Il pane nudo
- Autore: Mohamed Choukri
- Genere: Storie vere
“Anch’io, anch’io, quando sarà grande, avrò una donna, e il giorno la picchierò, e la notte la coprirò di baci e di tenerezze. È un gioco, una passatempo piacevole fra uomini e donne.” (Pag. 28)
Il territorio del Marocco affacciato sul Mediterraneo e con lo sguardo sulla Spagna è la regione del Rif. La popolazione dominante è berbera, gente orgogliosa e libera che negli anni venti entrò in guerra contro la Spagna e la Francia.
Le conseguenze per la regione furono carestia, fame e miseria esasperata. Le speranze per i rifani erano solo nell’emigrazione.
Nel romanzo Il pane nudo (Edizioni CDE), lo scrittore Mohamed Choukri parla di se stesso. Negli anni cinquanta, Mohamed ha sedici anni, è un ragazzo confuso, duro. La sua famiglia è poverissima: è amato dalla madre, mentre il padre è un uomo atroce, perso nella miseria che ha alimentato un odio nei confronti delle persone, una violenza di cui i familiari sono la vittima principale, tanto che picchia la moglie e i figli, fino a ucciderne uno per barbaro sfogo di atrocità. Crescere nella sua casa reca al ragazzo dei disturbi di relazione: “Ormai, non ero più sensibile all’affetto delle persone.” Pag. 70).
Sebbene sia un bambino, vuole maturare rapidamente, per allontanarsi dal genitore sanguinario.
Mohamed racconta in prima persona la sua fanciullezza e la sua adolescenza precoce.
Con i genitori e i fratelli si trasferisce da Tetuan a Tangeri, ma lui continuerà a spostarsi da solo.
Sarà consegnato a dei parenti nella speranza di affidarglielo definitivamente, poi sarà lui stesso a lasciare i genitori per difendersi dal padre.
L’ambiente circostante al ragazzo è terrificante.
I suoi occhi di bambino sono costretti a vedere l’odio e la prepotenza, eppure cerca di sviluppare una parvenza di amore, perché, se ancora non conosce il sentimento direttamente, il suo spirito naturale lo spinge verso l’amore.
Intorno a lui ci sono famiglie distrutte, violente, persone ubriache, fumatori di hashish. La perversione raggiunge livelli infami con figli baciati dai genitori in bocca, fino a spaventosi rapporti incestuosi.
Fuori della sua casa il mondo era addirittura peggiore: ladri, accattoni, assassini, spacciatori, prostitute, pedofili. Allontanandosi da casa rischia di precipitare nel peggior girone infernale. Mohamed si trova investito dalla putrefazione umana, ed è obbligato a conviverci: “Mi ero trovato un nuovo mestiere, dopo quello di ladro e di mendicante. […] Anche il cazzo, ora, doveva contribuire alla mia sopravvivenza.” (Pag. 97)
Isolato. si trova ad affrontare la buia notte di Tangeri. Alcolizzati e puttane si aggirano nella città e con loro la peggior feccia. Mohamed ha paura della notte, si affatica a trovare un posto dove dormire, nonostante la sua giovane età si sente perso, senza speranza: “I bambini, quando muoiono, si trasformano in angeli. Gli adulti, in diavoli. E per me, ormai, era troppo tardi per sperare di diventare un angelo.” (Pag. 185)
Cinico, Mohamed è in grande confusione di sentimenti e non riesce a distinguerli, a dargli un valore. Apprende da fanciullo il gusto e il piacere della sessualità e comincia il continuo ricordo delle tante donne della sua giovinezza, le quali appaiono e spariscono in un continuo viaggio della sua memoria: “D’altronde, tutte le altre donne che avevo conosciuto non le avevo più riviste.” (Pag. 136)
Ma non è un piacere sessuale goduto con piena soddisfazione. Ci vuole del tempo per arrivare alla passione e lui è troppo giovane, è un ragazzino, è un sentimento precoce.
