Il killer del loto di Marco De Fazi

Il killer del loto (Porto Seguro Editore, 2021) è il nuovo, imperdibile thriller di Marco De Fazi, pubblicato a sei mesi di distanza dal romanzo d’esordio L’uomo nel buio.
Un poliziesco d’azione, dialoghi serrati e parti descrittive ridotte all’essenzialità. Ritmo adrenalinico garantito dall’ espediente narrativo del countdown. Perché Clay Stone, ora detective, ha tre giorni per evitare ulteriori spargimenti di sangue e assicurare il colpevole alla giustizia. Tre giorni.

A fare da sfondo una Minneapolis monocromatica. Sapevate che la principale città del Minnesota è l’area metropolitana più fredda degli Stati Uniti continentali?
E di freddo ce n’è tanto in questa storia, il cui epicentro risale al 1983. Il freddo della morte, del tradimento, della solitudine, della delusione, della paura, del dolore. Il freddo della vendetta. Talvolta i confini etici e legali della giustizia sono sbagliati agli occhi di chi subisce un torto. Un torto così grande che qualunque pena non sembra mai abbastanza.

I protagonisti: un trio insolito ed efficiente

Clay Stone: ex sceriffo di contea, da un paio d’anni detective. Allegro, generoso, salutista, abitudinario, fedele alla sua Amanda. Finalmente. Senza tirare in ballo Chandler (che forse i giovani lettori ignorano), ecco un personaggio vero e propositivo. Agli antipodi rispetto al detective dall’individualismo tormentato e irrisolto che ha colonizzato il filone scandinavo.
Dane Lewis: agente di prim’ordine, detiene il primato del numero di arresti nel distretto. Un Terminator in gonnella? No, perché l’autore le conferisce sottotraccia una struggente umanità.
Rabbit: questo il soprannome di "un nerd con l’aria da sfigato". Il ragazzo prodigio della Scientifica di accattivante intelligenza e simpatia.

La trama del romanzo

Il modus operandi con cui un serial killer elimina e fa ritrovare le sue vittime sconvolge il detective Clay Stone, alle prese con il suo primo caso di omicidio, e la comunità intera. Un macabro mix di perizia, competenze logistiche e deviato senso estetico dai tratti horror.

La vicenda, ambientata nella contemporaneità, si apre con due macabre scoperte a distanza ravvicinata. Gli inquirenti sono disorientati fino a quando il detective individua su quel che resta dei cadaveri la vera firma dell’assassino. Ma c’è di più. Questa firma originale comunica il numero delle prossime vittime. Ma il problema è: chi sono?
Gli inquirenti si rendono conto di avere a che fare con un serial killer anomalo, per la meticolosità e la pazienza con cui, ipotizzano, da tempo ha organizzato un piano criminale raccapricciante e diabolico.

A questo punto scatta una lotta bidirezionale contro il tempo. Individuare in anticipo la prossima vittima, il che a dire cercare un ago nel pagliaio. Trovare connessioni tra le prime due di vittime, scavando nel loro passato. Impresa molto più difficile del previsto.
Con una delle tante virate inaspettate che rendono avvincente il romanzo, l’individuazione dell’assassino si trasforma in una spietata caccia all’uomo.

L’economia di movimento è uno dei punti di forza. La vicenda, infatti, non solo si muove senza forzature su piani temporali diversi, ma in coda è arricchita da una ricostruzione dei fatti da un punto di vista inedito. Capace di spiazzare il giallista più esperto.

Ben costruita la struttura complessiva. L’inchiesta è incastonata tra un prologo e un epilogo, accompagnato da un’ avvertenza per il lettore.
Il prologo contiene l’antefatto. L’epilogo concorre a completare la psicologia di un personaggio con un’ ennesima rivelazione.

Due parole sull’avvertenza al lettore, che a me sembra tutt’altro che marginale.
Alleggerisce il carico emotivo per le spannung plurime (il termine tecnico indica il momento di massima tensione narrativa) e il botto del gran finale.
È un piccolo omaggio a noi lettori. Perché, come osservano Iser ed Eco, è grazie alla nostra "cooperazione attiva" che un testo esiste e vive.