Il fratello minore
- Autore: Vincenzo Esposito
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2018
Altopiano del Carso, giugno 1917. Il fucile dell’austriaco è puntato contro di lui, da pochi passi. “Ma sì, che la faccia finita in fretta”. Uno sparo secco. Niente, tutto come prima. Sicchè, morire è come vivere. Marcello Narducci non ha mai conosciuto il fratello maggiore, caduto nella Grande Guerra, ma non è nel 1915-18 che si svolge il romanzo che lo vede protagonista. Opera prima di Vincenzo Esposito, vice caporedattore del Corriere del Mezzogiorno, “Il fratello minore”, edito da Homo Scrivens (Napoli, aprile 2018, 166 pagine 15 euro), è scritto da un giornalista napoletano e parla di un giornalista napoletano.
Vincenzo è un cronista nato, di valore ed esperienza, in apprensione però per una professione che “sta cambiando”, sotto la spinta dei social media. Il suo personaggio invece, Marcello, è cronista per caso, lo è diventato a 18 anni ed ora va avanti per inerzia, senza motivazioni, ha consumato l’entusiasmo iniziale della magia dei fogli bianchi che si animano di caratteri battendo i tasti della Olivetti.
A 40 anni passati, dopo il ventennio, una guerra mondiale e una mezza guerra civile, non ha più voglia di mettersi a fare il Don Chisciotte. È il 1963, lavora nella redazione del “Roma” e prima col fascismo poi coi palazzinari che hanno messo le mani su Napoli, ha imparato a sue spese che di certe cose è meglio non parlare.
La ritirata strategica dalla realtà - la bussola di ogni giornalista dovrebbe essere la verità - gli ha tolto la voglia di scrivere, di indagare e di spiegare alla gente quello che non si deve dire. In cuor suo, si accusa di essere “morto dentro”.
Ma c’è chi è deceduto davvero e più di uno si direbbe, dalla telefonata anonima (“currite, ca ce stanno ‘e muorte”) che fa accorrere verso il civico 598 di Corso Vittorio Emanuele il tenente dei Carabinieri Olivares. Ecco un altro che fa qualcosa che non vorrebbe fare: prestare servizio a Napoli. A 25 anni e di prima nomina non è che abbia scelta, però con un po’ di pazienza e un minimo di anni, diciamo tre, potrà aspirare magari a cambiare aria e avvicinarsi alla sua Canzo, sul lago di Como.
Davanti al Palazzo, a Mergellina, la folla indica il luogo del fattaccio. La chiamata l’ha fatta il portiere, Gennaro Lanzilotto. Non ha dato il nome perché nessuno gliel’ha domandato ed ora “relaziona sui fatti”, come gli chiede il tenente. Stava lavando le scale e da sotto la porta del prof. Infante ha visto filtrare una macchia marrone.
“Pareva cioccolata vecchia”, i napoletani sono sempre coloriti e divagano, ad Olivares sembrano tanti “fanfaroni”. Lanzilotto poi dispensa volentieri lezioni di napoletanità, ma cerchiamo di non divagare almeno noi, perché a farlo già ci pensa il bravo Vincenzo Esposito. Ma lui è l’autore e se lo può permettere, anzi, se lo deve concedere, per esigenze narrative.
Dall’interno emana odore di morte, il portiere è sicuro, ha fatto due guerre e ne ha raccolti di bambini, dalle macerie dei bombardamenti. Il fetore è inconfondibile.
Quell’appartamento sta chiuso da tre giorni, dicono nel vicinato e i Carabinieri possono sfondare la porta. C’è un’aria pesante, terribile. Dietro l’uscio qualcosa fa resistenza, è il cadavere di una bambina, una gran macchia rossa sul petto. Nel bagno c’è la mamma, immersa in acqua e sangue. Trovano il prof. Giulio, il capofamiglia, con la testa riversa sulla scrivania nello studiolo e la gola tagliata.
Marcello, inviato dal giornale sul posto, ingaggia la consueta partita al gatto e topo con l’appuntato Merola. Uno a piantonare le scene dei delitti, l’altro a cercare di sgattaiolare. E comunque può sempre applicare la prima regola della “nera”: frequentare i luoghi pubblici vicini al luogo del fatto. Nei bar la gente commenta: “una famiglia distrutta”. Vivevano già una situazione difficile, la bambina non era normale “di testa”, il dolore succhiava la vita alla povera signora Infante e le cure stavano prosciugando le risorse del padre, che non sapeva più in quante lezioni private dividersi.
Tre morti, porte e finestre chiuse dall’interno, ma l’arma del delitto non è in casa. Non è che uno si ammazza e poi va a nascondere la lama con cui si è aperto la gola! Un rebus e una patata bollente, addosso a Olivares, “l’ha scoperto lui il delitto, se la sbrighi da solo”.
Non ci sono solo il giallo e le divagazioni sulla napoletanità e sulla professione giornalistica, di colpo ci troviamo con Marcello accanto a un ragazzo, in un ospedale militare. È un soldato, ferito in azione, era rimasto inerme ma un compagno ha liquidato l’austriaco che lo aveva preso di mira da vicino. Quel giovane è il fratello maggiore. Grande Guerra, ospedale di Cividale del Friuli. Un sogno, una visione?
Si chiama pure Marcello. Al figlio nato dopo la guerra i genitori avevano ridato il nome del caduto e questi, va detto, rappresenterà la buona coscienza del vivo e lo guiderà verso una ripresa di valori e motivazioni.
Nel romanzo dobbiamo infine collocare Eleonora, una giornalista del “Roma”, rara figura femminile in un quotidiano, negli anni ’60. La Pennisi ha imparato presto ad esercitare un certo pettoruto fascino sugli uomini e questo le ha giovato decisamente, negli studi e sul lavoro. Tanto più considera un ostacolo nella sua scalata ai ruoli maschili l’interesse che provare per Narducci, l’unico che l’abbia attratta nel giornale. Si è proprio innamorata di Marcello. Che rabbia per lei!
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