Il fascismo dalle mani sporche
- Autore: Autori Vari
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Laterza
- Anno di pubblicazione: 2019
Fatti e misfatti di un’epoca, di un periodo che è rimasto impresso nell’immaginario collettivo privo di qualsivoglia forma di corruttela. Vi è la tesi di un fascismo moralizzatore, incorruttibile ed intransigente che in "Il fascismo delle mani sporche" viene confutata. Dittatura, corruzione e affarismo erano in simbiosi.
Sono raccolti una serie di saggi di dieci prestigiosi autori tra cui Paul Corner per il quale il fascismo era in realtà un reticolo di interessi clientelari, in cui i vari personaggi si muovevano avendo davanti un’unica e sola prospettiva, quella dell’assoluta e totale fedeltà al capo supremo.
Una concezione “romantica” del fascismo, in cui il Duce era maestro di propaganda, sceso in campo per fare pulizia di una “Italietta” corrotta, mediocre ed intrallazista. Con lui prende forma uno Stato diverso “nuovo” rappresentato da figure radicali come quella di Farinacci. Un radicalismo che serviva a tracciare la strada verso il potere con metodi risoluti ed uno squadrismo spietato; era inoltre specialista di dossier costruiti ad arte con notizie vere o verosimili su suoi avversari.
L’obiettivo di Roberto Farinacci è ben rappresentato nel saggio di Matteo di Figlia che cita Augusto Turati che lo sostituì come segretario nazionale del partito e che così si esprimeva nei riguardi del suo predecessore:
Le sparate di Farinacci stanno a dimostrare che egli è il solo onesto in un mondo di ladri ed il solo che ha il coraggio di attaccare i galantuomini per difendere gli altri.
Si esplicita in questo modo la filosofia degli alti gerarchi, veri ras del sistema di cui vengono riportate le vicende che ricompongono un velo falso che doveva coprire un’altra realtà. Si consolidò in questo modo un sistema di potere che portò l’affarismo, la grettezza morale e la corruzione sin dentro i gangli dello Stato. Questi cosiddetti “uomini nuovi” erano invero una casta di disinvolti accaparratori e non si ritenne di aggredire siffatto sistema di arricchimento sia personale che di partito in quanto strumento per alimentare tangenti e ruberie di varia natura.
Mussolini non si mosse per un’opera di repressione poiché avrebbe dovuto rimestare nel fango su ricchezze improvvise ed ingiustificabili mettendo in crisi una narrazione retorica di un regime raffigurato come presidio di massima onestà. Vi era una realtà che allo stesso Mussolini di certo non poteva sfuggire per l’azione della Polizia politica, l’OVRA, con una vasta rete di spionaggio. Dagli Archivi di Stato vengono alla luce, documenti che attestano segnalazioni, denunce, dossier e iniziative per verificare in loco quello che accadeva. E tra gli altri casi un capitolo riguarda il caso di Alfredo Cucco , le cui vicende sono riassunte da Vittorio Coco nel saggio: “Una carriera emergente in terra di mafia”
Il Duce era in possesso di sufficienti elementi di conoscenza su quale sistema si stava consolidando dietro la falsa immagine di moralismo e di perbenismo. E questo viene dimostrato da quello che egli stesso scrive a Farinacci che si professava un pezzente a cui risponde che forse lo era nel 1922 ma non lo era di certo rimasto dopo, specie nel 1928, VI anno dell’E.F..
I veri pezzenti non vanno in automobile e non frequentano alberghi di lusso, la demagogia del falso pezzentismo mi è odiosa come l’esibizionismo pescecanesco.
Citando Mussolini. Ma nell’accurata e documentata ricostruzione si passano in rassegna, significativi episodi di diversi alti esponenti del Regime con un taglio originale di fatti ed avvenimenti a volte anche conosciuti, ma con una chiave di lettura poco utilizzata per vicende ora approfondite ed esaminate.
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