La confusione è totale, l’infanzia è rovinata dalla violenza e dall’obbligo di crescere velocemente, perciò anziché trovare il piacere reciproco all’inizio incontra delle perversioni.
Ecco come descrive il suo primo rapporto sessuale:
“ […] passai la notte nella stalla. Là, c’era una mucca olandese che mi affascinava. Cominciai ad accarezzarle le mammelle gonfie di latte.” (Pag. 37)
Finalmente arriva Assia, la prima donna adorata. L’apparizione è in un giardino di voluttà per la troppa incensante brama di amare e di essere amato.
Eppure la sua ingenuità continua, in una divertente immagine affronta la sua prima notte di amore, lei è pronta, ma lui si pone una domanda fallocentrica e maschile:
“E se la sua fica ha i denti?” (Pag. 45)
Ma Mohamed si educa a immagine dello squallido ambiente. Nessuno l’ha formato, il suo solitario riferimento maschile è l’aggressivo padre. Perciò in uno scoppio di volgare erotismo si abbandona alla vergogna sodomizzando un bambino.
Forzato dal padre a lavorare, Mohamed stava acquisendo tutte le peggiori caratteristiche dell’adulto in un corpo acerbo, la sua infanzia è totalmente negata: “ […] ero diventato più adulto, da quando ritiravo con le mie mani la paga che mi spettava.” (Pag. 41)
La speranza di salvezza per il giovane Mohamed avverrà per via dell’incontro con lo scrivere e la cultura. Il suo desiderio di conoscere e apprendere lo proteggerà. La sua vita raccontata arriva fino al bordo dell’autodistruzione, la speranza è, unicamente per lui, possibile.
Il libro si sofferma su altri temi, alcuni attuali e altri storici, come la situazione del Marocco degli anni cinquanta, raccontati nelle manifestazioni per l’indipendenza e la narrazione della crudele strage di persone durante un corteo per l’anniversario del 30 marzo 1912, giorno in cui la nazione diventò protettorato francese.
La frenesia d’indipendenza è per lo stato arabo bisogno di libertà, liberarsi dei cristiani colonizzatori unisce politica e religione:
“Tutto questo capita per colpa del vino e delle donne in un paese musulmano governato da cristiani. E noi, alla fine, non siamo né musulmani né cristiani.” (Pag. 151)
Un altro episodio storico è raccontato con particolari: la partenza degli ebrei dal Marocco. Sulle navi ricolme di profughi, i ragazzi arabi tenteranno di vendere della merce, arrampicandosi fino all’interno.
La situazione economica e umana è descritta con una partecipazione emotiva, forse perché vissuta dallo scrittore in persona. La fame è tanta, e i giovani contengono il cibo con gli animali: “Maledetto sia, il pane. L’ultimo gatto randagio è più felice e fortunato di me.” (Pag. 94)
All’interno dello stesso povero Marocco, Mohamed e la sua famiglia sono degli emarginati, perché sono del Rif. Si trasformano in oggetti di sarcasmo cattivo a causa della lingua berbera da loro parlata: “Non sa mica parlare l’arabo” (Pag. 18) e umiliati come portatori di sventura:
“Quelli del Rif sono tutti malati e, ovunque vadano, portano la carestia” (Pag. 19)
Un’analisi psicologica maggiore richiederebbe il rapporto con il padre e la madre.
Da un punto di vista letterario la madre è un personaggio minore, poiché amato dal bambino, è un punto fermo. Lei è una vittima, un essere indifeso, incapace di frenare la rabbia del marito, come una martire si sfoga con tensioni emotive inutili:
“Credo di non aver mai visto una donna piangere quanto mia madre.” (Pag. 25)
Oggetto d’incontrovertibile amore, sarà per Mohamed il punto di riferimento per individuare le sue numerose donne:
“Lei invece la amavo, la amavo come mia madre.” (Pag. 64)
L’odio nei confronti per il padre gli consente di forgiare un personaggio letterario di maggior spessore. Lui è un personaggio pieno, volitivo, cattivo: uccide un figlio senza nessun rimpianto, sfrutta Mohamed, gli ruba i soldi per i suoi vizi, soprattutto cerca perennemente di negargli un qualsiasi spiraglio di vita, come alla stessa maniera sta annientando la sua.
