Il papa guerriero
- Autore: Massimo Rospocher
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2015
Il pontefice con corazza e spada che assediava città e uccideva cristiani.
Un celebre colossal del 1965, sulla vita di Michelangelo Buonarroti, “Il tormento e l’estasi”, si apre con un cavaliere rinascimentale, montato e pesantemente corazzato, che travolge soldati impauriti, menando fendenti. Che sorpresa quando il feroce combattente, penetrato in una cittadina e levato l’elmo, impartisce la benedizione ai soldati al suo seguito. Quella spietata macchina da guerra è sua santità Giulio II, ovvero “Il papa guerriero”, titolo del saggio edito da il Mulino (396 pagine, 32 euro), a firma di Massimo Rospocher, ricercatore presso l’Istituto storico italogermanico della Fondazione Kessler di Trento.
Proprio così, il romano pontefice impugnava le armi e non si faceva scrupolo di ammazzare i nemici. Il cardinale Giuliano della Rovere era salito al soglio il 31 ottobre 1505, dopo un breve conclave. Vi resterà un pontificato decennio, scandito dalle campagne militari e dalle battaglie alle quali partecipava volentieri. Aveva più di sessant’anni – e attendeva l’elezione da trenta - ma per vigore e irruenza sembrava più giovane. Non sono un uomo di lettere, diceva di se stesso, tanto meno un teologo. Non amava parlare in pubblico e quando era costretto a farlo si mostrava impacciato. Era però un politico consumato, poche parole tanta azione. Un sovrano della Chiesa, un condottiero, conosciuto dai contemporanei come terribile, per indicarne la personalità dirompente, il carattere impetuoso, collerico, dispotico. Giulio II è la sintesi perfetta della natura contraddittoria del papato nel Rinascimento, in bilico tra potere temporale e missione pastorale universale: principe italiano e massima autorità ecclesiastica, monarca europeo e pastore del mondo. La sua stessa rappresentazione nel corso del pontificato oscillò tra laude e vituperio, guerra e beatitudine. In pugno la spada e la croce: il successore di Pietro radunava eserciti, assediava città, celebrava trionfi pagani, aderiva alle alleanze militari per muovere in armi contro altri cristiani.
Nel 1500, come era stato prima e come sarà dopo, si doveva fornire una giustificazione etica alle guerre, quando coinvolgevano la massima autorità spirituale e non venivano mosse contro nemici di altra religione. Aggredire territori e signorie cattoliche doveva trovare fondamento nella dottrina della guerra giusta: combattere per il bene di tutti, per riportare pace e giustizia nella cristianità. Della Rovere non faceva fatica a fornire motivazioni.
Stupefacente il primato di Giulio II nei media dell’epoca, letteratura e poesia, ma anche giullari, trovatori e cantastorie ne fecero oggetto di narrazioni che non insistevano però sugli aspetti deteriori di un papa che portava la guerra tra i correligionari. Se all’estero veniva presentato come l’essenza stessa della corruzione del potere spregiudicato della Roma papale, in Italia prevaleva una lettura in positivo: si esaltava il pacificatore, il correttore dei mali, il difensore dell’unità della Chiesa. Il suo pontificato veniva considerato un’età dell’oro per il mondo cristiano, rinvigorito dal piglio del santo padre con la lama in pugno e l’elmo al posto del triregno. Un letterato come Pietro Bembo esaltava lo Iulii secundi pontificatus maximus in contrasto con le pessime pagine di papa Borgia, il nepotismo, gli omicidi di Stato, la pratica del sesso.
Giuliano fu sempre molto attento agli umori popolari e abile nel promuovere l’auto rappresentazione di papa re. Per questo, fece leva anche sull’arte, affidando la realizzazione di opere immortali a giganti come l’architetto Bramante e a geni come Michelangelo. Al Buonarroti commissionò una statua in bronzo che avrebbe ritratto il pontefice con la spada levata, per San Petronio in Bologna. Il film citato in avvio era incentrato del resto sul mecenatismo di Giulio II, sia pure in furente contrasto con l’artista toscano.
Se durante il pontificato nessuno aveva osato esternare critiche al papa – tacque rispettosamente perfino la linguaccia di Pasquino a Roma – alla sua morte si moltiplicarono giudizi negativi e maldicenze. Nacque la leggenda nera del papa con le mani lorde di sangue, che preferiva le armi all’acqua santa e anteponeva la condanna al perdono.
Dagli altari alla polvere, nel giudizio dei posteri. Sic transit gloria mundi.
Il papa guerriero: Giulio II nello spazio pubblico europeo (Istituto storico italo-germ. Annali Vol. 65)
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