Il nome del padre. Racconti blasfemi
- Autore: Federigo De Benedetti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2010
Libro originale che, come indica il sottotitolo, potrebbe davvero apparire blasfemo per i credenti. Racconti spinti, forse, oltre il limite del grottesco, ma che in realtà manifestano un bisogno di elevare una sorta di preghiera disperata verso un Dio spesso distante, in apparenza, dalle miserie umane.
Ne Il nome del padre (Instar libri 2010) si richiamano le figure bibliche di Adamo, Caino, Mosè, Giobbe, Giuseppe, Maria, Gesù. E di Dio.
Le loro vicende sono incastonate in quadretti sospesi tra il satirico e il drammatico. E’ Mosè che suggerisce i comandamenti da incidere sulle tavole della legge al Signore ormai invecchiato e incontinente. Dio stesso, in un momento di crisi e di forte rimorso per aver abbandonato l’uomo al suo triste destino, avverte l’esigenza di sottoporsi a sedute psicoanalitiche. Sono proprio gli uomini, presentatisi al cospetto di Dio, a rinfacciargli di aver permesso la sofferenza e il male sulla terra, chiedendone conto direttamente a lui, il Creatore dell’universo, anziché il contrario.
Brevi racconti, spia forse di una sofferta religiosità vissuta da Federigo De Benedetti, pur proclamandosi egli stesso ateo convinto.
“Il male che gli uomini hanno subito io lo sapevo da sempre, l’ho permesso, l’ho voluto. Eppure dopo tanto tempo ancora non riesco a sopportare le urla dei bambini, i bambini di Goebbels e tutti gli altri che ho fatto soffrire, devo turarmi le orecchie, devo fuggire.”
L’incomunicabilità di Dio con gli uomini. Il suo silenzio alle loro grida di dolore. L’incomprensibilità dell’agire divino.
Il filo conduttore de Il nome del padre è quello di sottolineare l’inquietudine esistenziale della condizione umana.
Un libro a cui avvicinarsi senza preconcetti, dove niente è in realtà blasfemia - casomai sottile irriverenza - ma messaggio di forte critica nei confronti dei canoni ebraico-cristiani, arrivando talvolta a sposare una visione filosofica prossima al nichilismo. Alcuni racconti, a parere di chi scrive, ricordano posizioni teologiche elaborate da Sergio Quinzio, soprattutto nella parte in cui sono evidenziate l’inadeguatezza e l’assenza di Dio difronte alle speranze e alla salvezza dell’uomo.
Non un libro dissacrante e né banale, quindi, bensì una lettura da cui trarre spunto per profonde riflessioni. E forse, come paradosso, per corroborare la propria fede in Dio.
Il nome del padre. Racconti blasfemi
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