Il mostro ama il suo labirinto
- Autore: Charles Simic
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2012
Charles Simić , nato a Belgrado nel 1938, proprio nell’anno in cui Hitler invase l’Austria o meglio, fece un’annessione per formare la "Grande Germania", mentre gli altri Stati europei stavano all’erta per dichiarare guerra alla politica di espansione nazista.
Dopo il Secondo conflitto bellico, molti profughi scapparono negli Stati Uniti per trovare condizioni di vita più accettabili. Charles Simić ci arrivò a sedici anni, a Chicago, con la famiglia, ma non dimenticò mai l’infanzia e la prima giovinezza a Belgrado. Scomparso nel gennaio 2023, a ottantaquattro anni, si laureò in Letteratura e vinse il premio Pulitzer nel 1990 per la Poesia con il libro Il mondo non finisce, edito in Italia da Donzelli editore nel 2001.
Il mostro ama il suo labirinto (Adelphi, 2012, trad. A Bottini) è invece una raccolta di aforismi sul perché non bisogna dimenticare la poesia, perché è così importante per l’uomo, in un mondo sempre più tecnologico e disumanizzante.
Lo fa prendendo a prestito gli aforismi come li ha usati un altro scrittore scappato da quelle terre, che si fermò a Parigi, e non era serbo ma romeno: Emil M. Cioran.
La maggioranza di questi aforismi di Simić sono contro i critici letterari, che inseguono la forma, sono ampollosi ed ermetici, tanto da fare scappare il lettore medio che si sente poco a suo agio riguardo la poesia contemporanea.
L’autore scrive:
La poesia moderna presuppone una estetica e una filosofia moderne. La poesia scritta con questa modalità non può essere compresa senza una conoscenza della storia intellettuale della modernità. Sembrerebbe ovvio, ma non lo è per tutti. Molti dei nostri critici letterari di punta non hanno spaziato nelle loro letture tanto quanto i nostri poeti. Le letture dei poeti sono molto più avventurose. E poi, naturalmente, ci sono la pittura e il cinema, che i critici regolarmente ignorano.
Simić non sopporta il critico tartufesco, che ha svolto i suoi compiti in ambito accademico e non si è più mosso da lì, avendo in massimo orrore il verbo inglese "to upgrade", ovvero aggiornarsi.
Non solo non sanno aggiornare il computer, ma non vogliono integrare le loro conoscenze con altre arti che ormai hanno preso il sopravvento. Vivono per cliché: il cinema è un prodotto che rende infantili gli adulti, ma non ci sono soltanto i film avventurosi della Pixar, anche i film indipendenti e quelli che vengono dai paesi europei e asiatici, per non parlare di film importanti della Bollywood indiana.
E la musica peggio: andare oltre J.S. Bach sembra un sacrilegio, non sanno nulla di musica pop e rock, ma nemmeno di musica classica dodecafonica. Sono analfabeti di ritorno, che passano il tempo tra carte e moduli da riempire e la poesia ha il suo naturale nemico proprio nella burocratizzazione dei saperi.
A questo riguardo l’autore cerca di scherzare, in modo da non far pensare che solo i critici letterari si siano arenati, ma i poeti stessi:
Tipologie degli intellettuali del Novecento: quelli che accettano le contraddizioni filosofiche, quelli che le ignorano e quelli che si disperano per il fatto che le contraddizioni esistono.
Ma le contraddizioni esistono anche in Simić stesso, che scrive poesie sulla sua terra d’origine, ammantandole di simbolismi non sempre immediati; poi al dunque minimizza ed ironizza proprio quei paesi in modo caustico, dicendo che i Balcani sono “quei luoghi d’Europa” la cui economia si regge sulle fabbriche degli orfani e sul desiderio di fare soldi e in fretta.
Quando la povertà supera una certa soglia, la poesia sembra non servire a niente, perché senza troppi giri di parole, non si mangia. E qui l’eterna contraddizione della poesia: se non diventa narrazione che può svagare persone che hanno appena mangiato senza saziarsi, con racconti di paura per esorcizzare la propria paura di vivere nel bisogno, serve solo a chi ha la pancia piena e quindi la poesia diventa un modo per dare prestigio alle sue nuove ricchezze.
E queste sono contraddizioni tipicamente europee, ma Simić che ha vissuto per quasi tutta la vita negli Stati Uniti potrebbe mai pensare che il premio Pulitzer vinto, possa aiutare il messicano sfruttato o i nativi americani? Ma queste sono domande retoriche, che non fanno bene a nessuno, perché ormai Charles Simić non c’è più, ma conta l’esempio che ha lasciato.
Una cosa alla volta:
Bigotti ipocriti, tromboni mercenari, piromani con nozioni globali, inventori di capri espiatori, prelati avidi di danaro, ladri del pane dei bambini poveri, vigliacchi che scrivete editoriali guerrafondai, milioni di bastardi senz’anima, lasciate almeno che questa vecchina e il suo vecchio cane attraversino la strada.
Il mostro ama il suo labirinto
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Il mostro ama il suo labirinto...
Et pour cause!
La sua preda si perde nel tracciato
Ambiguo, come mosca nella tela
Del ragno... Vieni qui, che me te magno!
Peccato che la mathesis scoperto
Abbia la regola del labirinto,
Girare sempre a destra per uscire
Segnando la tua scelta ad ogni bivio.
Povero mostro, resti senza preda
E ti smarrisci dentro al tuo digiuno
Il tuo vuoto intestino è un labirinto
Che verso la morte ti ha sospinto.