Il pensiero di Zygmunt Bauman
- Autore: Keith Tester
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
Zygmunt Bauman, ovvero il sociologo disubbidiente, ovvero il socialista revisionista, ovvero l’ex postmodernista... e la lista potrebbe continuare. Il fatto è che Bauman è difficilmente etichettabile. Se lui stesso si autodefinisce come sociologo, è anche vero che la sua concezione della disciplina va al di là dei compiti descrittivi e classificatori che spesso le vengono attribuiti nel contemporaneo mondo accademico: il ruolo del sociologo oggi, secondo Bauman, dovrebbe essere quello di porre domande, di aiutare l’uomo e la donna a porsi domande, di non dare mai per scontata la realtà così com’è o come appare.
Con uno stile chiaro che sembra aver attinto per osmosi dallo stesso Bauman, Keith Tester ci espone l’evoluzione del suo pensiero fin dai suoi primi scritti; le influenze intellettuali (Hochfeld, Gramsci...) e letterarie (Kundera, Calvino, Camus...) che hanno indirizzato quest’evoluzione, ma anche i nodi su cui lo studioso si è soffermato nella sua carriera (la realtà socialista, il ruolo degli intellettuali, l’olocausto, la morale...). Tutti questi nodi sono legati da un sottile filo rosso che individuerei nell’interazione tra il bisogno di ordine e la libertà dell’essere umano.
Se da un lato c’è la razionalità, dall’altro c’è l’imprevedibilità, e l’interazione tra i due estremi scandisce la storia umana. Inutile dire da che parte "stia" Bauman:
La razionalità, conclude Bauman, è letale per l’umanità; sia dal punto di vista materiale, sia sotto il profilo morale (...) essere "umani", per Bauman, vuol dire essere irrazionali e badare a ciò che non è utilitaristico, nè gestibile, nè prevedibile.
Se un sistema, sia esso un partito o il mercato, cerca di rendere prevedibile e classificabile l’uomo, quel sistema è disumano. Secondo Bauman, è proprio il lato imprevedibile dell’uomo che può salvare il mondo, la capacità, assolutamente irrazionale (vedi "Cosa fare delle nostre ferite" della Marzano) di dar fiducia all’Altro e di abbandonare la prospettiva utilitaristica del calcolo costi-ricavi. Ma per arrivare a questo dobbiamo porci domande ed esplorare i mondi possibili, in altre parole, passare dal concetto di libertà a quello di responsabilità etica.
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