Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra - Lo scrittore automatico
- Autore: Roald Dahl
- Categoria: Narrativa Straniera
Il nome di Roald Dahl suggerisce subito a chi lo legge i titoli di vari romanzi e racconti per l’infanzia, talmente fortunati da essere stati usati come base per alcuni film di successo, quali “I gremlins”, “La fabbrica di cioccolato” e “Matilda 6 mitica”. Trame divertenti, velate di horror o di noir, che riscuotono successo anche presso gli adulti pur essendo essenzialmente pensate per un pubblico costituito da bambini.
Non molti, però, conoscono i lavori che Dahl ha indirizzato ad un pubblico decisamente più maturo, come questi due racconti abbinati nello stesso libro.
Si tratta di un libricino di non più di sessanta pagine, da leggere nello spazio di una serata, o due se volete centellinarvelo e dedicare più attenzione separatamente a ciascun racconto: questo però non vuol dire che non sia una lettura capace di lasciare un segno. Due racconti da leggere con un sorriso amaro sulle labbra, non comici ma piuttosto caustici, ironici, secchi come una sferzata di cinismo in pieno viso. Le conclusioni alle quali portano appaiono ad una prima lettura diametralmente diverse, ma in realtà fra le due situazioni esiste ben più di una sfumatura: il piano criminoso perpetrato per mezzo dell’inganno è destinato a fallire, la lusinga che induce a cedere a qualcosa di eticamente scorretto, ma perfettamente legale, invece avrà successo, sospinta dalla forza del denaro.
I personaggi disegnati da Dahl sono esseri estremamente volgari, per il loro modo di presentarsi ma anche e soprattutto per la loro avidità, per la loro sete di denaro che li spinge a calpestare i sentimenti ed il dolore delle persone, minacciare la loro reputazione, reprimere la loro creatività. Ma non c’è in Dahl alcun compiacimento ne’ solidarietà con loro: si percepisce, anzi, chiaramente la repulsione che l’autore ha per il comportamento delle sue stesse creature, generate per servire da esempio inequivocabilmente negativo e da monito ai fruitori di questi racconti.
Il libraio e la sua segretaria-amante, entrambi repellenti sia fisicamente che moralmente, sembrano fatti l’uno per l’altra. In realtà la loro bottega di libri antichi è solo una copertura per la loro ben congegnata truffa, che sfrutta il dolore e lo smarrimento di chi ha perso da poco il compagno di una vita uniti alla consapevolezza dell’impossibilità di conoscere a fondo chi ci sta accanto, alla convinzione che gli uomini, in fondo, siano tutti più o meno porci, e al terrore di uno scandalo. Ma ogni ingranaggio, per quanto perfetto, trova la pagliuzza che lo fa inceppare, e il libraio dovrà pentirsi di non avere ascoltato la sua compagna ed il suo consiglio di ritirarsi in tempo.
Protagonista del secondo racconto è invece un giovane ingegnere, scrittore dilettante più per bramosia di denaro che per vera passione, che inventa una macchina in grado di scrivere libri in serie, come si producono i vestiti. Il successo gli arriva con la sua produzione di materiale di quart’ordine, buono per giornaletti e per pseudo-intellettuali, e con esso arriva l’idea di “comprare” gli scrittori più in vista del suo tempo per indurli a ritirarsi. Idea di cui quasi tutti sono entusiasti, svelando così di non essere diversi da lui. Il grido finale di disperata resistenza, di difesa della propria passione, della propria vita, dall’avidità e perfino dal bisogno estremo, spetta allo scrittore vero, e appare tragicamente reale e denso di affinità con l’attuale situazione culturale.
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