Il suo egoismo diviene spiritualità esasperata:
“Mio padre era un mostro. […] Tutto doveva essere a sua immagine e somiglianza, un po’ come Dio” (Pag. 11)
ma innegabilmente il figlio ha risentito della sua protervia educazione:
“Odiavo lui e l’umanità intera. Sputavo sul cielo e sulla terra tutta quanta.” (Pag. 72)
È evidente una tensione religiosa all’interno del libro. La madre è portatrice e simbolo della religiosità più profonda, quella di totale dedizione a Dio e alla sua volontà, come richiesto a un musulmano: “Non è bene fare domande a Dio. Lui sa. Noi non sappiamo niente. Lui è al di sopra di tutti.” (Pag. 15)
Mentre Mohamed è più intraprendente e si pone domande esistenziali di tono spirituale:
“Perché noi, noialtri, non possediamo niente? Perché a loro tutto, e a noi niente?” (Pag. 20) Questa domanda è un tema politico oppure è un argomento religioso? Oppure s’inserisce in entrambi i campi?
Il libro è scritto con un linguaggio diretto, non si attarda in ricercatezze linguistiche, ma utilizza nelle parole una potenza micidiale.
Nonostante sia un romanzo di formazione, raccontato in prima persona, lo scrittore sembra non conoscere l’accaduto, come se volesse alienarsi dalla storia. Quella parte della sua adolescenza appare vista con occhio distaccato. È la stessa impressione arriva dal suo stile.
Affronta tanti argomenti, ma li sorpassa veloce, lasciando soltanto un accenno, a volte ritornandoci e altre dimenticandoli. È lo stesso fenomeno della memoria: non ci ricordiamo tutto, ma soltanto dei momenti di alcuni episodi, perciò la nostra gioventù è un collage di frammenti, non un fluido scorrere del tempo.
Pertanto Mohamed Choukri cambia continuamente e freneticamente scena e argomento, anche se trattati sempre in modo aperto.
Il libro rappresenta un momento importante per la letteratura araba. Mohamed Choukri vivrà fino alla morte in Marocco, la sua letteratura e in particolare Il pane nudo saranno oggetto di ostracismo. È un testo immediato per linguaggio, con un argomento profondo e pungente sull’ambiente sociale del tempo, elementi fondamentali al suo successo e alla sua conseguente proibizione. Ma, in un paese, dove degli spunti di libertà stavano vivendo un momento fertile, vietare l’opera era un obbligo. A ricordarci questo momento ha contribuito, anni dopo, un altro romanzo di formazione scritto da un altro scrittore marocchino Abdellah Taïa, L’esercito della salvezza. Ecco l’incontro di Abdellah con Il pane nudo, in un brano tratto dal suo libro:
“È grazie a lui se ho conosciuto Il pane nudo di Mohamed Choukri, che mi ha rivelato la letteratura. Chi altro a casa nostra, se non Abdelkébir, avrebbe potuto acquistare un libro simile e, poiché all’epoca era vietato, togliergli la copertina e nasconderlo sotto la libreria, in mezzo agli slip macchiati di sperma? Ho letto e riletto senza stancarmi quel romanzo sulla vita dura e terribile di Mohamed Choukri a Tangeri.” (Pag. 27)
Questo estratto ci dà delle conferme.
Negli anni novanta in Marocco, Mohamed Choukri era uno scrittore famoso: il suo libro era stato bandito, ma circolava segretamente fra i ragazzi del paese. Comprendiamo che, a dispetto della vita dura e terribile, la gioventù di Mohamed sia affascinante per spregiudicatezza, per desiderio di vivere, di ricerca di libertà, per l’erotismo e per la ricerca di una sopravvivenza nella cultura. Un giovane marocchino trovava il gesto di ribellione, di fermento non necessariamente politico, ma umano e individuale.
Il pane nudo
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