Il libraio di Kabul
- Autore: Åsne Seierstad
Generalmente, le testimonianze che ci arrivano dai vari Paesi islamici, sia che esse riguardino le molte guerre che li affliggono o la vita quotidiana della gente comune, ci vengono trasmesse da chi le ha vissute in prima persona, spesso per mezzo di un o una giornalista che si limita a trascrivere “in bella copia” fatti, riflessioni e sentimenti di chi li ha sperimentati sulla propria pelle.
In questo caso ci troviamo invece davanti a un punto di vista piuttosto particolare. Åsne Seierstad è infatti una giornalista norvegese che non si è limitata a raccogliere una o più testimonianze di vari abitanti di Kabul riguardo alla loro vita quotidiana e a come la guerra l’ha cambiata, ma ha voluto osservare i fatti da una posizione, potremmo dire in un certo senso, “privilegiata”: da silenzioso, discreto, appartato membro di una famiglia afgana. Un progetto maturato dalla conoscenza con il libraio Sultan Khan e dalla voglia della Seierstad di fare una vera e propria esperienza di vita prima ancora che di narrazione. Se il libraio sia stato entusiasta o indifferente riguardo al progetto, non è specificato: la sua risposta positiva sembra dettata principalmente dal dovere di accoglienza.
Il risultato di questo particolare soggiorno è un libro che si colloca a metà strada fra la cronaca e il romanzo. La narrazione non segue una linea regolare, non c’è un vero inizio né una vera fine. Si tratta piuttosto di vari episodi che riguardano i membri della grande famiglia del libraio, narrati in modo approfondito e con grande partecipazione. Di alcuni fatti la Seierstad è stata ella stessa testimone, di altri, per forza di cose, no: in quel caso si è dovuta accontentare del racconto. Malgrado questo, il suo resoconto, data la sua lunga convivenza con la famiglia Khan, ha perso la freddezza della cronaca per entrare in una dimensione di condivisione e di partecipazione alle vicende di coloro che, ormai, sono quasi diventati suoi parenti. La guerra, i rapporti interpersonali, il lavoro, le tradizioni sono così visti “dall’interno”, ma allo stesso tempo “filtrati” dalla mentalità di chi scrive, mentalità europea, anzi, scandinava: quanto di più distante si possa immaginare da quella afgana. Ci sono atteggiamenti che la stessa autrice, malgrado tutti i suoi sforzi, non riesce a comprendere; trattandosi di una donna è poi chiaramente evidente la sua solidarietà con il mondo femminile e la sua tristezza per le donne che piegano il capo davanti alle convenzioni e alle costrizioni, donne i cui primi nemici sono i condizionamenti e i timori, conseguenza di ciò che è stato inculcato in loro fin dalla nascita, che le imprigionano in una ragnatela invisibile e fortissima.
Sultan, il libraio, è un personaggio (se così lo si può definire, essendo reale) che disturba. Alla sua passione per i libri si accenna di tanto in tanto, ma non viene assolutamente messa in evidenza. Al contrario, dal ritratto che ne fa la Seierstad viene fuori un affarista duro, attento ai guadagni più che alla diffusione della cultura, spietato con chi gli causa danno, e un capofamiglia progressista a parole, in realtà dalla mentalità ancora profondamente antiquata, terribile con chi osa contrastarlo. Gli fanno corona i familiari, alcuni silenziosi in sottofondo, altri tutti da scoprire: la vivacità e il dilemma interiore del figlio Mansour, la timida ribellione, poi rassegnazione, della cognata Leila. Uno spaccato di vita intima, sullo sfondo di un Paese problematico e delle sue tragedie quotidiane.
Il libraio di Kabul
Amazon.it: 11,40 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il libraio di Kabul
Lascia il tuo commento