Il giudice e il bambino
- Autore: Dario Levantino
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2024
La casa editrice Fazi presenta Il giudice e il bambino, nuovo romanzo di Dario Levantino, autore già apprezzato da lettori e critici.
Lo scrittore, conosciuto per Cuorebomba, riprende un argomento assai importante che lui aveva già affrontato nel suo romanzo Il cane di Falcone. Scrive di mafia, di quell’associazione di uomini che ha origini antiche e che si è drammaticamente, crudelmente e dolorosamente rafforzata ed evoluta con il mutare dei tempi.
Per narrare vicende estremamente crude Dario Levantino crea una storia a metà tra la fiaba e il romanzo storico; la conferma dell’importanza del tema sta già nella scelta dei personaggi primo fra i quali è il giudice Paolo Borsellino, protagonista e voce narrante del libro. Il magistrato, vittima di “Cosa Nostra” nella strage di Via d’Amelio il 19 luglio 1992 , alla sua morte giunge immediatamente in Paradiso ove gli viene conferito un compito particolare: gli viene affidato l’UFFICIO ANIME IRRISOLTE.
L’ufficio avrebbe ricevuto le anime appena spirate che non riuscivano ad ascendere definitivamente al paradiso poiché avevano lasciato qualcosa di irrisolto sulla Terra. Il mio compito era quello di accogliere quelle anime, parlarci, capire il problema e il loro malessere, e infine sciogliere ogni nodo perché fossero pronte per il paradiso in eterno. In pratica ero una specie di psicologo al servizio di Dio.
Per ogni incarico che mi veniva affidato avevo cinque giorni di tempo per concluderlo. Se l’esito era positivo, l’anima restava in paradiso; se, sfortunatamente, l’esito era negativo, l’anima, non ancora pronta per il regno dei cieli, finiva in purgatorio per un tempo che poteva variare, ma che era comunque lungo.
Il paradiso del romanzo è un po’ particolare, ancor connesso alla Terra: a esso si ascende certo per meriti e virtù ma il ricordo di “laggiù” è presente e vivo nelle anime: lo stesso Paolo Borsellino, catapultato troppo all’improvviso in alto, ha ancora dei rimpianti. Avrebbe voluto esser presente all’esame dell’adorata figlia Lucia ma il giorno precedente a esso lo aspettava un triste agguato. La moglie Agnese, i figli Lucia, Fiammetta e Manfredi sono presenze pulsanti della storia, mai lontani da un marito e da un papà che tanto li ha amati .
Dopo alcuni compiti andati a buon fine, ecco un giorno all’ex giudice viene affidato un caso difficile, quello che gli avrebbe però garantito una ricompensa cui Borsellino teneva tanto.
L’anima che non riusciva a salire in paradiso era l’anima di un bambino. Il suo nome era Giuseppe Di Matteo.
Il bambino era stato strozzato e poi sciolto nell’acido.
Chi meglio dell’ex giudice può approcciarsi al nuovo arrivato? Eppure il compito si rivela assai arduo: il bambino si rifiuta di andare nell’ufficio e rimane rannicchiato su una nuvola. Con lui nessuna tattica funziona: né la comune provenienza, “Palemmitano sugnu!” dice Borsellino, né le arancine, né le battutine allegre. Giuseppe, nato solo nel 1981, lo stesso anno dei Puffi e dei Predatori dell’arca perduta, era figlio di Santino Di Matteo, un tempo affiliato al clan dei Corleonesi.
La vicenda di Giuseppe è legata a quella del padre che, dopo un passato di ex mafioso, era diventato un collaboratore di giustizia, “un pentito” nel gergo e ciò aveva scatenato la vendetta dei capimafia che avevano fatto rapire il bambino, poi lo avevano tenuto in prigionia per più di due anni e infine, poiché Di Matteo non aveva ritrattato, sciolto nell’acido
E prima di farlo gli sussurrarono con freddezza una frase orrenda: - Mi dispiace, ma tuo papà ha fatto il cornuto.
Il giudice si occupa con particolare solerzia del piccolo Giuseppe poiché entrambi erano stati vittime di mafia e inoltre poiché un bambino come lui, per l’età e per gl’indicibili patimenti e torture, avrebbe dovuto volare subito nella sua nuvola in Cielo. Ma Giuseppe non è del tutto sereno e si chiude in sé stesso: l’unico indizio che il giudice ha è la passione per i cavalli da sempre nutrita dal bambino. Anche Mottino, il suo cavallo in Terra, ora è in paradiso . Toccante è l’incontro tra Giuseppe e il cavallo: avranno modo di stare insieme per un po’ e poi salutarsi .
Il piccolo protagonista pare comunque ancora chiuso in sé ma
Non era del tutto vero che il piccolo Di Matteo fosse reticente, o meglio la sua reticenza era un’assai modesta maschera dietro cui si nascondeva invece un intenso bisogno di parlare.
Il percorso di avvicinamento fra il giudice e il bambino è assai tortuoso: quando pare aprirsi uno spiraglio, ecco Giuseppe si rinchiude in se stesso rendendo vani i tentativi della voce narrante di risolvere ciò che ancora lo tormenta. Il giudice però continua a raccontare e dalle sue parole emergono pagine di storia italiana, quella che ancora non si legge sui libri di scuola ma che è fondamentale per comprendere tanti fatti del nostro Paese.
La svolta finale è assolutamente toccante: il giudice, per aiutare Giuseppe, deve calarsi in altro ruolo che peraltro conosce molto bene: quello di padre, anzi di papà.
Ogni lettore auspica per questo libro un lieto fine; a una soluzione si giunge, però, più che attraverso la giustizia tramite sentimenti profondi che sgorgano dal cuore.
Il giudice e il bambino di Dario Levantino merita d’esser letto.
All’autore tutto l’apprezzamento per aver saputo raccontare di fatti tanto importanti mischiando la realtà con elementi di fantasia perché nel vero c’è tanta crudeltà che va conosciuta ma a piccole dosi dal momento che certe efferatezze sono inenarrabili e inaccettabili.
Dario Levantino si presenta a chi legge come probabilmente fa nella vita: lui è un insegnante e, da prof, sa trasmettere ai ragazzi anche gli argomenti più difficili e imbarazzanti. Lo stesso fa con i lettori e non è capacità di tanti.
Il giudice e il bambino è quindi, assolutamente, un’occasione di lettura da non perdere.
Il giudice e il bambino
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