni proibiti di una generazione scatologica e cinefila di serie Z, quella succube dei filmetti alla Nando Cicero con Banfi e Vitali, per intenderci. Ciò che riesce a fare Loparco in questa meta-biografia dell’attrice franco-algerina è affrescarne teoria e prassi, soffermarsi sui sensi manifesti e reconditi del suo "farsi" oggetto cinematografico, inquadrarne in piano ravvicinato le declinazioni, senza tacere - ovvio - su chi lo "indossa" con licenza di uccidere (la Fenech), elevandolo con nonchalance tutta francese a oggetto di desiderio, ma anche subendone l’invadenza, e le contraddizioni. Prima fra tutte quelle legate all’ingombro, alla determinazione giocoforza del “ruolo unico” cinematografico, un vero e proprio "irrisolto" interiore della bellissima Edwige: da un lato l’innata ritrosia, la dichiarata timidezza, l’aspirazione a essere giudicata (amata, compresa) aldilà della fisicità prorompente, dall’altro la disponibilità a campeggiare nuda sui manifesti, gli schermi, le copertine delle riviste per soli uomini.
Ciò che Loparco riesce a fare in secondo luogo è divagare, battendo in lungo e in largo i sentieri del cinema di genere (che fu), speculando su registi, comparse, primi attori e prime attrici, in montaggio alternato a “frame” molto ampi di vita e politica italiana. Quasi come dire: mentre al cinema la commedia sexy teneva le prove generali del voyeurismo sessuale allargato alle masse, nell’Italia a mano armata di quegli anni si tenevano quelle della rivoluzione mancata. La Fenech restava nuda sotto gli sguardi lubrichi di ripetenti-guardoni-reclute-mariti impenitenti e per strada intanto si sparava: da piazza Fontana all’omicidio Moro, i grani del rosario rosso-sangue del passato italiano anni Settanta nel libro ci sono tutti, affrontati da Lopoarco con dovizia di particolari, in maniera contigua alla vita e ai miracoli professionali della Fenech, oggi persino produttrice televisiva di successo. Il volume è poderoso - supera ampiamente le 300 pagine – non si fa mancare e non fa mancare nulla (compresa una miriade di foto da prurigine della Fenech), rivelando l’autore come una delle voci critiche più promettenti & divergenti della saggistica italiana non professorale. Per una volta lasciatemi scrivere vivaddio.
Il corpo dei Settanta. Il corpo, l'immagine e la maschera di Edwige Fenech
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